Inchiesta

La villa di Matteo Renzi comprata col 'prestito' da 700 mila euro del finanziatore di Open

di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian   27 novembre 2019

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L'ex segretario del Pd, ora Italia Viva, secondo i documenti consultati da L'Espresso ha acquistato la nuova casa a Firenze anche grazie ai soldi ricevuti dalla madre dell'imprenditore Riccardo Maestrelli. Un generoso finanziatore della fondazione renziana. Renzi replica: «Ho restituito tutto, denuncerò L’Espresso per violazione del segreto bancario»

Un prestito da 700 mila euro ricevuto dalla madre di un imprenditore che ha finanziato la fondazione Open, nominato in una società pubblica durante il governo di cui Matteo Renzi era premier. Denaro utilizzato in parte per comprare la nuova villa immersa tra le colline fiorentine. È l’intrigo che avvolge la casa dell’ex premier, acquistata a luglio dell’anno scorso grazie ai soldi prestati da una famiglia toscana di grossisti di ortofrutta amici dell’ex premier.

Renzi, in quell’estate del 2018, era furioso. Aveva appena comprato la casa da 1,3 milioni di euro in una delle più belle zone di Firenze, ma non si capacitava degli attacchi violenti lanciategli via social. «Il web da giorni è pieno di spazzatura» spiegò nella sua e-news. «Mi dicono: perché hai detto che avevi solo 15 mila euro in banca e adesso compri casa? Vi svelo un segreto: sono stato eletto parlamentare e prendo un ottimo stipendio. Queste entrate mi permettono persino di prendere un mutuo. Funziona così, da qualche secolo!».

Per rintuzzare le critiche, l’ufficio stampa confermò in una nota che tutta l’operazione dell’acquisto della villa di quasi 300 metri quadri più giardino sarebbe stata cristallina. Nessuno scandalo, dunque: «Quando il percorso sarà concluso tutte le informazioni saranno rese pubbliche, come peraltro prevede la normativa per la trasparenza dei parlamentari». Dopo un anno e mezzo, però, dei dettagli dell’affare immobiliare sappiamo (ufficialmente) ancora poco. Nell’ultima dichiarazione patrimoniale depositata a Palazzo Madama Renzi segnalava solo la proprietà del 50 per cento della nuova casa (l’altra metà è intestata alla moglie Agnese Landini), mentre alcuni giornali hanno raccontato - grazie agli atti del catasto - che Matteo e Agnese avevano pagato ai venditori una caparra di 400 mila euro, e acceso un mutuo con il Banco di Napoli per i restanti 900 mila.
 

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Tutto chiaro, dunque? Non proprio. L’Espresso ha scoperto che la compravendita nasconde più di un’ombra. Anomalie che emergono da alcuni documenti dell’inchiesta della procura di Firenze sulla renzianissima fondazione Open, informative della Guardia di Finanza e l’analisi dei flussi finanziari di alcuni conti correnti segnalati alla Uif (l’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia) dalla banca Cassa di risparmio di Firenze. Matteo e Agnese infatti hanno comprato la grande villa anche con i denari girati a loro dalla famiglia Maestrelli, ricchi imprenditori toscani amici e finanziatori della fondazione Open di Renzi. Tanto intimi da girare ai Renzi - attraverso il conto corrente dell’anziana Anna Picchioni, madre dei fratelli Maestrelli - un bonifico da ben 700 mila euro datato 12 giugno 2018.

Ecco: parte del “prestito” (questa la causale del bonifico) il giorno dopo, il 13 giugno, viene usata da Matteo e moglie proprio per chiedere l’emissione di quattro assegni, per un totale di 400 mila euro. Quelli necessari a pagare la caparra. Possibile che il capo di Italia Viva abbia usato i soldi dei Maestrelli per comprarsi la villa? Possibile che il senatore non ricordasse che Riccardo Maestrelli fu nominato dal suo governo nel consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti Immobiliare spa, società pubblica di Real Estate controllata dal ministero dell’Economia, e che quindi il rischio di un conflitto d’interessi era enorme?

