SwissLeaks, il libro nero dei conti svizzeri
Ecco chi sono gli italiani della lista Falciani
Dal presidente ?di Telecom all’ex rettore della Bocconi, da Pippo Civati a Davide Serra, dall’erede della Beretta al re dei panzerotti. Il primo elenco di nomi di chi ha un conto in Svizzera
Eccoli, gli italiani della lista Falciani. Eccolo, l’elenco segreto dei clienti della banca Hsbc di Ginevra che da almeno cinque anni rimbalza tra procure della repubblica, Guardia di finanza e servizi segreti. Tra i nomi più conosciuti troviamo il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, e l’amministratore delegato di Benetton, Eugenio Marco Airoldi. Il sondaggista Renato Mannheimer e l’imprenditore Giulio Malgara. L’ex rettore dell’università Bocconi, Luigi Guatri, e Giancarlo Giammetti, da decenni stretto collaboratore dello stilista Valentino Garavani, anche lui, come già emerso nei giorni scorsi, presente nella lista. La somma record, 606 milioni di dollari (540 milioni di euro), viene però associata agli eredi di Bruno De Mico, il costruttore, morto nel 2010, che negli anni Ottanta fu al centro di uno dei più clamorosi scandali, dell’era pre Tangentopoli.
In tempi e circostanze diverse, tutti i personaggi menzionati nell’elenco sono approdati in Svizzera, alla filiale di Ginevra della grande banca britannica Hsbc. Un’inchiesta dell’International Consortium of investigative journalists (Icij), a cui “l’Espresso” ha collaborato in esclusiva per l’Italia, è ora in grado di rivelare nel dettagli i contenuti di questo colossale database. Sono oltre 100 mila i clienti provenienti da 200 Paesi diversi che compaiono nei file dell’istituto elvetico. E il made in Italy, con 7.499 nomi, è ampiamente rappresentato. Si va dai vip già emersi nel giorni scorsi come il pilota Valentino Rossi e Flavio Briatore (residente all’estero) fino a decine di imprenditori, commercianti, professionisti, artigiani sconosciuti alle cronache. La lista fotografa una situazione che risale al 2007. L’anno successivo, il consulente informatico Hervé Falciani riuscì a sottrarre i dati alla banca per cui lavorava, mettendoli a disposizione della magistratura francese. [[ge:rep-locali:espresso:285145014]]
I POLITICI Sono due i parlamentari citati nella lista Falciani. Uno è Giorgio Stracquadanio, radicale passato a Forza Italia, molto legato a Marcello Dell’Utri. Stracquadanio è morto nel gennaio 2014, ma dai documenti bancari risulta che nel 2007 il suo conto alla Hsbc di Ginevra aveva una disponibilità di 10,7 milioni di dollari. «Non ho alcun commento da fare», ha dichiarato la sorella di Giorgio, Tiziana Stracquadanio, a cui era cointestato il conto insieme al padre Raffaele.
Il parlamentare del Pd Giuseppe “Pippo” Civati, già candidato alla segreteria del partito, viene invece collegato a un deposito con soli 6.589 dollari di cui è titolare suo padre Roberto, classe 1943, in passato amministratore di aziende importanti come la Redaelli Tecna di Milano. «Non ho mai avuto accesso a quel conto, di cui non sapevo proprio niente», ha dichiarato Civati a “l’Espresso”. «Solo ora mio padre mi ha spiegato », ha aggiunto, «di averlo aperto quando era amministratore e azionista della Redaelli, che aveva fabbriche anche all’estero. C’erano soldi della Redfin, la finanziaria del gruppo, regolarmente dichiarati nei bilanci». Gli atti di Falciani documentano che Civati, così come sua madre, è stato inserito nelle carte della banca nel novembre 2000, quando aveva 25 anni: l’unica operazione registrata a suo nome coincide con la procura rilasciatagli dal padre. «Nel 2011 la Finanza ha sottoposto mio padre a una verifica a cui non è seguita alcuna contestazione», precisa Civati che ha anche spiegato che il deposito, come risulta dall’estratto conto, «si è estinto nel 2011 per effetto delle spese bancarie, senza che dal 1998 sia mai stato effettuato alcun versamento o prelievo». [[ge:rep-locali:espresso:285514777]] GLI SCUDATI Secondo i dati delle Fiamme Gialle sono stati ben 1.264 gli italiani della lista Falciani che sono riusciti a mettersi in regola grazie allo scudo fiscale, il condono varato per l’ultima volta nel 2009 dal governo Berlusconi. A conti fatti, si scopre così che le indagini hanno portato alla denuncia alla magistratura di soli 190 presunti evasori. È la conferma che il meccanismo legale ideato dall’ex ministro Giulio Tremonti per consentire il rimpatrio dei capitali esportati illegalmente all’estero si è trasformato in un salvacondotto di massa. In effetti, molti dei clienti della Hsbc interpellati da “l’Espresso” hanno precisato di aver sfruttato lo scudo fiscale per riportare in Italia i loro soldi.
