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Ecco perché il cardinale Becciu si è dimesso. Soldi dei poveri al fratello e offshore: le carte dello scandalo. E il Papa chiede pulizia

di Massimiliano Coccia   25 settembre 2020

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Dopo la notizia dei fondi dell'Obolo di San Pietro usati per l'acquisto di un palazzo a Londra per 160 milioni, l'inchiesta sale di livello e punta su Angelo Becciu che avrebbe dirottato denaro delle elemosine verso fondi speculativi e favori alla famiglia. Ora Francesco ordina chiarezza e punizioni per i responsabili

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Una cosa corrotta «è una cosa sporca e un cristiano che fa entrare dentro di sé la corruzione non è un cristiano, puzza», disse Papa Francesco nel 2015. A vedere quanto sta maturando nelle pieghe dell’inchiesta per l’acquisizione da parte della Segreteria di Stato della Città del Vaticano del palazzo di Sloane Avenue a Londra, comprato nel 2014, che ha generato via via «un’enorme voragine» nei conti, la puzza della corruzione nelle stanze vaticane si sente forte in questi giorni.

L’utilizzo che è stato fatto dell’Obolo di San Pietro, un collettore di offerte e donazioni per le azioni sociali della Chiesa nei confronti dei poveri, è forse il simbolo di quanto il mandato apostolico sia stato tradito per una speculazione immobiliare e finanziaria; una speculazione che non rappresenta un caso episodico ma, come L’Espresso ricostruisce in queste pagine, un vero e proprio metodo che ha contraddistinto la Segreteria di Stato sotto la direzione del cardinale Angelo Becciu. Un modus operandi che non è mai piaciuto a papa Francesco il quale - mentre speculatori, broker e promotori finanziari giocavano con la cassa della Segreteria di Stato e dell’Obolo di San Pietro - tesseva infatti una rete di nuove norme e di sorveglianza per le finanze vaticane.

Il cardinale Becciu, 72 anni, sardo di Pattada, sostituto per gli Affari Generali dal 2011, rimosso dal suo ruolo da Papa Francesco il 29 giugno 2018 e “promosso” con la porpora Prefetto per la Congregazione della Causa dei Santi, nel corso del suo mandato ha affidato - singolare ma lecito - l’intera cassa vaticana al finanziere Enrico Crasso, ex Credit Suisse: si erano conosciuti qualche anno fa nell’ambito di un’operazione di acquisizione di petrolio angolano non andata poi a buon fine. Crasso, con la sua società (Sogenel Holding di Lugano prima e Azimut dopo), ha indirizzato gli investimenti vaticani verso fondi speculativi con sede in paradisi fiscali, soldi che fanno giri immensi e tornano con margini di profitto minimali rispetto all’azione speculativa complessiva (come viene evidenziato dal portfolio azionario della Segreteria di Stato di cui siamo venuti in possesso).
Le carte sulla gestione del portafoglio azionario finanziario della Segreteria di Stato Vaticana

Il “metodo Becciu” inoltre non si avvaleva solo di personaggi come Enrico Crasso, ma aveva anche un risvolto familiare. Secondo le carte che abbiamo visionato, il Sostituto della Segreteria di Stato avrebbe chiesto e ottenuto per ben due volte dalla Conferenza Episcopale Italiane e una volta dall’Obolo di San Pietro un finanziamento a fondo perduto in favore della cooperativa “Spes”, braccio operativo della Caritas di Ozieri, provincia di Sassari, di cui titolare e rappresentante legale è il fratello Tonino. Una modalità inconsueta da parte del cardinal Becciu, priva di rilievo penale, ma che racconta una disinvoltura che viene da lontano, come vedremo.

La cooperativa “Spes”, a seguito della prima richiesta datata settembre 2013, riceve 300 mila euro a fondo perduto per ampliare le proprie attività e per ammodernare il forno. Non è l’unico sostegno. Dopo il primo emolumento, per via di un incendio che ha investito un capannone, il cardinale nel gennaio del 2015 chiede di destinare alle casse della cooperativa altri 300 mila euro, nonostante successivamente la società gestita dal fratello beneficerà di un premio assicurativo ingente per il danno riscontrato. Gli emolumenti richiesti e ottenuti dal cardinal Becciu la Cei li attingerà dai fondi dell’otto per mille.

