Un film d’azione ben diretto da Edgar Wright, in cui il piacere deriva, una volta tanto, anche dal come la vicenda è raccontata

Atlanta, oggi. Baby (Ansel Elgort) fa l’autista per conto del temibile Doc (Kevin Spacey), che organizza rapine mettendo insieme di volta in volta bande diverse. Baby è un bravo ragazzo, ma deve saldare un debito, e siccome è un autista formidabile paga in natura. La cosa strana è che il ragazzo guida (e, anzi, vive) immerso in un mondo musicale a parte, ascoltando con le cuffiette delle playlist e dei remix da lui stesso effettuati. Non toglie le cuffie nemmeno durante le rapine, gli inseguimenti e la vita quotidiana: tanto dal padre adottivo, che è sordomuto, ha imparato a leggere il labiale. Da questo mondo chiuso sembra uscire quando incontra la soave cameriera Deborah, interpretata da Lily James, che è stata non a caso Cenerentola nel film “Disney” diretto da Kenneth Branagh. Ovviamente, però, cambiare vita non sarà così facile.
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L’inglese Edgar Wright, appena reduce dall’esperienza di giurato a Venezia, è uno dei nomi emergenti del cinema spettacolare di oggi. Lo si era notato per il gusto concreto e non trombone, quasi da B-movie di una volta, messo in opera nella cosiddetta “Three Flavours Cornetto Trilogy” (“L’alba dei morti dementi”, “Hot Fuzz”, “La fine del mondo”) e nella sceneggiatura di “Ant-Man”.

Questo nuovo film, di costo medio-basso per gli standard hollywoodiani, ha cominciato a incassare molto e gli è valso la consacrazione definitiva. In effetti, diverse cose rendono simpatico il film e il suo autore. Soprattutto una: l’assoluta eccezionalità di esser riusciti a fare un film d’azione per il grande pubblico in cui l’energia viene dalla regia.

Se nelle serie tv la parola ultima è ormai passata ai copioni, e nei blockbuster agli effetti speciali, “Baby driver” è un film in cui il piacere deriva, una volta tanto, anche dal come la vicenda è raccontata, dal ritmo e dallo stile. Una maniera di essere “autori” dentro il sistema che oggi è rara, tanto da suscitare nei giovani spettatori entusiasmi forse perfino esagerati.