Centinaia di migliaia di file. Miliardi di dollari. E più di 150 giornalisti in tutto il mondo. Ecco cosa c'è dietro la pubblicazione dell'elenco dei conti svizzeri che l'Espresso rivelerà in esclusiva per l'Italia nel numero in edicola venerdì 13 febbraio

«È stato un lavoro micidiale. Ma bellissimo». Sessantamila file. 100mila nomi da verificare in 200 paesi per raccontare i retroscena di un tesoro che vale oltre 102 miliardi di dollari, soldi transitati su conti svizzeri fra il 2005 e il 2007.

I numeri dell'inchiesta “Swissleaks” sono ciclopici, quanto i segreti che nascondono dietro codici e schermi nei riservatissimi uffici elvetici della banca Hsbc. E straordinario è anche lo sforzo giornalistico a cui hanno dato avvio: Le Monde, il quotidiano francese primo depositario dell'elenco che l'informatico Hervé Falciani ha consegnato ai finanzieri di Parigi nel 2008, ha deciso di non affrontare la scalata da solo. Ma ha coinvolto quel Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (ICIJ) che solo pochi mesi fa aveva fatto tremare i palazzi di Bruxelles e del Lussemburgo con un'inchiesta globale sui paradisi fiscali.
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In quel consorzio c'è anche l'Espresso. Solo, l'Espresso, in esclusiva, per l'Italia. Per questo venerdì in edicola sarà pubblicato il frutto di due mesi di lavoro sui 7.499 nomi italiani dell'elenco Falciani, titolari di risparmi per 7,5 miliardi di dollari in totale.

«Molti ci chiedono: mettere tutto online? La lista? Ogni nome? La risposta è no», spiega Gianluca Di Feo, capo della redazione di Milano: «Seguiamo la filosofia del Consorzio, che è anche la nostra: ovvero fare un lavoro giornalistico. Cioè cercare, selezionare, verificare ogni conto, ogni cifra, e quindi trasformare i dati in una storia».

«Spiattellare l'elenco sarebbe stata forse la scelta più facile, ma anche quella più ingiusta», aggiunge l'inviato Paolo Biondani: «Perché avrebbe significato pubblicare di fianco al profilo di un evasore quello di un muratore transfrontaliero, che non avrebbe avuto motivo di essere sbattuto in prima pagina». Censura? «No, giornalismo», ribadisce Biondani: «Ci sono due teorie: quella del reporter jukebox – tu metti la monetina e lui ti racconta una storia – e quella del giornalista che fa un servizio pubblico: che valuta sempre l'interesse, i perché, che verifica le notizie. Noi siamo di quella seconda schiera».
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Eccolo, allora, il lavoro d'informazione: una squadra di cinque persone – Paolo Biondani, Vittorio Malagutti (caporedattore di Economia), Leo Sisti (membro dell'ICIJ da 15 anni) e due giovani colleghi, Alfredo Faieta e Gloria Riva –; un coordinatore, Gianluca Di Feo; decine di riunioni, centinaia di telefonate, di mail, di contatti, ore di discussioni, giornate intere a scrutinare “la lista” e interrogare il database. L'accuratezza è necessaria non solo per dovere di verità, ma anche per tutelarsi di fronte a eventuali cause.