La terza e ultima richiesta parte nell’aprile del 2018 e chiede la somma di 100 mila euro, sempre a fondo perduto, per le attività concernenti gli adeguamenti delle strutture per l’accoglienza dei migranti. Questa volta i fondi non verranno però dispensati dalla Cei ma dall’Obolo di San Pietro, un fondo di diretto controllo da parte del cardinale Becciu.
Papa Francesco

La montagna di soldi che l’ex sostituto Becciu chiede e ottiene entra in un circuito familiare di difficile tracciabilità ed espone la Santa Sede ad un rilevante conflitto di interesse, tanto da far nascere molteplici proteste nel mondo della cooperazione sociale “bianca”, che denuncia più volte internamente l’inopportunità del legame tra chi dà e chi riceve.

Tutto viene coperto dal silenzio e dal tempo che passa. Ma il “metodo Becciu” affonda le radici in una prassi antica, con metodi da “affidamento diretto” sin da quando il cardinale era nunzio apostolico, una ventina d’anni fa: secondo quanto appreso da fonti interne della Santa Sede, a quel tempo infatti un altro fratello del cardinale, Francesco, titolare di una ditta di falegnameria, avrebbe arredato e ammodernato numerose chiese in Angola e a Cuba, dove il futuro cardinale è passato come nunzio, vicende avvenute molti anni fa quando non c’era nessun tipo di controllo sugli appalti e la prossimità familiare era prassi consolidata.

Inchiesta
Vaticano, «I milioni per i poveri in paesi offshore e per operazioni di dubbia eticità»
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Tornando all’oggi, un altro caso interessante è quello della società “Angel’s srl” (nel nome, forse, un tributo) che ha come rappresentate legale e socio di maggioranza col 95% un altro fratello del cardinale, il professor Mario Becciu, ordinario di psicologia presso l’Università Salesiana di Roma. Lo scopo sociale della società non però ha nulla a che vedere con le sue indubbie capacità accademiche: riguarda curiosamente la distribuzione specializzata e la consulenza nel food & beverage, con tanto di installazioni di sistemi automatici e prodotti per il settore negli hotel, impiantistica professionale per birra e bevande alla spina. Utilizzando il mercato della solidarietà, così come fa la cooperativa Spes di Tonino Becciu, la società di Mario Becciu ha prodotto ed imbottigliato la “Birra Pollicina”, una birra che attualmente non si trova in commercio e di cui non è possibile trovare alcune traccia nella distribuzione, se non in alcuni locali e su commesse opportunamente indirizzate da parte di enti ecclesiastici i quali, interpellati, hanno congiuntamente affermato che l’indicazione di acquistare i prodotti dalla Angels’s srl proveniva direttamente dal cardinal Becciu o da persone a lui vicine. In alcuni dépliant che vengono distribuiti si fa riferimento al fatto che la birra viene realizzata in modo solidale, facendo realizzare il prodotto a un numero significativo di persone con sviluppo atipico, in particolare modo di giovani autistici; ma, interpellata in modo informale per le vie brevi, la “Angel’s srl” dice di essere solamente rivenditrice del prodotto e di non sapere quale cooperativa o associazione svolga la formazione professionale, visto che nei documenti sociali la società, oltre una sede legale a Roma in via Ignazio Ciampi, ha un magazzino nella periferia di Tivoli.

Lorenzo Vangelisti
Parte dei proventi delle vendite dalla birra dovrebbero andare alla Caritas di Roma, che però non risulta avere una partnership ufficiale e consolidata con la società, come sarebbe prassi. La Angel’s srl è quindi una entità medio-grande che gestisce un buon fatturato annuo, con uno zoccolo duro costituito da operazioni a rischio zero, garantite dai buoni uffici del Cardinal Becciu. Una società che movimenta una buona quantità di contante, come tutte quelle del settore, che spesso sono difficili da tracciare proprio perché la trasparenza di un forte flusso di liquidità è difficile da ricostruire.

In definitiva, un altro conflitto di interessi al momento senza implicazioni legali, che però genera una scia di utili. Secondo quanto si apprende da fonti finanziarie, infatti, gli ingenti proventi costituiti dalle società dei fratelli del cardinal Becciu sarebbero in un secondo tempo stati strutturalmente reinvestiti all’interno di pacchetti azionari, holding e finanziarie di sicuro approdo, investimenti regolari a basso rischio che avrebbero fruttato una buona rendita, soldi che sarebbero stati collocati in fondi di investimento già collaudati da operazioni effettuate dalla Segreteria di Stato sotto la guida di Becciu, come dimostrano documenti del medesimo ufficio in nostro possesso.