È questa, per esempio, la spiegazione fornita dall’ex rettore della Bocconi Guatri che, interpellato per questo articolo, ha detto di «non ricordare» questo conto all’Hsbc, ma di «aver comunque aderito allo scudo fiscale alcuni anni fa». Il finanziere Luigi Maria Clementi, presidente del gruppo turistico I Grandi Viaggi (quotato in Borsa), ha invece rimpatriato 134 milioni di dollari nel 2009, con l’ultimo dei tre condoni. L’elenco dei salvati dallo scudo comprende lo stilista Roberto Cavalli, con un deposito di 1,7 milioni di dollari. Cavalli ha dichiarato tramite portavoce di aver regolarizzato la sua posizione. Lo scudo ha dato una mano anche all’avvocato d’affari Alberto Ledda che compare nella lista Falciani (con 402 mila dollari) al pari del brianzolo Enrico Ferrari (4,1 milioni), già direttore dell’Autodromo di Monza, sotto processo per presunti reati legati al gestione della pista, dei due fratelli Claudio e Alberto Pederzani (10,3 milioni), gioiellieri con vetrina in via Monte Napoleone e di Manuela Ronchi (72 mila euro), ex manager del ciclista Marco Pantani.
«TUTTO IN REGOLA» Il tesoro dei settemila italiani vale 6,8 miliardi di euro, ma almeno la metà dei conti risultavano vuoti alla fine del 2007, perché chiusi oppure svuotati. I nomi della lista sono ordinati per data di nascita, professione e città di residenza, in qualche caso viene indicata la società, quasi sempre registrata in un paradiso fiscale, a cui è stato intestato il deposito. Tutto questo non basta, ovviamente, per qualificare come evasori fiscali i clienti della Hsbc di Ginevra. Trasferire denaro in una banca svizzera non è di per sé un reato, se le disponibilità all’estero vengono segnalate nella dichiarazione dei redditi.
Recchi, il presidente di Telecom, fa per esempio sapere che il suo conto, chiuso nel 2004, rappresenta un investimento personale regolarmente denunciato. Stesso discorso per il numero uno di Benetton, Airoldi: «Sono investimenti effettuati tramite fiduciaria, legittimamente detenuti e regolarmente dichiarati in Italia», ha spiegato il manager a “l’Espresso”. Edoarda Vesel Crociani, proprietaria del gruppo Vitrociset, che produce radar e sistemi elettronici, risulta invece intestataria insieme a due famigliari di un conto su cui a fine 2007 erano depositati poco più di 15 milioni. Edoarda Vesel è la vedova di Camillo Cruciani, il manager di Stato, morto nel 1980, coinvolto nello scandalo Lockheed. Il suo legale ha spiegato che «la signora Vesel Crociani ha definitivamente lasciato l’Italia dal 1976, per trasferirsi con la propria famiglia prima in Messico, poi negli Stati Uniti e dal 1980 a Montecarlo, dove ha acquisito la nazionalità monegasca», per cui «non ha alcun obbligo di dichiarare alle autorità italiane il proprio conto, sul quale non sono mai confluiti redditi provenienti dall’Italia».
Residente all’estero da molti anni, per la precisione 18, è anche Davide Serra, il finanziere con base a Londra salito alla ribalta come sponsor e sostenitore del premier Matteo Renzi. Tramite un portavoce, Serra ha confermato di essere titolare di un conto all’Hsbc di Ginevra «in totale trasparenza e in accordo con il sistema fiscale inglese». Salvatore Mancuso, già vicepresidente di Alitalia e consigliere dell’Enel, paga le tasse in Italia ma a Lugano si trova la sede operativa del fondo d’investimento Equinox, di cui è fondatore e gestore. Il suo conto alla Hsbc di Ginevra (1,5 milioni nel 2007), fa sapere Mancuso, è quindi collegato alle sue attività in Svizzera.
SMEMORATI «Francamente non ricordo di avere mai avuto un conto alla Hsbc di Ginevra», dice Luigi Zunino, l’uomo d’affari costretto quattro anni fa a cedere alle banche creditrici il controllo del suo gruppo immobiliare Risanamento. Zunino viene indicato nella lista Falciani come titolare di un deposito aperto nel 1998 e chiuso nel 2002.
Nell’elenco della Hsbc compare anche Renato Mannheimer, il sondaggista già coinvolto in un’inchiesta per evasione fiscale. Mannheimer però ha detto a “l’Espresso” di «non avere memoria di quel conto svizzero». Anche Franco Gussalli Beretta, 50 anni, dirigente e azionista della grande fabbrica d’armi bresciana, ha un conto con 4 milioni e 136 mila dollari. Sull’argomento però Beretta non ha nulla da dire, salvo precisare che «la complessità della mia posizione fiscale e patrimoniale richiede il supporto di consulenti che gestiscono e tutelano i miei interessi nel rispetto delle normative italiane ed internazionali».
