Giovane, entusiasta e autorevole, collabora spesso con L’Espresso per cui ha disegnato anche diverse copertine. «Mi piace quando nel complesso tutto è pesato, bilanciato, piacevole e quasi invitante». Colloquio a tutto campo con una fuoriclasse di Photoshop

Talento da addomesticare, entusiasmo e tanta, tanta allegria. In un nome: Valentina Vinci. Giovane illustratrice di Macomer, Sardegna, Valentina ha esordito su L’Espresso disegnando direttamente una copertina, cosa abbastanza rara in ambito editoriale.

Andò più o meno così.

Nel 2018 in redazione stavamo preparando il nuovo progetto grafico del settimanale per l’anno successivo, precisamente per febbraio 2019.

Il direttore Marco Damilano aveva deciso che la copertina del primo numero del nuovo corso avrebbe presentato l’inchiesta-scoop di Giovanni Tizian e Stefano Vergine sulle trattative segrete avvenute tra uomini di Putin e dirigenti della Lega per finanziare il partito di Salvini. Gli elementi giornalistici erano perfetti: la Lega di Salvini, i soldi di Putin, loschi affari e sovranisti. Quello che mancava era un’immagine di copertina che potesse restituire questa notizia. 

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Personalmente avrei voluto un’illustrazione che utilizzasse lo stile del collage digitale, molto usato nel mondo anglosassone ma pochissimo in Italia. E infatti non conoscevo alcun illustratore che avesse queste caratteristiche. Cercavamo uno stile in grado di comunicare credibilità e autorevolezza nonostante il tratto caricaturale.

 

Quando avevamo quasi perso le speranze arrivò una mail di Valentina Vinci, illustratrice sarda che aveva studiato arte a Bristol e che mi presentò un portfolio in cui trovai esattamente lo stile che cercavo. Insomma: la donna giusta al momento giusto. Le telefonai e le proposi di fare una prova per la cover del primo numero del nuovo corso de L’Espresso. Dall’altro capo del telefono c’era una ragazza giovane, allegra e anche un po’ incosciente che accettò subito la sfida e che si rivelò una fuoriclasse. 

 

Da allora collaboriamo spesso e le copertine e le illustrazioni che ha realizzato per L’Espresso sono tantissime. 

Valentina Vinci Cipolla_7

Cosa ricordi di quel primo contatto?
Mi sveglio, neanche troppo presto, e mentre bevo il primo caffè ricevo una chiamata da un numero che non avevo salvato in rubrica. È Stefano Cipolla de L'Espresso! Quasi mi va di traverso il caffè. Mia mamma aveva ragione, avevo fatto bene a mandargli quella timida email con il mio portfolio. Stefano mi fa i complimenti, parliamo del mio percorso di studi a Bristol, chiacchieriamo sui trend dell'illustrazione, parliamo di collage e grandi illustratori, poi mi dice che a breve L'Espresso presenterà il nuovo progetto grafico da lui curato e che stanno cercando un linguaggio fresco come il mio da utilizzare in copertina. Io che non avevo capito bene l'importanza della cosa, reagisco come se fosse l'ultimo esame dell'università e, con emozione e leggerezza, mi metto subito a disegnare una prova di quella che poi è diventata la mia prima copertina. Il resto è storia!

 

Come mai avevi deciso di andare a studiare all’estero? E come mai poi sei tornata in Italia? 
Volevo studiare illustrazione, non sarei mai stata disposta ad intraprendere nessun altro tipo di corso se non quello e volevo che fosse un buon corso. Tante persone mi avevano indicato Bristol come miglior città e la triennale in illustrazione della University of West England come uno dei migliori. Volevo andare dritta al punto perché ci credevo tanto e l'Inghilterra sarebbe stata un'occasione per sviluppare un'altra lingua e fare un'esperienza all'estero che tanto desideravo. Son tornata in Sardegna dopo un Foundation in Arte e Design alla Bristol School of Art, un Erasmus Overseas a Taipei alla National Taiwan Normal University e una laurea alla Uwe. Volevo prendere una piccola pausa dalla vita frenetica che facevo (cinque anni super! trascorsi tra jam sessions, gare di ballo e amici di qualsiasi nazionalità), per poi tornare a Bristol o partire in Australia, invece ho ricevuto un'offerta di lavoro a Cagliari e sono rimasta sull'isola.

Valentina Vinci Cipolla_6

Quanto sono importanti le tue radici?
Le mie radici sono importanti, è importante per me creare relazioni che siano tangibili e sentirmi di appartenere ad un luogo. È importante per me ritornare alla natura, ai posti dove sono cresciuta e dare un contributo per migliorare il posto da dove vengo. È ugualmente importante però scoprire le altre culture, farne esperienza, mangiarne il cibo, imparare la condivisione con chi è diverso da noi per avere una vita più ricca. È altrettanto importante sapere che potrei fare crescere le mie radici ovunque e che potrei decidere di collocare la mia casa dove voglio, perciò penso che questo sia il regalo più grande che questa esperienza mi ha dato.