Si nota, all’interno degli anni presi in esame, un ricorso strutturale ad alcuni fondi di investimento, che poggiano le proprie sedi in Lussemburgo o in Asia puntando su pacchetti B/H cinesi, a Malta come il Fondo Centurion che fa capo sempre ad Enrico Crasso il quale, in modo discrezionale, presenterà al cardinale Becciu Lorenzo Vangelisti, Ceo del Gruppo Valeur, un gruppo indipendente e attivo in asset management, advisory, trading, ricerca e real estate con sede a Lugano. (AGGIORNAMENTO 28 Settembre: qui la replica del gruppo Valeur)

Alessandro Noceti
Vangelisti ha agito assieme ad Alessandro Noceti, direttore di Valeur capital, già uomo di Credit Suisse a Londra, nella vicenda della compravendita del palazzo di Sloane Avenue. Un ex-consulente della società che abbiamo incontrato nei giorni scorsi ci ha raccontato di come Valeur Group, con la struttura di scatole cinesi, abbia «assicurato agli investimenti istituzionali della Segreteria di Stato, in passato, un’ampia capacità di nascondimento e transito: il caso della compravendita del Palazzo di Londra è l’ultima storia di una serie di investimenti dove la Santa Sede ha gestito male e perso molto, lasciando per strada centinaia di milioni di euro. Tutto questo non è nato solo per una cattiva gestione, ma per un piano consolidato alle spalle di Papa Francesco, nel quale il cardinal Becciu ha preferito conservare i propri interessi privati gestiti e conservati da Crasso e Vangelisti che adempiere alla politica chiara del Vaticano».

«Vangelisti e Noceti, protagonisti della vicenda londinese», continua l’ex consulente di Valeur Group, «temono di essere rintracciati dalle autorità vaticane, non perché ci siano chissà quali illeciti nella loro azione, visto che la speculazione è il loro lavoro, ma perché sanno bene che se in questa storia tiri un filo si svela tutto quanto, poiché i soldi della speculazione dell’affare londinese sono ancora nelle casse della loro società, così come i dividendi che tutti gli attori della vicenda hanno incassato, oltre che alle rispettive finanze private già fatte confluire negli anni passati».
Le carte sulla gestione del portafoglio azionario finanziario della Segreteria di Stato Vaticana

Secondo questo schema, confortato da documenti e carte contabili, la vicenda del palazzo di Sloane Avenue, Londra, è quindi il prodotto finale di una prassi operativa della conduzione delle finanze vaticane, dove gli agenti patogeni, gli interessi incrociati e i conflitti di interessi erano talmente evidenti da essere all’ordine del giorno. Un regno di colletti bianchi, avvocati, faccendieri, che nel corso degli anni ha fatto circolare soldi su una rete di fondi e società con capitali in paradisi fiscali, garantito riservatezza sugli affari personali del cardinal Becciu e della sua famiglia e determinato un meccanismo di ricatto che ha generato un buco di 454 milioni di euro. Una modalità che nella storia dello Stato più piccolo del mondo ha precedenti illustri, ma che tuttavia differisce dal passato perché l’azione di controllo interno ha determinato indagini e arresti che rispetto ai decenni precedenti sono avvenuti in modo tempestivo, grazie anche alle nuove norme anticorruzione volute da Francesco.

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Anche per questo, Gian Franco Mammì, direttore dello Ior, dopo la richiesta di 150 milioni di euro effettuata da Becciu con la traballante giustificazione dei “motivi istituzionali”, si è recato immediatamente dal Pontefice per chiedere se fosse a conoscenza di tutti i movimenti interbancari del Sostituto alla segreteria, sia sul palazzo di Londra, che sul crescente ascendente di Enrico Crasso sugli investimenti dell’Obolo di San Pietro. A quel punto Francesco ha richiesto il pugno di ferro contro i corrotti e i corruttori: «Voglio chiarezza su ogni aspetto, il recupero dei soldi per i poveri, il carcere per chi ha sbagliato». Da quel momento i promotori di giustizia, l’intelligence e le strutture anticorruzione lavorano per completare il quadro affinché «la puzza della corruzione» esca dalle stanze del Vaticano. Una volta per tutte.

AGGIORNAMENTO 28 SETTEMBRE: La replica del gruppo Valeur