QUESTIONI DI FAMIGLIA Manfredi Catella, l’immobiliarista di Hines Italia, a fine 2007 aveva 922 mila dollari alla Hsbc di Ginevra. A “l’Espresso” dichiara che «si trattava di un lascito ereditario su cui ho pagato le tasse in Italia: sono residente a Milano e non ho mai avuto bisogno di fare lo scudo». [[ge:espresso:foto:1.198986:mediagallery:https://espresso.repubblica.it/foto/2015/02/12/galleria/swissleaks-i-nomi-italiani-della-lista-falciani-1.198986]] I legami famigliari sarebbero all’origine anche di un conto che nella lista Falciani viene attribuito a Maurizio Barracco, manager di lungo corso che ora siede alla presidenza del Banco di Napoli, gruppo Intesa. Il deposito risulta intestato al Carrobio Trust, aperto – spiega Barracco – negli anni Novanta «per motivi successori ma chiuso nel 2004 senza che abbia effettuato alcuna transazione». Luigi Luini, conosciuto a Milano come il “re dei panzerotti” nel 2007 aveva un conto da circa 250 mila dollari all’Hsbc.«Era un conto di famiglia, chiuso da anni, su cui l’Agenzia delle Entrate non ha formulato rilievi», spiega Luini.
NIENTE DA DICHIARARE «Non ho nulla da dire», questa la dichiarazione di Ludina Barzini, giornalista e scrittrice, interpellata da “l’Espresso”. Secondo i file, Barzini a fine 2007 poteva disporre di oltre 7 milioni di dollari sul suo conto all’Hsbc. Stefania Sandrelli, che già nel 2011 venne accostata alla lista Falciani, compare nei documenti con un deposito di circa 425 mila dollari. Anche questa volta però, come 4 anni fa, l’attrice ha rispettato la consegna del silenzio. Le richieste di chiarimenti sono state respinte anche da altri clienti noti alle cronache come la figlia di Raul Gardini, Eleonora, a cui è associato un deposito di 722 mila dollari.
La cantante Ornella Vanoni, pure lei in lista, ha rimandato al mittente le richieste di chiarimenti. Niente da dichiarare neppure da parte di Giulio Burchi, un manager che ha ricoperto diversi incarichi privati e pubblici, tra i quali, da ultimo, quello di consigliere della nuova autostrada Milano-Brescia. Burchi risulta titolare di un conto da circa 180 mila dollari. Marina Nissim, vicepresidente e azionista del Bolton group, quello del tonno Riomare e del Borotalco, compare nella lista come titolare di un conto con oltre 3 milioni di dollari. Un conto numerato identificato come “5529 BIG” a cui aveva accesso anche il fratello Gabriele e come procuratore l’inglese Freddy Roland Martell. Le richieste di informazioni inviate via mail all’indirizzo della manager milanese sono rimaste senza risposta.
Anche Abramo e Raffaele Galante hanno preferito non commentare. Secondo i documenti ai due fratelli che controllano Digital Bros, azienda di videogiochi quotata in Borsa, sarebbero riferibili due conti per un totale di 650 mila dollari. Nessuna riposta neppure dall’imprenditore Adolfo Savini, fondatore del gruppo Olidata. Savini risulta associato a un conto con 18,5 milioni di dollari.
IMPUTATI & CONDANNATI Nella lista Falciani spuntano alcuni protagonisti del processo Mediaset. Daniele Lorenzano, ex dirigente Fininvest, si è visto infliggere tre anni e otto mesi per frode fiscale nel processo chiuso nel 2013 con la condanna di Silvio Berlusconi. Lorenzano è indicato dalla Hsbc come titolare di sette conti svizzeri: tra il 2006 e il 2007, quando era già in corso l’inchiesta milanese, aveva ancora un milione e 239 mila dollari, poi scesi a 830 mila. Le sentenze del caso Mediaset gli attribuiscono un ruolo fondamentale nella frode fiscale, ricompensato da Berlusconi con oltre 12 milioni di dollari nascosti all’estero. Lorenzano ha fatto sapere a “l’Espresso” che «vive fuori dall’Italia dal 1992 ed è iscritto all’anagrafe dei residenti all’estero (Aire)», per cui «non è soggetto al fisco italiano e non ha mai dovuto fare condoni».
Il conto alla Hsbc è invece costato un guaio fiscale all’imprenditore Giorgio Dal Negro, assolto nel processo Mediaset per mancanza di dolo: ha diviso soldi in nero con Lorenzano, spiegano le sentenze, ma poteva non sapere che erano frutto delle frodi fiscali organizzate dall’amico con Berlusconi. Anche nel suo caso, i conti esteri scoperti con le indagini penali erano inutilizzabili dal fisco. Il problema si è riaperto con la lista Falciani, che gli attribuisce un conto svizzero da oltre 12 milioni. «Dal Negro ha regolarizzato la sua posizione», chiarisce il suo difensore, Nadia Alecci, «versando a rate l’intero importo che gli è stato contestato dalla Finanza».