Coronavirus, medici ancora senza protezioni: salta la fornitura di 4 milioni di mascherine
Le aveva annunciate il presidente della Lombardia. Ma la Regione sceglie la ditta sbagliata: ordine annullato. L'incredibile conflitto con lo Stato
Quattro milioni di mascherine contro il coronavirus annunciate dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana, non esistono. Così ancora oggi, a due settimane dall'esplosione dell'epidemia, nella regione che ne è l'epicentro ci sono medici di famiglia e della guardia medica costretti a visitare i pazienti senza le dovute protezioni contro il contagio.
Gli uffici del governo locale, dopo aver garantito la distribuzione giovedì 27 febbraio, hanno annullato l'ordine lunedì 2 marzo. Secondo la versione ufficiale, raccolta da L'Espresso, il «fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti». Ma secondo fonti della Protezione civile la Regione, volendo gestire la crisi in proprio senza la dovuta esperienza, ha scelto le ditte senza consultare gli elenchi aggiornati dalle prefetture lombarde: così le domande di acquisto sarebbero state inviate alle aziende sbagliate, che da anni non fabbricano o importano più i prodotti richiesti.
Fontana e la sua giunta Lega-Forza Italia-Fratelli d'Italia ammettono di aver scelto un fornitore che non era in grado di garantire l'ordine. Un errore che ha fatto perdere due settimane di tempo: cioè rischia di aver dato al virus altri quattordici giorni di vantaggio. La colpa viene data ad alcuni impiegati che avrebbero scaricato gli indirizzi dei destinatari da Internet. L'incidente avrebbe provocato anche un temporaneo rallentamento nella fornitura di tamponi per i test.
L'ufficio del presidente conferma: «L'ordine di quattro milioni di mascherine è stato annullato lunedì scorso dalla centrale di committenza regionale», è la risposta alle domande de L'Espresso, «in quanto il fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti. Sono stati perfezionati ulteriori ordini con una serie di altri fornitori per i quantitativi di mascherine necessari. L’acquisizione dei dispositivi sta avvenendo presso diversi operatori economici e, alla data di lunedì, abbiamo già ricevuto e distribuito 57.440 mascherine tipo FFP2; 22.620 tipo FFP3 e 496.600 chirurgiche».
La precedenza delle consegne ovviamente va agli ospedali e ai reparti di terapia intensiva. I medici di famiglia e le guardie mediche devono attendere. A loro però tocca il compito della prima diagnosi. E la mancanza di protezioni espone il personale sanitario e tutti i pazienti a un'estensione del contagio. La Regione Lombardia, nonostante 887 ricoverati finora, 209 malati in terapia intensiva e 73 morti, non ha mai chiesto formalmente al Consiglio dei ministri la dichiarazione dello stato di emergenza: così non deve cedere alla Protezione civile e alle prefetture la catena di comando. Ma il governo non sa come intervenire. Una disfatta dell'autorità che viene giocata di giorno in giorno sulla salute e l'incolumità di milioni di cittadini.
«Questa situazione e? intollerabile», protesta Paola Pedrini, segretaria lombarda della Federazione italiana medici di famiglia: «Vogliamo risposte chiare e provvedimenti efficaci, non possiamo continuare a mettere a repentaglio la salute nostra e dei nostri assistiti per inadempienze da parte di chi, invece, dovrebbe tutelare la salute di tutti. La situazione e? tanto piu? drammatica se si tiene conto del rischio di contrarre la patologia non solo per i medici di medicina generale, che rimangono i primi interlocutori per i pazienti, ma anche e soprattutto per gli assistiti piu? fragili con cui vengono a contatto quotidianamente. Nelle province dove la fornitura è avvenuta, i numeri non sono neanche lontanamente sufficienti a garantire le attività cliniche in sicurezza dei colleghi».
Perfino i tamponi non sono sufficienti: «Il tampone spesso non viene eseguito, nemmeno se il medico e? sintomatico», rivela Paola Pedrini: «È palese come l’eventuale positivita? di un sanitario operante sul territorio possa avere, in questo contesto, un impatto rilevante ai fini profilattici. Tralasciamo ogni polemica sull’esito dei tamponi effettuati da svariate autorita? locali senza che nessuno dei criteri richiesti per l’esecuzione del tampone fosse soddisfatto: purtroppo questo fa percepire una profonda distanza da parte delle istituzioni nei confronti di chi si trova in prima linea».
La distribuzione delle prime protezioni è tuttora in corso. Il medico di famiglia di una cittadina alle porte di Milano, dove in questi giorni sono stati registrati i primi tre contagi locali, descrive su Whatsapp la dotazione ricevuta: appena 10 mascherine e un camice monouso per oltre 1.500 pazienti. Una beffa. Nel 2019 Fontana aveva chiesto lo stato di emergenza perfino per i temporali estivi. Un provvedimento oggi necessario, ma che sottoporrebbe la gestione dei finanziamenti straordinari al controllo dello Stato. La Lombardia prosegue così nella sua strategia fallimentare sulla pelle di migliaia e migliaia di abitanti: «I cittadini via social ci hanno chiesto se possiamo distribuire le mascherine, ma al momento non siamo in grado di farlo», ammette candidamente l'assessore al Bilancio, Davide Carlo Caparini. In Regione sostengono che da quando è scoppiata l'epidemia gli operatori sanitari ne consumino 150mila al giorno: «Sui mercati anche internazionali», continua Caparini, «le mascherine hanno raggiunto prezzi stratosferici: i nostri tecnici le stanno cercando e ne abbiamo ordinato sei milioni».
Una gara tra regioni ad accaparrarsi mascherine è una figura indegna. Nemmeno i reparti militari di difesa Nbc-nucleare-batteriologica-chimica hanno saputo proteggere il Paese con un'adeguata scorta di rettangolini di tessuto-non-tessuto da legare davanti a naso e bocca. Dopo aver speso miliardi per formare una squadriglia aerea di F35 invisibili, per metterci a terra è bastato il virus di un minuscolo pipistrello.