Inchiesta

Soldi e potere, il tesoro della famiglia Rocca

di Vittorio Malagutti e Stefano Vergine   3 febbraio 2017

  • linkedintwitterfacebook

Una dynasty sparsa tra Italia e Sudamerica, che controlla un impero di 30 miliardi. Eppure dei Rocca si sapeva pochissimo. ?Ora l’Espresso rivela dove e come nascondono il loro patrimonio

L’ultima volta è stata meno di tre mesi fa. Nella lista degli invitati c’erano i discendenti di terza e quarta generazione insieme ai parenti acquisiti: un esercito di nipoti, zii, cugini e famigliari vari. E poi i soci in affari e gli alleati di una vita. Decine di persone, forse un centinaio in totale, o anche di più. Tutti convocati nel nome dei Rocca, una delle dinastie industriali che ha fatto la storia d’Italia. Quel giorno, il 2 novembre scorso, in un’anonima palazzina immersa nel verde della prima periferia di Lussemburgo, si è svolta l’assemblea dei soci della San Faustin, la holding presieduta da Gianfelice Rocca, che insieme al fratello Paolo guida il gruppo fondato 70 anni fa dal nonno Agostino col marchio Techint e cresciuto fino a diventare un colosso industriale da 30 miliardi di patrimonio e 16 miliardi di giro d’affari.

Difficile che tutti i Rocca, sparsi tra l’Italia e il Sudamerica (Argentina e Brasile), siano intervenuti di persona all’appuntamento. I verbali della riunione in Lussemburgo, convocata per approvare alcune variazioni nello statuto sociale, non forniscono un elenco preciso dei presenti. Un elenco lunghissimo, chiuso a doppia mandata in un caveau della Bsi, la Banca della Svizzera Italiana con sede a Lugano.
L’identità esatta dei soci della San Faustin è un segreto ben custodito da decenni, ma l’Espresso ha avuto accesso al gigantesco libro di famiglia dei Rocca. E questa inchiesta, per la prima volta, fa i nomi dei trust dietro cui si celano gli azionisti di controllo del gruppo Tenaris, il marchio che ha assorbito le attività targate Techint sparse in ogni angolo del mondo, dal Sudamerica agli Stati Uniti, dall’Europa fino alla Cina e al Sudest asiatico.


Tra i soci anche gli Einaudi

Le carte che l’Espresso ha potuto consultare disegnano la mappa di una enorme ragnatela offshore: i trust tirano le fila di una pattuglia di società, quasi tutte con base nel paradiso fiscale delle British Virgin Islands, che a loro volta risultano azioniste di una fondazione olandese. Ed è quest’ultima a controllare la holding San Faustin. Gli schermi fiduciari riconducono ciascuno a un singolo socio o a un intero ramo famigliare. Ci sono i Rocca, ovviamente, cioè i discendenti diretti di Agostino. A Paolo Rocca, 64 anni, fratello minore di Gianfelice, fa capo per esempio l’Albatross Trust. Poi troviamo la pattuglia dei cugini, i Bonatti e i Pineyro. E tra gli azionisti ci sono anche gli Einaudi. Sì, proprio loro, alcuni eredi di Luigi Einaudi, il grande economista liberale già governatore della Banca d’Italia e poi presidente della Repubblica dal 1948 al 1955. Gli Alliata di Montereale, titolari di un cospicuo pacchetto di titoli San Faustin, sono invece i nipoti di Vittorio Cini, proprietario di un vero impero finanziario e industriale ai tempi del fascismo e poi ancora fino agli anni Sessanta.

Per spiegare la presenza di soci estranei alla famiglia del fondatore bisogna tornare agli anni dell’immediato dopoguerra, quando nacque l’impero dei Rocca. Agostino, il fondatore, era uno dei manager di Stato, capitanati da Oscar Sinigaglia, a cui Benito Mussolini affidò l’industria dell’acciaio negli anni del regime fascista. Finita la guerra e passato indenne tra le maglie dell’epurazione, il primo dei Rocca si trasferì armi e bagagli dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, in Argentina, dove fondò la sua prima fabbrica di tubi in acciaio senza saldatura, il prodotto destinato a fare la fortuna della famiglia.



La storia ufficiale del gruppo racconta che Agostino Rocca s’imbarcò per il Sudamerica il 15 febbraio del 1946, giorno di San Faustino. Da qui il nome della holding. Quando lasciò un’Italia in macerie, il fondatore di Techint non era solo. Lo seguirono in Sudamerica alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Tra questi, per esempio, Roberto Einaudi, figlio di Luigi, il presidente della Repubblica, e fratello di Giulio, il fondatore della omonima casa editrice torinese. Agli Einaudi, settant’anni fa, dev’essere stato affidato anche un pacchetto azionario della neonata azienda, visto che ancora adesso alcuni discendenti della famiglia compaiono tra i soci della holding San Faustin come beneficiari del Led Trust e dell’Achalay Trust.

