«Adozioni in Congo senza rilevanza penale»: Così Milano ha archiviato l'inchiesta su Aibi
Sono decine le denunce contro l’Aibi, Associazione amici dei bambini, per presunte gravissime irregolarità nelle procedure di adozione internazionale. Dopo la nostra inchiesta di copertina “Ladri di bambini”, la scorsa estate, molte coppie in tutta Italia hanno trovato il coraggio di raccontare alla magistratura i loro sospetti. Marco Griffini, 69 anni, presidente dell’associazione cattolica, aveva più volte annunciato iniziative legali contro le famiglie e per questo molti genitori spaventati erano rimasti in silenzio.
Non sono gli unici ad aver subito pressioni per non parlare. I manager di Griffini hanno addirittura chiesto lo sfratto di “Ange Gabrielle”, l’organizzazione che gestisce l’orfanotrofio-casa famiglia di Aibi costruito a Kinshasa in Congo con il finanziamento di Alessi spa, la fabbrica di design. Vogliono cacciare Elvis Manguya, il direttore del centro, e la sua Ong semplicemente perché per rispettare la legge “papa Elvis”, come lo chiamano i bambini, non aveva eseguito gli ordini dell’associazione di San Giuliano milanese.

Il direttore dell’orfanotrofio, “papa Elvis”, dopo qualche resistenza e nonostante gli ordini contrari di Aibi, aveva invece consegnato i ventiquattro piccoli perché fossero affidati a un altro ente. Un’operazione autorizzata sia da Roma sia dall’autorità centrale congolese. Elvis Manguya conosce il codice penale e non voleva ritrovarsi sotto accusa. La risposta è arrivata dopo qualche mese con una lettera che abbiamo potuto leggere grazie a nostre fonti interne ad Aibi.
Eddy Zamperlin, il manager di Griffini in Congo e Burundi, scrive a papa Elvis e gli dà novanta giorni per togliersi di mezzo con la sua Ong: «L’accordo poteva terminare nel caso in cui la Fondazione Alessi avesse deciso di interrompere il finanziamento», comunica Zamperlin: «... Bisogna inoltre ricordare la mancanza di fiducia dopo gli avvenimenti di cui siete responsabili per aver consegnato i minori adottati...». Praticamente Aibi vuole lo sfratto, non solo per la sospensione delle adozioni in Congo, ma anche perché Elvis e la sua Ong hanno rispettato la legge.
Con la garanzia dell’anonimato, abbiamo intervistato dipendenti dell’associazione, ex operatori e molti genitori. Abbiamo inoltre interpellato gli uffici di polizia a Kinshasa e a Goma. Gli ufficiali congolesi confermano la scomparsa di un’altra bambina. Il primo aprile 2014 Amini C., 11 anni, adottata da una famiglia calabrese di cui già portava il cognome, era ancora a Goma sotto la responsabilità di Aibi. Il suo nome appare in un verbale firmato da Eddy Zamperlin e dal giudice Charles Wilfrid Sumaili, presidente distrettuale del Tribunale per i minorenni che, nelle comunicazioni interne, Aibi indica come “partner”. Ma Amini non è mai atterrata in Italia: da due anni non si sa più nulla di lei.
Il 14 novembre scorso abbiamo chiesto via email a Marco Griffini dove sia finita o se abbia denunciato la scomparsa. Il 22 novembre lo abbiamo richiesto a Valentina Griffini, sua figlia, capo delle operazioni in Africa. Il 23 novembre abbiamo inviato le domande a Giorgia Governale, la loro Pr. «Gentile collega, abbiamo ricevuto la tua mail che abbiamo provveduto a inoltrare», ha risposto l’ufficio stampa di Aibi il 24 novembre. Da allora i Griffini tacciono perfino sulla scomparsa di Amini. Curioso per due imprenditori della solidarietà che dicono nella loro ragione sociale, di essere “amici dei bambini”.
Amini C. è una testimone scomoda. Tre anni fa l’avvocato di Aibi a Goma l’aveva spacciata per la sorella di Melanie, 9 anni. È tutto scritto nella sentenza di adozione emessa nel 2013 dal giudice-partner di Aibi. Solo che poi la famiglia vera di Melanie e altri genitori congolesi avevano scoperto che i loro figli stavano per essere trasferiti in Italia. Così sono entrati nell’orfanotrofio Spd e se li sono ripresi. Ma Amini l’hanno lasciata lì, dimostrando che non fosse la sorella di Melanie.
È la vicenda che abbiamo raccontato la scorsa estate: quando, per giustificare la scomparsa dei bambini, Marco e Valentina Griffini hanno sostenuto davanti alle famiglie italiane ignare la bugia del rapimento da parte di un commando armato. Quei piccoli erano invece al sicuro con i loro genitori. Un mese dopo Amini, che allora aveva 9 anni, era ancora in orfanotrofio a Goma. Risultava nell’elenco di un gruppo di bimbi poi partiti per l’Italia. Ma lei non è mai arrivata. Coincidenza: la piccola avrebbe potuto smascherare le bugie dell’assalto armato e della finta sorella. E confermare così lo scandalo con due anni di anticipo.
L’adozione di figli non adottabili perché strappati alle loro famiglie sembra essere una prassi per i procacciatori che rifornivano Aibi in Congo. Uno di questi intermediari è Bénédicte Masika Sabuni, la direttrice dell’orfanotrofio Spd di Goma, quello del finto assalto armato. Quasi un anno fa, in tempi non sospetti, madame Bénédicte è stata intervistata in un documentario mandato in onda negli Stati Uniti dalla rete Fusion.net. E, convinta di raccontare fatti per lei normali, ha praticamente confessato. «Ne abbiamo adottati ventotto in tutto», sono le sue parole: «Diciassette sono già in Italia. Il resto è a Kinshasa in attesa che venga tolto l’embargo sui visti d’uscita... Ne posso contare dieci che hanno i genitori». E ancora: «Prima noi constatiamo che una famiglia sta avendo dei problemi e se sono interessati, sono i genitori stessi a firmare. Anche quando accettano e poi rifiutano, cerchiamo i modi e le ragioni per convincerli». Poi l’ammissione: «Stavo prendendo bambini dappertutto, senza sapere chi fossero o da dove venissero».
Quello che emerge dalle parole della direttrice è che i genitori spesso affidano i loro figli agli istituti per farli studiare, senza sapere delle procedure di adozione in corso. A volte vengono rassicurati con la scusa delle sponsorizzazioni a distanza dei benefattori italiani. Raramente i papà, disperati per la fame o l’alcol, li cedono consapevoli. Magari in cambio di qualche soldo. Bénédicte Masika Sabuni è anche la persona direttamente responsabile dell’incolumità di Amini, la bimba scomparsa. Ed è la procacciatrice che inviava i piccoli proprio all’Ange Gabrielle di Aibi a Kinshasa. Fino a quando papa Elvis non ha rotto la consegna dell’obbedienza. E gli “Amici dei bambini” lo hanno sfrattato.