[[ge:espresso:inchieste:1.199357:article:https://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/02/13/news/lista-falciani-la-posizione-dell-espresso-perche-ci-rifiutiamo-di-mettere-tutti-alla-gogna-1.199357]]L'inizio di tutto è un lunedì di settembre. Le Monde convoca una quarantina di colleghi del Consorzio alla sua sede. Arrivano da tutto il mondo; per l'Italia c'è il reporter investigativo Leo Sisti. Il motivo dell'invito è segreto, l'attenzione alla riservatezza delle informazioni maniacale. Nasce in quel momento l'operazione “Voyager”, nome in codice per raccontare l'avvio delle ricerche di 154 giornalisti di 47 paesi diversi sui 100mila conti bancari riferiti a un periodo che va dal 1998 al 2007 registrati nella lista Falciani. «Abbiamo condiviso da subito una serie di strumenti: un forum criptato, online, sul quale ad ogni ora del giorno potevamo esporre dubbi e proporre soluzioni», racconta Sisti: «Due colleghi eccezionali, Mar Cabra e Rigoberto Carvajal, ci hanno aiutato a interpretare i codici, a collegare a ogni titolare i conti relativi e i rispettivi valori, anche quelli schermati nei paradisi fiscali». Ai giornalisti vengono consegnati documenti, spiegazioni, analisi e due database, «La “master list”, con i nomi, e una seconda sezione più complessa, a cui si accede con due password, per le verifiche sui conti», continua il giornalista: «A questo secondo livello di informazioni avevo accesso solo io, per la nostra squadra».
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Dalle Filippine al Sud Africa, dalla Svezia al Giappone, le testate si mettono al lavoro. Al The Guardian, quattro giornalisti coprono di Post-it i muri di un'intera sala dividendo i nomi per categoria: politici, celebrità, trafficanti, mercanti d'armi. Al Süddeutsche Zeitung sono in 7. A Le Monde hanno uno spazio dedicato. La scadenza è già fissata: domenica otto febbraio alle 22 (ora italiana) la notizia sarà online in tutto il mondo. «Abbiamo iniziato a dicembre», racconta Vittorio Malagutti: «Ci siamo suddivisi i nomi, poco più di mille a testa. Bisognava selezionare i più conosciuti e scoprire attraverso le banche dati qualcosa di più su quelli che non ci dicevano nulla: rilevare potenziali legami con personaggi più noti, cercare attività, proprietà, storia. È stata la parte più complessa». Da quella prima scrematura, sono rimaste 400 voci. Quindi 100 che nella discussione vengono ritenute degni di approfondimento perché di rilevante interesse pubblico.
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Poi è iniziata la verifica vera e propria. «Nessun organismo né autorità fiscale ha voluto collaborare», sottolinea Di Feo: «Tutti gli investigatori ci hanno opposto la privacy dei titolari, protetta in modo assoluto, anche se evasori». «Ci siamo divisi ancora una volta i compiti», spiega allora Malagutti: «20 cognomi a testa. Per molti solo trovare una mail o un contatto personale è stato un'impresa. Solo una decina, alla fine, sono risultati irrintracciabili». Gli altri, avvocati, imprenditori, sportivi, stilisti, manager, politici e star hanno risposto, chi fornendo dettagli, chi solo chiedendo: «Mi mandi una mail» per poi scomparire.

«Un signore, quando l'ho chiamato spiegando: “Guardi, il suo nome compare nella lista Falciani”, mi ha urlato: “È assolutamente impossibile! Non ho mai sentito parlare della banca Hsbc nella mia vita! Come osa accostarmi agli evasori? Andrò immediatamente a depositare denuncia per calunnia!”», racconta il caporedattore di economia Malagutti: «La mattina dopo mi ha telefonato. “Ho controllato bene”, ha ammesso: “Effettivamente avevo un conto. E ho scudato”». Le reazioni sono state le più varie. C'è chi ha mandato una diffida immediata, chi ha ammesso la presenza del conto, spiegando di aver approfitatto degli scudi fiscali, chi era in regola, chi è caduto veramente dalle nuvole: «Uno dei titolari, quando l'abbiamo avvisato, non ci credeva. Ripeteva “Non l'ho mai saputo, giuro”. Ed era vero: il padre l'aveva registrato come procuratore di un conto, senza avvisarlo. Un regalo non troppo desiderato», racconta Biondani.
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Alla fine, la scrittura. L'articolo uscirà venerdì. Ma sia la squadra de l'Espresso che quelle degli altri giornali nel mondo continuano a lavorare sul dossier, a esplorare nuovi collegamenti, verificare nuovi nomi. «Ieri sera, nel forum criptato, il giornalista di Le Monde Fabrice l'Homme, ha scritto: “Sono stanchissimo, ma davvero felice», racconta Sisti: «“Perché non ci chiamiamo dream team?”». E lo è stato per davvero, un team straordinario: «L'impatto della notizia, questa volta, è stato fortissimo», ammette Di Feo: «Ho firmato la mia prima inchiesta internazionale nel 1990, al Corriere della Sera, insieme al programma “Panorama” di BBC News. Ho coordinato i cablo di Wikileaks per l'Espresso. Ma questa volta è stato diverso. Per la grande collaborazione che c'è stata, fra colleghi di tutto il mondo. E per quell'incredibile momento di domenica sera, ore 22, in cui migliaia di siti web da ogni parte del globo sono usciti nello stesso istante con lo stesso grido». Togliendo un altro pezzo di silenzio alla segretezza dei capitali svizzeri. E portando la questione al centro del dibattito. In ogni paese.

LE NUOVE RIVELAZIONI SULLA LISTA FALCIANI IN EDICOLA CON L'ESPRESSO VENERDì 13 FEBBRAIO