Contattato dall’Espresso, che gli ha chiesto dettagli sull’operazione e se e quando ha restituito il prestito, Renzi risponde: «Vi risulta il prestito e non vi risulta la restituzione? Non confermo e non smentisco nulla». Per poi aggiungere: «Andremo in causa». Successivamente, in una conferenza stampa, ha dichiarato di aver restituito il prestito «in quattro mesi» e ha annunciato di voler denunciare L’Espresso per «violazione di segreto bancario». Inoltre, ha rivelato di aver guadagnato più di 800 mila euro nel 2018 e oltre un milione quest’anno grazie alla sua attività professionale.

IL PRESTITO DELLA VEDOVA
Andiamo con ordine. Anna Picchioni è una signora di Firenze anziana e sconosciuta al pubblico. Secondo l’analisi del suo conto corrente sulla Cassa di Risparmio di Firenze, il 12 giugno 2018 riceve 700 mila euro. Arrivano dalla Pida spa, una holding fiorentina attiva nel commercio all’ingrosso di frutta, nel settore immobiliare e in quello alberghiero, fondata da suo marito Egiziano e oggi, dopo la sua scomparsa, controllata dai suoi tre figli: Riccardo, Giulio ed Elena Maestrelli. E dalla stessa signora Picchioni, che detiene il 5 per cento delle azioni. La causale del bonifico recita «Pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl». Gli investigatori che hanno lavorato sui flussi hanno scoperto che nel 2015 i figli avevano in effetti comprato dalla madre il 25 per cento di un’altra società di famiglia, la Mega appunto, e che lei avrebbe dovuto avere 719 mila euro. Da incassare in 15 rate annuali, da poco meno di 50 mila euro l’una. Il 12 giugno 2018, invece, i fratelli (che negli anni passati le avevano già versato tre rate per un totale di 150 mila euro) decidono di indennizzare la madre in un solo colpo. Versandole, attraverso la loro holding altri 700 mila euro, e dunque dandole alla fine molti più soldi (circa 158 mila, secondo i calcoli degli analisti della Uif) di quanto le sarebbe spettato secondo gli accordi contrattuali conosciuti.

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Come mai quest’urgenza? Non sembra che la signora Picchioni avesse bisogno di una somma così rilevante per necessità personali: i denari sostano infatti poche ore sul conto della donna settantenne, e ripartono con un bonifico di pari importo verso un conto corrente aperto al Banco di Napoli dal senatore Matteo Renzi e da Agnese Landini. Che il giorno successivo, dopo aver incassato il tesoretto, corrono nell’istituto chiedendo l’emissione di 4 assegni circolari non trasferibili del valore di 100 mila euro ciascuno.

Il motivo di tanta fretta è che i due sono in procinto di stipulare il rogito per acquistare la prestigiosa villa di via Tacca tra le colline fiorentine: 285 metri quadri, 11 vani e mezzo e annesso terreno di 1580 metri quadri venduti da Natalia Gajo e dai figli Giusto e Oretta Puccini. Il primo, 68 anni, è il papà dell’attrice Vittoria Puccini ed è docente di Istituzioni di diritto pubblico, collega del presidente del Consiglio Giuseppe Conte all’Università di Firenze. La sorella Oretta, invece, è stata dipendente della Provincia di Firenze, la stessa governata da Matteo Renzi dal 2004 al 2009. L’atto del notaio con cui si conclude la compravendita tra i Puccini e i Renzi è datato 23 luglio 2018. Il prezzo finale pattuito con i venditori è di 1,3 milioni di euro.

TU MI NOMINI, IO TI AIUTO
Perché una settantenne dovrebbe prestare una somma così ingente all’ex premier? Come mai, stando ai documenti, i fratelli Maestrelli - veri finanziatori dell’operazione immobiliare - hanno schermato il bonifico attraverso il conto della madre? E se i Renzi hanno usato 400 mila euro per la caparra, che fine ha fatto il resto della somma prestata, cioè 300 mila euro che Renzi non usa né per l’anticipo né per provare a strappare un mutuo più leggero? Renzi dice di aver restituito il prestito a Picchioni. Di certo i Maestrelli sono da sempre molto generosi nei confronti del senatore ed ex presidente del Consiglio.

