I liberi professionisti: 'Lo Stato ci strozza togliendoci il 60% dei compensi"

Sono informatici, traduttori, esperti di comunicazione. Circa 200mila lavoratori autonomi che, a causa dell'aumento dell'aliquota sui contributi da versare all'Inps, unito all'Irpef e ai costi della partita Iva, non ce la fanno più con i compensi. E si sono organizzati: per avanzare proposte concrete al Governo

Informatici, grafici, consulenti, traduttori, esperti di comunicazione, formatori. Un esercito di professionisti che oggi rischiano di non riuscire più a lavorare. Perché l’aliquota contributiva della gestione separata dell’Inps li sta, letteralmente, strozzando: dal 1 gennaio del 2014 passerà dal 27,7% per cento attuale al 28,7%, per aumentare progressivamente al 33% entro il 2018, come stabilito dalla riforma Fornero. Una percentuale che, unita all’Irpef e ai costi della partita Iva, decurta i compensi di questi lavoratori, che non si definiscono precari e chiedono solo condizioni fiscali accettabili, di quasi il 60%. Senza dare in cambio né tutele, né certezze di una pensione sicura.

Ora però, per la prima volta, le principali associazioni che rappresentano questi professionisti hanno promosso un appello congiunto al governo per chiedere il blocco immediato dell’aumento dei contributi. Ed è arrivata già una prima risposta del viceministro dell’Economia Stefano Fassina, che lunedì pomeriggio le ha convocate.
«Si tratta di 200.000 lavoratori altamente professionalizzati, ma non iscritti a nessun ordine, che contribuiscono all’equilibrio del sistema Inps, con oltre un miliardo di contributi versati ogni anno, fuori dai fenomeni di evasione fiscale, ma con scarsissime protezioni sociali. E che, in questi anni di crisi, non hanno beneficiato di alcun ammortizzatore sociale», si legge nel testo firmato da Acta, Consulta del lavoro professionale Cgil, Colap, Confassociazioni, Agenquadri, Alta partecipazione.

Nel frattempo Acta, l’Associazione consulenti terziario avanzato, da tempo ormai accreditata come un network trasversale per la difesa delle nuove forme di lavoro indipendente, ha lanciato la campagna “Dica No33”, con una petizione rivolta a Enrico Giovannini e Fabrizio Saccomanni lanciata sul sito change.org, che ha già raccolto oltre 12.000 firme. I firmatari si schierano contro politiche del lavoro a loro dire sbagliate: quelle che, mentre si affannano maldestramente a regolare il lavoro flessibile spendono miliardi di euro in forme di cassa integrazione «pagata con la fiscalità generale ma ingiustamente utilizzata solo a vantaggio di alcune categorie di lavoratori».

Chiedono al governo Letta di non essere trattati solo come lavoratori sui quali fare cassa e propongono, sulla piattaforma “L’Italia ha bisogno di fosforo”, idee concrete per uscire dalla crisi e creare occupazione: defiscalizzazione degli investimenti immateriali; equità contributiva, con la possibilità di scegliere tra diverse opzioni contributive con diversi livelli di prestazione; un regime fiscale agevolato per i lavoratori con un fatturato inferiore ai 70.000 euro e l’applicazione di aliquote e anticipi definiti sulla media di tre anni di redditi; semplificazione burocratica, attenzione al tema della sostenibilità delle pensioni nel regime contributivo e, infine, riconoscimento della rappresentanza sociale dei lavoratori professionali di nuova generazione, attraverso un’applicazione non corporativa della nuove legge sulle professioni.

E proprio sul tema della rappresentanza di questi lavoratori della conoscenza si stanno creando altre associazioni e reti. Tra le più combattive, Il Quinto Stato, una piattaforma politica che, in polemica con il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, ha lanciato tempo fa una sorta di sciopero “Io non posso saldare”, contro «la data boia» del 30 novembre, quella entro la quale occorre saldare l’anticipo dei contributi contributivi dell’anno successivo. «Il lavoro indipendente oggi riguarda almeno otto milioni di italiani che hanno un’occupazione autonoma: piccoli imprenditori, precari, lavoratori informali, titolari di partite Iva privi di cittadinanza», scrivono Roberto Ciccarelli e Giuseppe Allegri nel libro, appena uscito, Il Quinto Stato. Perché il lavoro indipendente è il nostro futuro (Ponte alle Grazie).

Autori anche del blog La furia dei cervelli, dove si parla anche di casa, coworking, reddito minimo, raccolgono sul web le storie di questi nuovi lavoratori. Che, abbandonati dalla destra e del tutto incompresi da una sinistra ancora in difesa del solo lavoro a tempo indeterminato, si uniscono per far nascere «nuove strategie per rispondere all’impoverimento, all’insicurezza e al terrore del fallimento individuale e collettivo».

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