l festival pop più significativi d’Europa - Italia e isole comprese - raccontati dal nostro inviato. Protagonista di questa puntata, Umbria Jazz, la storica kermesse musicale umbra, entrata da quest’anno nel novero dei festival d’interesse nazionale, che festeggia la 45 edizione, con un programma al solito di alto profilo

Difficile trovare una definizione di jazz migliore di quella data da Quincy Jones: «Il jazz per me vuol dire libertà d’improvvisare, di movimento, di espressione». Libertà che il grande protagonista dell’evento inaugurale della 45esima edizione di Umbria Jazz (più di tre ore di spettacolo, circa 80 artisti sul palco, 30 brani, oltre 4 mila spettatori per celebrare gli ottantacinque anni del geniale arrangiatore e compositore di Chicago) ha sempre onorato, in barba alla critiche dei puristi, spaziando tra i generi più diversi (jazz, pop, bossa nova, funk, soul, rap) al fianco di artisti come Miles Davis e Sarah Vaughan, Count Basie e Frank Sinatra, Ry Charles e Donna Summer, Ice-T e Michael Jackson solo per citarne alcuni.

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Location 
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Organizzazione ?????     

Programma  ?????

Qualità - prezzo ????            

Concerti gratuiti ?????

Qualità acustica ????

Workshop e attività didattiche ?????

Comunicazione e portale web ?????


UNA FORMULA CHE SI RINNOVA
Un’analogo spirito di libertà, ha guidato le scelte di un altro 85enne di talento, Carlo Pagnotta, fondatore e direttore artistico del festival. Si deve, infatti, alla sua visione lungimirante se Umbria Jazz, grazie a una valida squadra di collaboratori e al concreto coinvolgimento delle istituzioni e degli sponsor, è diventata non solo un importante motore di sviluppo economico, turistico e culturale per il territorio circostante, ma un marchio riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, Cina e isole del remoto Pacifico comprese. A quanti storcono il naso per la deriva “mainstream” che sottende le scelte più popolari di matrice rock e pop, Umbria Jazz ha risposto anche quest’anno con una formula che vuole collegare radici e innovazione cercando di catturare diverse fasce di pubblico senza rinunciare alla qualità.

PERUGIA COME NEW ORLEANS
Alle storiche sedi dell’Arena Santa Giuliana per gli eventi maggiori e del teatro Morlacchi per gli appuntamenti con il jazz del pomeriggio e “round midnight”, da quest’anno è in funzione la sala Podiani, piccolo auditorium ristrutturato ad hoc nella Galleria Nazionale Umbra per le performance di mezzogiorno. Moltissimi, come sempre, gli eventi gratuiti all’aperto concentrati tra il grande palco di Piazza IV novembre e i giardini Carducci, ma è tutto il centro storico ad essere coinvolto dalla musica. In Corso Vannucci sembra di stare a Bourbon Street. Tra la musica che gira intorno, tantissima, e il canto delle cicale che stordisce, c’è perfino uno spazio ufficiale dedicato agli artisti di strada dove non di rado capita di ascoltare ragazzi o ragazze di enorme talento.

LARGO AI GIOVANI
L’attenzione ai giovani del resto, diversamente da quanto accade nel nostro Paese, è una “mission” che a Umbria Jazz si rinnova ogni anno. Con le Jazz Clinics della Berklee School giunte alla 33esima, frequentate da 200 ragazzi arrivati da ogni parte del mondo; con l’Officina della Musica dedicata ai piccoli degustatori di jazz dai 5 agli 11 anni; con l’Orchestra Jazz degli allievi del Conservatorio; con il Conad Jazz Contest rivolto ai musicisti under 30 e il Conad Stage dove è prevista l’esibizione dei finalisti, selezionati fra oltre 150 talenti emergenti della scena internazionale.”.

