Danilo Toninelli e l'Anas regalano milioni a Vito Bonsignore per un'autostrada inutile
È la Ragusa-Catania: il politico e banchiere Bonsignore riceverà decine di milioni dal governo per un'infrastruttura che non serve. Si divideranno l'indennizzo anche il gruppo Mantovani, quello del Mose, e la Tecnis, coinvolta nell'inchiesta sulla Dama Nera. Ecco i documenti dello scandalo che finirà a carico del contribuente
di Gianfrancesco Turano
9 luglio 2019
Danilo ToninelliUn'autostrada che non è più un'autostrada, che non serve, che costa uno sproposito, che ha un progetto sbagliato e superato, che i privati non riescono a finanziare perché avrebbe poco traffico e pedaggi elevatissimi (18 euro per 66 chilometri). È l'identikit della Ragusa-Catania. Il progetto e la concessione del tracciato sono affidati alla Sarc. La società di Torino è partecipata dall'ex europarlamentare Vito Bonsignore, la cui famiglia è coinvolta nel disastro della Carige, dal gruppo Chiarotto-Mantovani, noto per gli scandali del Mose, e dalla Tecnis, società di ingegneria in procedura fallimentare al centro dell'inchiesta della Procura di Roma sulla Dama Nera dell'Anas.
Di fronte ad azionisti tanto rassicuranti, il governo dell'onestà e del cambiamento porterà al Cipe di giovedì 11 luglio la sua proposta: nazionalizzare tutto, liquidare con decine di milioni di euro i soci privati della Sarc e caricare sulle spalle dei contribuenti centinaia di milioni di costi, se si dà retta alle cifre di partenza. Se no, saranno miliardi.
I documenti che l'Espresso è in grado di rivelare mostrano che fra l'Anas guidata da Massimo Simonini e il ministero delle infrastrutture (Mit) di Danilo Toninelli si è creato un'intesa in cemento armato fra i volti nuovi della politica e i vecchi potentati della Prima Repubblica, rimasti tali anche durante la Seconda e la Terza.
Grillini a corrente alternata Il 24 giugno Simonini scrive a Gino Scaccia, capo di gabinetto di Toninelli, per informarlo che tutto è pronto. Anas e Sarc hanno stabilito di approvare la cessione della Ragusa-Catania alla parte pubblica, che si incaricherà di realizzare il nuovo percorso interamente a sue spese. IMG-20190628-WA0001-jpg La revoca della concessione, tema molto caro ai grillini dopo la vicenda Morandi-Autostrade, è motivata in modo bizzarro. Sarebbe «insostenibile il piano economico finanziario (Pef) predisposto» dalla stessa Sarc e approvato più volte dai governi a guida Pd fra il 2014 e il 2016, mentre la valutazione di impatto ambientale risale ai governi berlusconiani.
Diversamente da quanto accaduto con Autostrade-Atlantia, che secondo il ministro delle Infrastrutture dovrebbe uscire senza un euro, l'Anas si mostra favorevole a compensare Sarc economicamente nonostante le mancanze del Pef e mantenendo un progetto definitivo che è stato approvato anche se non stava in piedi. Sulla cifra da spendere per indennizzare i soci privati si rimanda la decisione a «un arbitratore esterno, di assoluta autonomia, indipendenza e professionalità» non meglio specificato. In un altro documento interno Alessandra Del Verme, ispettore generale degli affari economici del Ministero dell'Economia, fa riferimento all'Ordine degli ingegneri per la definizione della somma da liquidare a Bonsignore & soci.
Per dare un ordine di dimensioni, l'ultimo bilancio disponibile della Sarc (2017) registra 32,4 milioni di costi «per la progettazione, i rilievi, le indagini e il coordinamento», in forte crescita rispetto alla stessa voce nel bilancio 2016 (28,9 milioni di euro). IMG-20190628-WA0000-jpg Non è tutto. Alle spese di progettazione, va aggiunta la revoca della concessione che può valere fino al 3 per cento del valore complessivo dell'opera.
Il progetto di Bonsignore prevedeva una Ragusa-Catania a quattro corsie ricavate da percorsi già esistenti per una spesa prevista di 815 milioni di euro (12,5 milioni di euro a chilomtero), in diminuzione rispetto alla prima ipotesi della Sarc (1,2 miliardi di euro). L'investimento doveva essere diviso in parti non uguali fra denaro privato (448 milioni) e pubblico (367 milioni). Troppo, hanno pensato all'Anas. Adesso c'è l'ipotesi di riqualificare le due corsie esistenti con i 400 milioni di euro di denaro pubblico che sono già stati in gran parte stanziati.
Tra progetto e indennizzo di revoca non si va lontani dai 50 milioni di euro da versare a Sarc. Al capitolo finanziamenti, il bilancio 2017 della Sarc riferisce che il progetto definitivo è stato approvato nel dicembre 2017, pochi giorni prima che il ministro Pd Graziano Delrio decidesse di incorporare Anas nel gruppoFs. Il contributo pubblico a quella data è di 149 milioni di fondi statali e di 218 milioni messi a disposizione dalla Regione siciliana che però un mese si è dichiarata contraria, attraverso l'assessore alle infrastrutture Marco Falcone.
Insomma, come il Tav Torino-Lione e l'alta velocità Brescia-Padova, la Ragusa-Catania s'ha da fare perché ci sono già i fondi. Non fa niente se il Pef non reggeva, se le tariffe previste dai privati per ripagare l'opera erano quattro volte quelle di Autostrade e se le previsioni di traffico erano deliranti.
