Banche, imprenditori rovinati e avvocati amici: così il primo cittadino ha comprato una dimora storica pagandola metà del valore di mercato nella città simbolo della nuova destra

Casa, dolce casa. Il detto riconferma tutta la sua validità per il sindaco di Verona, che nell’acquisto dell’abitazione ha fatto un affare eccezionale: ha comprato un appartamento di 190 metri quadrati in pieno centro storico pagandolo meno di metà del valore di mercato. Una compravendita inserita in un’operazione immobiliare complicata e controversa, che ha provocato una serie di vertenze legali, ma finora era rimasta riservata.


Federico Sboarina, di professione avvocato, dal 2002 consigliere e poi assessore comunale, è sindaco di Verona dal giugno 2017. In questi anni la città scaligera, famosa nel mondo per la bellezza del suo centro storico, è diventata una capitale politica della destra sovranista. Sostenuto dalla Lega di Salvini, Fratelli d’Italia e Forza Italia, Sboarina è stato eletto con una sua lista civica, appoggiata pure da gruppi neofascisti, ma ha saputo conquistare anche molti ex democristiani. Il sindaco non è mai stato coinvolto in indagini giudiziarie, che avevano invece terremotato le amministrazioni del suo predecessore, l’ex leghista Flavio Tosi. Ora l’affare immobiliare è il primo a provocare commenti scandalizzati tra i pochissimi che ne sono informati.


La casa di Sboarina è descritta negli atti legali ottenuti dall’Espresso come «un appartamento signorile di 190 metri quadrati più soffitta», con «finiture di pregio», che occupa «il piano nobile di un palazzo storico» di grande bellezza. Si trova nella zona più pregiata del centro di Verona, vicino a piazza Erbe, che corrisponde al foro dell’antica città romana. Per rispettare la privacy del sindaco, non pubblichiamo l’indirizzo. Sboarina lo ha comprato tra la fine del 2016 e la prima metà del 2017: il preliminare viene stipulato poco prima della sua candidatura, il passaggio di proprietà si perfeziona durante la campagna elettorale, con vari passaggi tra banche e notai. Secondo le carte depositate in tribunale, lo ha pagato 450 mila euro: poco più di duemila al metro quadrato. Una perizia collegata a un prestito bancario (poi estinto) garantito proprio da quell’immobile gli attribuiva un valore di 950 mila euro. Nello stesso periodo, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, il costo dichiarato al fisco di un’abitazione nel centro storico di Verona oscillava da 2.250 a 5.600 euro al metro, con una media di 3.900. Oggi, nello stesso palazzo, è in vendita un altro appartamento con la stessa superficie di casa Sboarina, ma a un piano inferiore: il prezzo richiesto è di 950 mila euro netti.


Prima di essere ceduta al sindaco, la casa apparteneva a due immobiliaristi veronesi, marito e moglie, da trent’anni attivi nella compravendita di edifici di pregio. Ai tempi d’oro le loro società avevano ottenuto finanziamenti bancari per 16 milioni dal gruppo Unicredit, garantiti da ipoteche su tutte le loro proprietà, che secondo le perizie ne valgono almeno dieci. Quando esplode la crisi, la banca chiede il rientro. Nel 2016 i coniugi, per salvare almeno la propria abitazione, affidano pieni poteri a un mediatore, Alessandro Fasol, che si era conquistato la loro fiducia vendendo altri immobili. Nel nuovo affare rientra anche l’appartamento poi acquistato dal sindaco. Ma questa volta il risultato, per i due proprietari, è disastroso: la coppia, che a Verona possedeva decine di case di lusso, perde tutto e resta senza alloggio.


A gestire l’operazione con la banca è una società specializzata, Spv Project 1606, costituita nel 2016 a Milano e controllata da una holding con sede in Olanda. Quella società-veicolo acquista da Unicredit tutti i crediti nei confronti della coppia, insieme alle ipoteche sugli immobili, versando 3,1 milioni: un quinto del debito totale, un terzo del valore delle garanzie patrimoniali. Da quel momento è la Spv a sostituire la banca come creditore, mentre i proprietari vengono rappresentati dal mediatore.


All’inizio il sindaco di Verona non compare. Il preliminare per l’acquisto dell’appartamento centralissimo viene firmato da un imprenditore della provincia. È lui, nel novembre 2016, a indicare come acquirente finale «l’avvocato Federico Sboarina». I coniugi lo scoprono solo quando ricevono l’atto di cessione da un altro legale, che ha gestito l’affare. Si chiama Piergiorgio Grassi ed è uno dei sette avvocati dello stesso studio legale del sindaco.


Sboarina, con l’acquisto del preliminare, si impegna a pagare 630 mila euro. Nello stesso palazzo storico, i due coniugi possedevano un secondo appartamento, di 220 metri quadrati, con un valore di perizia di oltre 1,2 milioni. Anche questo viene ceduto dal mediatore, che dovrebbe fare gli interessi dei proprietari, a un prezzo inferiore di quasi un terzo: 880 mila euro. E a intestarselo è lo stesso imprenditore veronese, assistito dall’avvocato Grassi, che ha venduto l’altro preliminare a Sboarina.


I coniugi, a questo punto, si sentono traditi. Anche perché, stando agli atti depositati dai loro difensori nelle successive vertenze giudiziarie, i due acquirenti finali avrebbero beneficiato di un ulteriore sconto. Senza che i proprietari originari potessero più obiettare nulla. Anche il secondo ribasso ha una giustificazione legale: i prezzi vengono tagliati in cambio dell’estinzione anticipata dei mutui bancari. Il risultato, stando agli atti, è che Sboarina avrebbe versato, in totale, 450 mila euro. L’altro acquirente ancora meno. Quel fortunato imprenditore veronese, meno di tre mesi dopo, ha rivenduto il secondo appartamento a prezzo pieno: 1,2 milioni.


Nella convenzione che regola tutta l’operazione c’è una clausola drammatica: se la cessione del patrimonio della coppia non frutterà la cifra minima di 4,8 milioni, finirà all’asta anche la loro abitazione. Ma a vendere tutto non sono più i proprietari. E con la cessione di un’altra decina di loro immobili nel centro storico, la società Spv comunica di aver incassato solo 4 milioni. Dopo le elezioni comunali, nell’ottobre 2017, è l’avvocato Grassi a convocare i coniugi nello studio legale che condivide con il sindaco per informarli che perderanno pure la casa di famiglia, anch’essa in pieno centro, che vale almeno 1,2 milioni. Nel gennaio 2020 viene assegnata alla Spv, che la rivende subito a un altro acquirente: lo stesso avvocato Grassi. Il collega del sindaco.


Negli ultimi tre anni la coppia ha intentato diverse cause civili e perfino esposti penali per truffa contrattuale. Sboarina è però rimasto estraneo a tutte le vertenze: lui risulta solo l’utilizzatore finale di un contratto preliminare firmato da altri. Alla fine i giudici non dovranno neppure pronunciarsi: gli stessi coniugi hanno improvvisamente ritirato tutte le denunce. Di norma questo succede quando le parti firmano una transazione: un accordo per un rimborso. La coppia, interpellata tramite i difensori, non smentisce, ma chiede di non essere nominata.


Il Comune di Verona, intanto, ha approvato nel 2020 un «intervento di riqualificazione urbana» che interessa proprio l’area davanti alla casa del sindaco, con «rifacimento della pavimentazione» e «installazione di arredi appositamente studiati»: «un miglioramento», garantisce l’amministrazione guidata da Sboarina, «che andrà a vantaggio di tutta la città».