 

Quali sono i tuoi riferimenti artistici?
L'illustratrice che mi ha fatto capire esattamente cosa volevo fare da grande si chiama Eleanor Shakespeare. È una ex studentessa del mio corso alla Uwe e un giorno venne in facoltà per tenere un workshop. Parlò di lei e del suo percorso, di quello che aveva fatto dopo la laurea, parlò di tasse, di come trovare ispirazione, tecniche di collage e ad un certo punto si trasformò in una art director un po' “bossy”. Ci diede diversi articoli di giornale da cui scegliere (The Guardian, The Telegraph, Washington Post ecc ecc) e ci disse che entro mezz'ora voleva vedere una bozza dell'illustrazione per l'articolo scelto e dopo tre ore l'immagine finale. Mentre la fame iniziava a farsi sentire e il panico dilagava tra i compagni, io non vedevo l'ora di iniziare questa attività. Ancora oggi provo la stessa emozione ogni volta che ricevo una commissione. Altri artisti che adoro da cui prendo ispirazione sono Nate Kitch, Frank Moth, Emiliano Ponzi, Beppe Conti, Mike McQuade, Sr. Garcia.

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Tecnicamente come lavori? 
Purtroppo o per fortuna ho accantonato l'analogico e lavoro solo in digitale, ad esclusione di alcuni tratti e texture che ho stampato o disegnato nel tempo e utilizzo un po' come costante stilistica. Utilizzo contemporaneamente Photoshop e Illustrator in quanto inserisco spesso elementi vettoriali, per le cose meno complesse e per comodità uso anche Procreate sull'Ipad. Mi piace il colore e l'armonia delle cromie, i contrasti che risaltano, i significati stratificati nell'immagine e i particolari che non si notano immediatamente. Mi piace quando nel complesso tutto è pesato, bilanciato, piacevole e quasi invitante, come quando vedi una torta in pasticceria e la vorresti acquistare e assaggiare subito per golosità. Mi piace trovare costantemente nuova ispirazione e mangiare con gli occhi le illustrazioni dei miei artisti preferiti, mentre preparo la scrivania per iniziare un nuovo lavoro :)

 

Che differenza c’è tra dipingere un muro e realizzare un’illustrazione editoriale?
Dipingere un muro richiede tante/troppe energie, tecniche diverse rispetto alla natura analogica dell'opera, per non parlare di bracci meccanici e trabattelli. Fare murales mi diverte ma ci sono fasi del processo che trovo fisicamente e mentalmente pesanti, una sorta di amore/odio, per questo motivo ne faccio solo sporadicamente e quello che creo sui muri non rispecchia la mia identità artistica. Per questi motivi mi è sempre piaciuto far parte del processo chiamando e aiutando gli artisti con la mia associazione ProPositivo al Festival della Resilienza, ma mai approfondendo questa strada con professionalità. Il processo creativo dell'illustrazione editoriale è per me più stimolante e soddisfacente, è sempre caratterizzato da tempistiche brevi, indipendenza totale, richieste spot inaspettate con consegna magari lo stesso giorno, un po come una gara di atletica dove alla fine il premio più bello è un "Al direttore è piaciuta, anche questa volta ci siamo portati a casa la copertina!" (Cit. Stefano). Poi la soddisfazione di vedere la tua opera mainstream con il tuo nome sotto che ogni volta mi fa pensare "C'è davvero il mio nome", come se ogni pubblicazione fosse un piccolo traguardo.

 

Che consigli daresti a un giovane che vuole intraprendere la carriera di illustratore?
Si può raggiungere la meta in tanti modi diversi anche da autodidatta, è fondamentale però un po di formazione soprattutto professionale perché al di là del trovare il proprio modo di esprimersi, per mettere le proprie competenze a sistema e portare i cash a casa è fondamentale sapere come comunicare con chi potrebbe essere un potenziale cliente, strutturare delle strategie per raggiungere gli obiettivi e non lasciarsi trasportare dal caso o dalla fortuna. La mia formazione in Inghilterra di stampo più sperimentale che accademico penso sia stata il primo tassello concreto nello sviluppo del mio linguaggio visivo, con tanta libertà, diversi media da esplorare e tantissimi stimoli, mirati a concretizzare la mia pratica personale, e non imparare a fare delle mere esecuzioni tecniche fini a se stesse. I tecnicismi non servono se poi non si riesce a comunicare un concetto, un'emozione, una storia. Così come la preparazione professionale ha fatto sì che potessi porre delle basi solide per iniziare una carriera e trasformare la mia passione da sogno a realtà. Ci sono degli step precisi da seguire, esattamente come in qualsiasi altra professione e altrettanto impegno, dedizione e autodeterminazione.