Anche Vittorio Cini era un grande amico del fondatore della Techint. Cini, già ministro per le Comunicazioni durante il fascismo, responsabile delle acciaierie Ilva e, a quei tempi, uno degli uomini più ricchi d’Italia, aveva sposato Lydia Borrelli, diva del cinema muto. Sua figlia Yana diventò in seguito la moglie del principe Fabrizio Alliata di Montereale, una famiglia nobile siciliana.

Gli Alliata, già all’inizio del secolo scorso possedevano importanti attività in Brasile, dove il gruppo Tenaris è oggi molto attivo. E sono proprio gli Alliata di Montereale a comparire tra i soci della San Faustin attraverso il Maresole Settlement. Tra gli azionisti esterni alla famiglia c’è anche Fernando Riccardo Mantilla, un avvocato d’affari argentino che da anni lavora per il gruppo, proprietario di un pacchetto azionario attraverso l’Escondida Trust. Stesso discorso per la storica segretaria di Agostino Rocca, Iris Paola De Posti, socia di San Faustin attraverso l’Iris Trust.


Dietro gli schermi offshore

La maggior parte degli schermi offshore nascondono però i nomi dei discendenti diretti del capostipite Agostino e di suo fratello Enrico, scomparso nel 1955. I discendenti di quest’ultimo, i Pineyro, residenti in Argentina, sono beneficiari di alcune strutture offshore dai nomi esotici, come Dolistar, Fantasis, Kimbral. Oltre al trust Albatross di Paolo Rocca, oggi presidente e amministratore delegato della multinazionale dei tubi d’acciaio, le carte consultate dall’Espresso fanno anche i nomi di Hermione Settlement, Andromaca Settlement e Wurtzel Settlement, che sono riconducibili a Lodovico, Roberta e Tommaso Rocca, figli di Agostino, il nipote dell’omonimo fondatore morto nel 2001 in un incidente aereo mentre era diretto in Patagonia. Un altro ramo della famiglia comprende invece gli eredi di Anna Maria Rocca, sposata Bonatti, figlia del fondatore Agostino e sorella gemella di Roberto, il padre di Gianfelice e Paolo.

La maggioranza del capitale della San Faustin risulta intestato a una fondazione privata olandese, la Rp Stak. Ed è qui che finora si è sempre interrotta la ricerca dei soci in carne e ossa di Tenaris. Infatti, come dichiarato alla Sec, la Consob americana, «nessuna persona o gruppo di persone controlla la Rp Stak». Tutto vero, perché, come abbiamo visto, dietro la fondazione compare una pattuglia di società registrate in paradisi offshore come Panama e le British Virgin Islands. E poi, al piano superiore della catena di controllo, ci sono decine di trust amministrati dalla Banca della Svizzera Italiana. Questo gioco di specchi finanziario ha fin qui impedito di far luce sui reali assetti di controllo del gruppo Tenaris.



Fondata nel 1948 in Uruguay, un tempo soprannominata la Svizzera del Sudamerica, la San Faustin ha cambiato residenza fiscale più volte, spostandosi sempre in Paesi che fanno del segreto societario la loro forza: da principio Panama, poi le Antille Olandesi, ora il Granducato di Lussemburgo. Nel frattempo, dapprima sotto la guida di Agostino, morto nel 1978, e poi dei suoi figli, il gruppo ha conquistato i mercati mondiali, diventando uno dei principali fornitori dell’industria energetica. Quotata a New York, Buenos Aires, Città del Messico e Milano, a Tenaris non resta in realtà granché di italiano se non alcuni stabilimenti, tra cui quello di Dalmine, il più famoso.
Ben più rilevante è il peso politico della famiglia, che nella Penisola tra l’altro controlla il gruppo ospedaliero Humanitas, con quasi 800 milioni di giro d’affari all’anno. Gianfelice Rocca riveste da anni incarichi di spicco in Confindustria e presiede Assolombarda, la più importante tra le associazioni territoriali degli industriali. Per questo nelle scorse settimane ha fatto scalpore la notizia delle indagini per corruzione internazionale avviate dalla procura di Milano nei confronti dei fratelli Gianfelice e Paolo. Il sospetto, nato dalle dichiarazioni di un manager pentito, è che Tenaris abbia pagato mazzette per aggiudicarsi commesse dal gruppo petrolifero brasiliano Petrobras.

Vicende giudiziarie a parte, i discendenti di Agostino negli ultimi anni sono stati penalizzati dal crollo del prezzo dell’oro nero, che ha costretto molti operatori del settore a ridurre gli investimenti. Di conseguenza, sono diminuite anche le opportunità d’affari per Tenaris. Non per niente il bilancio consolidato della holding San Faustin si è chiuso il 30 giugno scorso con una perdita di 775 milioni di dollari, pari a circa 700 milioni di euro. Poco male: a maggio del 2016 la società lussemburghese aveva già distribuito 100 milioni di dividendi all’ampia platea dei soci. Tutti volati offshore.