Inchiesta

Panama Papers, tra dimissioni e censure ecco cosa succede ai potenti del pianeta

di Paolo Biondani, Gloria Riva, Vittorio Malagutti, Leo Sisti e Stefano Vergine   8 aprile 2016

  • linkedintwitterfacebook
L'ex premier islandese Sigmundur Davíð Gunnlaugsson

Il premier islandese costretto ad andarsene, i silenzi dei media in Russia e Cina per proteggere i vertici, gli imbarazzi di David Cameron. Ecco come l'inchiesta sui documenti panamensi sta travolgendo i leader politici

L'ex premier islandese Sigmundur Davíð Gunnlaugsson
L’effetto più clamoroso si è manifestato ?a Reykjavík, in Islanda. Dopo che migliaia ?di persone sono scese in piazza per manifestare contro di lui, il premier ?liberal-conservatore Sigmundur Davíð Gunnlaugsson ha annunciato le dimissioni. Conseguenze dei Panama Papers. Grazie all’inchiesta giornalistica internazionale, infatti, i cittadini islandesi hanno saputo che il loro primo ministro è stato azionista della Wintris, una società registrata nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche, trasferendo le sue azioni alla moglie giusto prima di diventare premier.

Gunnlaugsson non è l’unico politico coinvolto dallo scandalo globale scoppiato domenica ?3 aprile. Alle ore 20 i media del consorzio internazionale ICIJ, di cui "l’Espresso" è partner esclusivo per l’Italia, hanno iniziato contemporaneamente a pubblicare i primi contenuti dei documenti analizzati.

E in pochi minuti ben 140 fra politici e uomini di Stato sono finiti nell’occhio ?del ciclone. Alcuni per coinvolgimento diretto in una società offshore. Come il presidente dell’Ucraina, Petro Poroshenko, l’ex primo ministro iracheno, Ayad Allawi, l’attuale presidente dell’Argentina, Mauricio Macri.
[[ge:rep-locali:espresso:285190119]]
Altri, la maggior parte, per legami indiretti con i paradisi fiscali: perché persone a loro vicine, parenti o amici ?stretti, risultano azionisti o amministratori di imprese registrate in Paesi che vanno dalle Bahamas a Samoa. La lista è lunga.

Alcuni esempi: David Cameron, premier del Regno Unito. Il presidente cinese Xi Jinping. Il re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abdulaziz Al Saud. Il sovrano del Marocco, Mohammed VI. Il presidente siriano Bashar Assad. Il primo ministro del Pakistan, Nawaz Sharif. ?Il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. ?Il numero uno della Federazione Russa, Vladimir Putin. La leader dell’estrema destra francese, Marine Le Pen. Senza considerare i vip che hanno legami con ?i paradisi fiscali, dal goleador Leo Messi al regista Pedro Almodóvar.

Tirato in ballo dalle carte, anche un potente dello sport come l’ex presidente dell’Uefa (ed ex fuoriclasse del calcio) Michel Platini è stato costretto ad ammettere di aver aperto una offshore ?a Panama. E non mancano società ritenute vicine ai trafficanti di droga e al terrorismo.

Insomma, i Panama Papers hanno provocato un terremoto destinato a durare per molto. Perché il consorzio giornalistico sta continuando il suo lavoro, e altri nomi potrebbero emergere. Ma soprattutto perché adesso spetta alle autorità fiscali ?e giudiziarie dei vari Paesi verificare se ?le operazioni finanziarie condotte dalle persone coinvolte sono legali.
Esclusivo
Panama Papers, veleno e conti offshore: così l'élite cinese ha nascosto le sue ricchezze
6/4/2016

In alcune nazioni – tra cui l’Australia, gli Stati Uniti ?e l’Italia – sono già state avviate indagini. Ad altre latitudini l’atteggiamento è stato diverso. Gran parte dei media cinesi, ?per esempio, ha scelto di non riportare ?le notizie dei Panama Papers. ?Mentre in Russia le autorità hanno gridato al complotto anti-Putin orchestrato dalla Cia. Resta un fatto, per ora: a volte bastano cittadini informati per cambiare le cose. Come è successo in Islanda. Dove il giornalismo ha dimostrato di poter essere ancora il cane da guardia del potere.