In questa strada di Roma hanno abitato brigatisti rossi, terroristi neri e agenti dei servizi. Molti appartamenti della via sono collegati a società di copertura del Sisde
Nar, Brigate rosse, servizi segreti, super-poliziotti e familiari di neofascisti. Le nuove indagini sui mandanti e finanziatori della strage di Bologna stanno svelando incroci inquietanti tra terroristi e apparati dello Stato. E coincidenze sbalorditive. Via Gradoli 96 è un indirizzo passato alla storia perché nel 1978, all'interno 11, c'era il covo usato dai capi delle Brigate Rosse, Mario Moretti e Barbara Balzerani, nei primi giorni dopo il sequestro di Aldo Moro e la strage della scorta. Il covo fu scoperto quando Moro era ancora vivo, in circostanze anomale, dopo una precedente perquisizione interrotta.
CLICCA E LEGGINel 1998 l'ex senatore Sergio Flamigni ha rivelato che allo stesso indirizzo avevano sede ben
24 appartamenti intestati a società di copertura del Sisde, il servizio segreto civile, che nel triennio 1978-1980 era dominato dalla P2. Ora gli avvocati dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 hanno scoperto, recuperando gli atti dei vecchi processi ai terroristi neri, che una porzione dello stesso appartamento usato dai brigatisti (che fu diviso in due dopo il 1978) è diventata nell'autunno 1981 un covo dei Nar, utilizzato in particolare da Francesca Mambro, condannata per la strage di Bologna, e dal killer nero Giorgio Vale.
I Nar avevano un secondo covo nella stessa via Gradoli, al civico 65, che era la base di altri terroristi latitanti come Gilberto Cavallini, condannato in primo grado per l'eccidio del 2 agosto 1980. Da quei due covi, i neofascisti hanno organizzato una raffica di delitti collegati alla strage di Bologna: gli omicidi dei poliziotti che avevano scoperto le prime prove decisive contro i Nar e l'eliminazione dei loro stessi camerati che sapevano troppo e non condividevano la linea stragista.
Gli appartamenti di via Gradoli erano gestiti da un immobiliarista romano, inserito anche nelle società di copertura dei servizi, che ora è accusato di reticenza, cioè di nascondere ancora oggi la verità sui rapporti con i servizi segreti. Lo stesso immobiliarista, a partire dal 1985, ha curato la vendita di due appartamenti in via Gradoli 96 (e altri tre al civico 75) all'allora capo della polizia, Vincenzo Parisi, già direttore del Sisde.
Oggi via Gradoli è una strada privata chiusa da una sbarra. Ma già quarant'anni fa era il luogo meno indicato per ospitare covi di terroristi latitanti: una strada a senso unico, con uno stretto tracciato in curva a forma di U, con una sola via di fuga. Su un muro all'ingresso, oggi, campeggia una grande croce celtica.
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