PADRI E FIGLI
È uno dei temi che si sono incrociati sotto il cielo di Umbria Jazz, nelle due “notti brasiliane”. Da una parte Gilberto Gil con la rilettura di Refavela”  (14 luglio) «un disco nero per gente di tutti i colori» pubblicato 40 anni fa e ripensato con nuovi arrangiamenti dal figlio Bem (33 anni, chitarrista e produttore discografico), dall’altra Caetano Veloso, altro grande artista baiano, con il progetto “Ofertorio” (15 luglio) ideato per e con i suoi tre figli, tutti musicisti di valore, Moreno, Zeca e Tom Veloso. La tradizione che si rinnova, il passaggio del testimone tra la passata e la nuova generazione. Tutto si tiene. Decisamente più politico nei contenuti il progetto di Gil ispirato alle condizioni delle favelas, tristemente immutate da allora ma anche il suo disco più africano per quanto riguarda la struttura ritmica e le influenze afrobeat. Tra i brani rivisitati dello storico album: “Ilè Aiyè”, “Balafon” oltre a un classico della canzone brasiliana come “Samba do Aviao" di Tom Jobim. Sempre vivace e sprizzante energia il supporto della band capitanata dal figlio Bem con Chiara Civello, cantautrice romana legata profondamente al Brasile, la splendida  capoverdiana Mayra Andrade e il pirotecnico Mestrinho alle percussioni e alla fisarmonica. A chiudere il concerto è Gil, da solo con la chitarra in un toccante tributo al grande Bob Marley di “Don’t worry about a thing”. Quello di “Ofertorio” è invece un progetto acustico pensato per consentire al pubblico di entrare nella dimensione più privata e intima del Caetano padre di famiglia. Lui siede al centro con la sua chitarra mentre i figli Zeca, Moreno e Tom si alternano a vari strumenti. Si comincia con “Alegrìa Alegrìa,” una delle prime composizioni di Caetano e si prosegue inanellando brani del repertorio suonato abitualmente nella casa di famiglia, a Santo Amaro, come “Genipapo Absoluto”. Predomina il tono malinconico, il ritmo lento, tutto molto intimo, elegante e delicato, gli sprazzi di allegria sono rari. Si ha l’impressione di assistere alla presentazione in società dei propri figli da parte di un padre premuroso. Molto tenero.
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THE ITALIAN CONNECTION
Le sorprese più originali e interessanti, tra le proposte ascoltate nei primi tre giorni del festival, alla fine sono quelle del jazz italiano. Nessuno aveva mai immaginato che il Caravaggio, il folle, rivoluzionario autore di “Giuditta e Oloferne”, “Fuga in Egitto”, “Medusa” e altri immensi capolavori potesse rivelare un’anima jazz. Ci voleva infatti una pianista geniale e poco allineata come Rita Marcotulli accostarsi a questo segreto custodito tra le luci e le ombre dei suoi dipinti. Per poi svelarlo grazie a un progetto multimediale di altissima suggestione e qualità, “Caravaggianti”, prodotto dalla Tadaam e UJ, che incrocia jazz, elettronica, musica classica e immagini. Un tributo all’arte e al genio italiani presentato in anteprima al Morlacchi con il supporto di una formazione internazionale: la giapponese Mieko Miyazaki al koto, il messicano Israel Varela alla batteria, il norvegese Tore Brumborg ai sassofoni, il franco-algerino Michel Benita al contrabbasso, gli italiani Marco Decimo e Michele Rabbia rispettivamente al violoncello e alle percussioni. Sempre al Morlacchi è Paolo Fresu il giorno dopo (14 luglio) a suscitare emozioni e meraviglia con la sua ultima fatica discografia, “Carpe Diem”, realizzata con il Devil Quartet (Bebo Ferra alla chitarra, Paolino dalla Porta al contrabbasso, Stefano Bagnoli alla batteria). Un disco magnificamente suonato che dal vivo si colora di trasparenze e sfumature inedite grazie alla sua calda ed elegante dimensione acustica. Infine, Gianluca Petrella (trombone) e & Pasquale Mirra (vibrafono)  due strumenti che insieme, da soli, si sono visti raramente. Eppure il dialogo intimo che si sviluppa tra i due fuoriclasse ai confini della sperimentazione sonora evoca echi di giungle lontane, metropoli elettroniche, venti cosmici, riti tribali e lampi di psichedelìa. Uno dei progetti più originali ed emozionanti e ascoltati fin qui.
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Ma il festival è solo a metà percorso e riserva ancora molte altre sorprese. Da non perdere fra le altre, il concerto di Somi, la giovane rivelazione del New african jazz con, a seguire, Benjamin Clementine (18 luglio) e, sempre all’Arena Santa Giuliana, il 20  David Byrne con il suo ultimo ambizioso progetto “American Utopia”. Il 22, serata conclusiva con il progetto di Gregory Porter, “Nat King Cole & Me” supportato dalla Umbria Jazz Orchestra, la stessa formazione (80 elementi) che ha suonato con Quincy Jones, rivelazione di questa 45esima edizione.