Il cardine del cambiamento grillino nelle infrastrutture è saltato ormai tante di quelle volte che una in più non farà differenza, se non quando ci sarà da aggiungere la cifra al conto generale.
L'eroe delle tre Repubbliche Per raccontare Bonsignore, 76 anni compiuti a luglio, ci vorrebbero volumi. Geometra, poi laureato in Scienze politiche, è un innamorato delle autostrade che inizierà a conoscere come manager del gruppo Gavio, uno scalatore di banche (Antonveneta, Bnl), socio di GianpieroFiorani ai tempi della Popolare di Lodi e un politico con un piede e tanti voti fra Torino e la Sicilia, e l'altro piede in Belgio, non solo nei corridoi del lobbismo Ue ma anche con la sede della sua holding Gefip. Vito Bonsignore Bonsignore è passato attraverso tanti scandali. La condanna definitiva per le tangenti sull'ospedale di Asti non lo ha scalfito come non lo hanno toccato le accuse del somdaco di Palermo Leoluca Orlando che, negli anni Novanta, lo accusava di essere amico Salvo Lima, capo degli andreottiani in Sicilia, e di don Vito Ciancimino. In tempi più recenti anche lo scandalo Carige ha lasciato qualche strascico. Il figlio Luca era amministratore dell'istituto ed è sotto processo. Secondo i rapporti di Bankitalia, le società della solidarissima famiglia sicula (il fratello Francesco guida alcune imprese del gruppo) avrebbero ricevuto il trattamento di favore che, nelle pratiche del dominus della banca Giovanni Berneschi, spettava a un componente del patto di sindacato. La base elettorale, che ai tempi del proporzionale valeva un quarto di milione di voti, non è più quella di una volta. Passato dalla Dc, all'Udc di Pierferdinando Casini per finire con Angelino Alfano, Bonsignore ha fatto la voce grossa prima delle ultime regionali in Piemonte chiedendo anticipatamente attraverso i suoi portavoce locali un ruolo nella giunta di centrodestra guidata da Alberto Cirio. Risultato: 1,1 per cento di voti e zero eletti. Ci penseranno il Mit di Toninelli e l'Anas di Simonini, figlio di Luigi, potente capo compartimento Anas che Bonsignore lo ha conosciuto bene, a compensarlo con i soldi della Ragusa-Catania.
Il nuovo socio della Ragusa-Catania Che l'affare sia ormai in dirittura d'arrivo lo dimostra un altro particolare di cronaca. Poco prima che Simonini e Scaccia mettessero la Ragusa-Catania nel fast-track degli obiettivi infrastrutturali, la Sarc ha trovato un nuovo socio. È il gruppo Psc della famiglia Pesce di Maratea. Il gruppo lucano, attivo nella gestioni delle reti elettriche e partner di Enel, Rfi, Trenitalia, Fincantieri scoppia di salute a giudicare dai conti 2018 (168 milioni di ricavi con 16 milioni di utile netto).
Questo non spiega ancora come mai a marzo 2019 Psc abbia deciso di investire 2 milioni di euro per comprare il 5 per cento di Sarc. Lo spiega però l'ingegnere Claudio Artusi, 68 anni, ad di Psc con un curriculum fluviale che comprende incarichi in Wabco-Westinghouse (segnalamento ferroviario), Ansaldo trasporti, Fiera di Milano e attualmente CityLife. Ma ci sono anche le autostrade. Nel 2005-2006 l'allora presidente dell'Anas, Vincenzo Pozzi, ha nominato Artusi direttore generale al posto di Franco Sabato in una fase molto agitata della società. Secondo la battuta dell'allora ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro, «all'Anas si sono mangiati pure il Colosseo».
Massimo SimoniniDa ministro Di Pietro, avversario dichiarato del berlusconiano Pozzi, ha più volte annunciato il repulisti definitivo all'Anas. Nel 2006 Pozzi e Artusi vengono sostituiti da Pietro Ciucci, un ex Iri in ottimo rapporti con Gianni Letta, e lo stesso Di Pietro trova motivo di soddisfazione quando quando l'Anas inserisce fra i suoi progetti di punta la Molisana, il nuovo tracciato autostradale nel territorio nativo del ministro che sarà assegnato alle cure di Bonsignore. In realtà, Artusi e Bonsignore si conoscono dai primi anni Ottanta. L'ingegnere Artusi, venuto dalla Basilicata per laurearsi al Politecnico di Torino, aveva in comune con il geometra emigrato da Bronte la militanza nella Dc. Segretario cittadino Artusi, consigliere comunale Bonsignore a Venaria Reale, comune alle porte del capoluogo.
La carriera politica di Artusi finisce bruscamente nel marzo del 1983 quando scoppia lo scandalo del costruttore Domenico Zampini, una sorta di prova generale di Tangentopoli che coinvolge la Dc e il Psi di Giusy La Ganga su una compravendita di immobili con mazzetta ai partiti incorporata. Artusi è fra gli arrestati e viene condannato in via definitiva a un anno nel dicembre del 1989. La sua vecchia vicenda viene riesumata dai grillini locali quando Artusi, circa due anni fa è nominato dal Pd alla guida del Csi (consorzio per il sistema informativo) del Piemonte. È un caso fra mille ormai del comportamento schizoide del M5S. L'ingegnere Artusi viene attaccato per il suo passato a Torino ma nessuno ha nulla in contrario se partecipa, attraverso la sua quota in Sarc, a un affare con soldi pubblici.
Nello stesso modo, nessuno dei grillini al potere a Roma ha pensato di ostacolare l'operazione Ragusa-Catania, un fiume di soldi pubblici che finirà a un gruppo di imprenditori molto discussi.