«Dietro alle svastiche alle porte ci sono spesso vere e proprie azioni militari che richiedono premeditazione, ricerca dell’obiettivo e l’adozione di precauzioni per non essere individuati». Parla il comandante del Ros Pasquale Angelosanto

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Scritte antisemite, insulti agli ebrei, agli stranieri. Il tutto nei giorni del ricordo delle vittime della Shoah. «Gesti di questo tipo apparentemente semplici nella loro realizzazione, hanno però bisogno di una fase progettuale», spiega all’Espresso il comandante del Ros Pasquale Angelosanto. Il generale di Divisione dell’Arma non nasconde una certa preoccupazione, ma allo stesso tempo assicura che i suoi uomini osservano giorno per giorno la galassia nera che si muove nel Paese. «Siamo molto attenti al fenomeno, e stiamo ponendo particolare attenzione al “suprematismo”, che sostiene l’egemonia della “razza bianca” sulle altre. Queste attività di propaganda suprematista vengono svolte sia attraverso l’organizzazione di eventi pubblici, in alcuni casi concerti musicali con gruppi d’area nazifascista, sia attraverso siti e piattaforme social, dove vengono creati gruppi aperti o progressivamente ristretti».

Generale, dietro l’escalation di fenomeni di razzismo c’è una rete organizzata?
«Non emergono allo stato elementi tali da poter parlare di strutture organizzate, tuttavia va sottolineato come spesso queste azioni abbiano bisogno di una fase progettuale. Mi riferisco agli episodi di discriminazione razziale e antisemitismo - anche a ridosso della ricorrenza della “giornata per la commemorazione delle vittime dell’Olocausto”- come accaduto a Mondovì il 24 gennaio, con una scritta antisemita “Juden hier” accompagnata da una stella di David, sulla porta dell’abitazione del figlio di una staffetta partigiana. Vere e proprie azioni militari che richiedono premeditazione, ricerca dell’obiettivo e l’adozione di precauzioni per non essere individuati, come, per esempio, cercare di evitare di essere ripresi da telecamere di videosorveglianza. In questo senso, l’effetto propagandistico dell’azione raggiunge pienamente il suo vero scopo con la pubblicizzazione, suscitando dibattiti e approvazioni con effetti istigatori ed emulativi nei contesti di affine posizione ideologica.

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«Parlerei più propriamente di “attori solitari”. Le nuove generazioni di estremisti, che intraprendono una lotta di tipo ideologico, si confrontano con una realtà molto fluida che trova nel ricorso al web, un canale di comunicazione veloce, immediato e libero da ogni forma di controllo. Internet, i social network e i canali virtuali rappresentano un grande strumento di aggregazione, che lega gli attori attraverso un filo comune di condivisione ideologica. Pensiamo a Brenton Tarrant, autore in Nuova Zelanda di un’azione cruenta in cui ha ucciso 50 persone di fede musulmana. Sul caricatore del fucile automatico aveva scritto proprio il nome di Luca Traini».

Secondo lei il livello della violenza politica a destra è stata favorita da un clima politico di guerra all’immigrazione?
«La lotta contro l’immigrazione è uno degli ambiti nel quale si muovono i gruppi di estrema destra. Un caposaldo, insieme alla difesa della casa per gli italiani, della famiglia, il cosiddetto anti-mondialismo e il rifiuto delle politiche comunitarie, ambiti nei quali operano le sigle maggiormente strutturate. Tuttavia, pur non essendo state registrare condotte di tipo eversivo, è concreto il rischio di attività “anti-sistema” con potenziali derive violente, ad opera di singoli individui mossi da esaltazione ideologica».
Pasquale Angelosanto

La ricerca costante del nemico, insomma.
«È una caratteristica dell’estremismo di destra, costituita dalla costante ricerca di un nemico contro cui combattere, individuato di volta in volta in contesti di lotta come l’immigrazione, l’antisemitismo o l’identità nazionale o etnica».

Le vostre indagini hanno fatto emergere anche la violenza nei confronti di immigrati del Bangladesh.
«Sì, si tratta dell’inchiesta “Banglatour”, conclusa nel 2016, che ha evidenziato l’esistenza, all’interno di una sezione romana di Forza Nuova, di un gruppo propenso alla violenza. Il processo è iniziato a gennaio. Nel corso delle indagini sono emerse alcune aggressioni di tipo squadristico nei confronti di cittadini bengalesi, anche con l’uso di bastoni, a opera di soggetti non identificati, analoghe a quella verificatasi nel maggio 2012 nei confronti di un altro bengalese, per la quale erano stati arrestati due “camerati convinti”, come loro si definivano. E in un caso è stato accertato il possesso di armi da fuoco, usate per intimidire i militanti che avevano trasgredito le regole della disciplina interna».
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Il Ros ha firmato inchieste storiche sula mafia e sul terrorismo interno. C’è un filo che lega queste storie criminali?
«Il Ros per esempio ha arrestato nel 2017 il mandante e uno dei responsabili della strage di Piazza della Loggia, così come è impegnato in importanti indagini sullo stragismo di destra, pensiamo alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. La saldatura tra l’esperienza operativa nell’antiterrorismo e contro la criminalità organizzata porta a risultati straordinari. E spesso a scoprire intrecci e pericolose alleanze. C’è, per esempio, una complessa indagine che sta ricostruendo gli omicidi commessi dai Nuclei armati rivoluzionari. L’obiettivo è dare un volto agli autori dell’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana, per il quale sono stati condannati come mandanti i vertici di Cosa nostra».