Oltre ai 700 mila euro del bonifico della vedova, infatti, le carte dell’inchiesta sulla fondazione Open evidenziano che Egiziano, il fondatore dell’impero di famiglia, nel marzo del 2017 ha girato all’organismo renziano una donazione da 150 mila euro. Non solo: a febbraio 2018, pochi giorni dopo la morte del capostipite (al funerale erano presenti sia il senatore che Luca Lotti) la Frama Fruit, la Tirreno Fruit e la Fondiaria Mape, tutte srl controllate dai fratelli, versano alla Open altri tre bonifici, per un totale di 150 mila euro. In tutto 300 mila euro: una somma che permette ai Maestrelli, dunque, di essere annoverati tra i principali finanziatori della vecchia cassaforte del leader, chiusa qualche mese dopo. La chiusura, tuttavia, non ha allontanato lo tsunami giudiziario dal Giglio magico, travolto in pieno nelle ultime settimane dall’inchiesta della procura di Firenze guidata da Giuseppe Creazzo. L’incubatrice della Leopolda renziana, infatti, presieduta dall’avvocato Alberto Bianchi - e animata dal cda composto da Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi - è finita nel mirino dei pm fiorentini, che indagano per finanziamento illecito, riciclaggio e traffico di influenze.

 

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Un’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Bianchi e di Carrai. E a perquisizioni in tutta Italia, con magistrati e finanzieri impegnati a scandagliare i flussi finanziari della Open, foraggiata, appunto, anche dai Maestrelli. Dei tre fratelli Maestrelli, il più in vista è sicuramente Riccardo, presidente di Pida, la spa - ricordiamolo - che ha liquidato i 700 mila euro a favore della madre poi finiti sul conto di Renzi. Matteo e Riccardo si conoscono da tempo. Era noto che l’imprenditore lo ha sempre sostenuto fin dalle campagne elettorali per le comunali di Firenze. Ma quasi nessuno sa che Riccardo siede nel Cda di Cassa depositi e Prestiti Immobiliare da fine 2014, nominato proprio dal governo Renzi. Una società pubblica che ha commercializzato, da quando è nata, immobili per due miliardi di euro. Un incarico di prestigio. Per questo il prestito dei Maestrelli per l’acquisto della villa sulle colline fiorentine, monitorato anche dalla Banca d’Italia, potrebbe configurare per il capo di Italia Viva quantomeno un grave conflitto di interessi. Aggravato dal fatto che i Maestrelli sono tra i maggiori finanziatori della Fondazione Open.

Non è tutto. La carriera imprenditoriale di Maestrelli junior incrocia spesso la vita dell’ex premier di Rignano. La holding di famiglia, Pida, è anche azionista di aziende che fanno capo a gruppi della grande distribuzione - Conad per esempio - e dell’industria ortofrutticola del calibro di Orsero, famoso marchio di Albenga quotato in borsa. Maestrelli, attraverso la Millenaria Srl, gestisce due hotel Hilton nel capoluogo toscano, attività redditizia che ha portato utili per oltre 5 milioni alla srl di cui in passato ha fatto parte anche l’imprenditore Riccardo Fusi (intimo di Denis Verdini e amico di Matteo, Fusi fu intercettato mentre parlava di Riccardo Maestrelli nell’inchiesta dei pm toscani sulla cricca delle grandi opere).

Ma Riccardo insieme ai fratelli è il proprietario anche della Egan immobiliare, che controlla al 50 per cento Palazzo Ruspoli, B&B di lusso a pochi metri dalla cupola del Brunelleschi, che nel 2012 ospitava pure la sede della fondazione Big Bang, e del comitato elettorale renziano, embrione di quella che sarà la Open. Socio di Riccardo in Egan srl era poi, fino al 2017, Andrea Bacci, anche lui storico amico dell’ex premier. E La Pida è anche proprietaria di Villa Roma Imperiale, un hotel di lusso a Forte dei Marmi, dove Renzi è stato ospite per una vacanza da sogno ad agosto 2014. Il rottamatore, criticato su alcuni giornali, fece trapelare sui giornali che la vacanza, lui, nonostante l’amicizia antica la pagò di tasca sua. Impossibile verificare. L’ex premier dice di aver restituito il prestito avuto dai Maestrelli. Perché nel 2018 ha guadagnato benissimo. Di certo, a maggio di quest’anno, è riuscito a vendere la vecchia casa di Pontassieve.

L’Espresso è in grado di rivelare, documenti catastali alla mano, che l’abitazione da 295 metri ha fruttato a lui ed Agnese 830 mila euro. I compratori hanno versato 551 mila euro direttamente alla coppia, mentre i restanti 278 sono stati usati dai Renzi per estinguere due mutui accesi dall’ex premier in due banche differenti.