In un’intervista inedita il capo della P2 vide la sua nota con cui finanziava i terroristi neri e comprava la complicità degli apparati di sicurezza. Lo racconta un’inchiesta televisiva di “Spotlight” su Rainews24

Per un attimo il sorriso svanisce dal volto di Licio Gelli. Guarda un foglio che un giornalista inglese gli mostra. Sembra quasi che un fantasma si sia materializzato. «No, no, io… questo non lo abbiamo veduto e non lo hanno voluto vedere nemmeno i miei avvocati», risponde mentre allontana da sé quelle note, scritte anni prima di suo pugno. È il “documento Bologna”, conto 525779 XS. Una contabilità minuziosa di una partita di milioni di dollari, che oggi è al centro del nuovo processo sui mandanti della strage del 2 agosto 1980.


È questa la scena centrale dell’intervista inedita al capo della loggia P2, girata nel 2010 dal giornalista inglese Philip Willan, che il programma di inchiesta di Rainews24 Spotlight presenta per la prima volta all’interno del servizio “Prima della strage” (in onda domenica primo agosto, alle 9.30 e alle 21.30). Nessuno aveva mai chiesto a Licio Gelli conto di quel documento che la polizia elvetica gli sequestrò al momento del suo arresto a Ginevra nel 1982. È un documento, per il poco venerabile maestro, che lo riporta alla peggiore accusa nei suoi confronti: essere stato l’ispiratore, il finanziatore della della bomba che causò 85 morti.


C’è un secondo passaggio chiave nel video mostrato per la prima volta da Spotlight. Un nome, Marco Ceruti: «Era un amico mio, più che altro era il segretario del vice presidente del Consiglio della magistratura, Zilletti, che era iscritto alla P2, come pure Marco Ceruti era iscritto alla P2». Ceruti, per la Procura generale di Bologna che ha avviato l’indagine sui mandanti della strage tre anni fa, è stato l’uomo di fiducia di Gelli nella gestione dei soldi del conto Bologna. Lui avrebbe ricevuto i 5 milioni di dollari serviti - secondo l’accusa - a finanziare i Nar di Fioravanti e Mambro e a pagare i depistaggi dopo la strage. In alcuni appunti di Gelli, Ceruti è indicato con la sigla “M.C.”; a lui arriva, poco prima della strage, un milione di dollari in contanti. E sempre Ceruti, insieme a Gelli, era a Roma quando Valerio Fioravanti e Francesca Mambro sono di passaggio, due giorni prima dell’attentato alla stazione di Bologna. Non c’è al momento la prova di un incontro, ma su quella giornata passata nella capitale i due esponenti dei Nar hanno nel tempo fornito versioni contrastanti e inverosimili.


Morto Gelli, rimane Marco Ceruti, l’unico custode in vita di quei segreti. Nel 2018 la Procura generale lo ha interrogato per due volte, indagandolo alla fine per falsa testimonianza (la posizione è stata poi archiviata). La sua versione sulla gestione di quei soldi ricevuti da Gelli non convinceva i magistrati e, soprattutto, era in contrasto palese con altre testimonianze e riscontri. Anche per Ceruti quel foglio con le cifre del conto Bologna era un fantasma da allontanare.


Il processo sui mandanti è iniziato da alcuni mesi e la sua testimonianza è ritenuta chiave. Il 12 maggio era atteso in aula. Non si è presentato, inviando un certificato medico brasiliano. La Procura generale ha spiegato che secondo gli accertamenti della Digos Ceruti si trovava negli Stati Uniti, a un indirizzo sconosciuto. In altre parole, il testimone era sparito. Poco più di un mese fa ai magistrati bolognesi arriva la comunicazione che il cassiere di Gelli era in Ohio. Poi una seconda fonte ha indicato il Brasile, paese dove Ceruti gestisce una holding attiva nei trasporti cargo aerei. Vengono avviate le rogatorie, ma al momento per la giustizia italiana è irreperibile.
In realtà il testimone chiave vive in un lussuoso condominio della Florida, con splendida vista sul mare di Miami Beach. Questo è, secondo i database pubblici statunitensi consultati, il suo ultimo indirizzo noto. Spotlight lo ha individuato ed intervistato telefonicamente a lungo. Non ha nessuna intenzione di venire a testimoniare a Bologna: «Ho ottantatré anni (in realtà ottanta, ndr), sto bene, ma è un viaggio lungo». Di P2 non ne vuole neanche sentire parlare e quando gli viene ricordato che è lo stesso Gelli a confermare la sua iscrizione alla loggia riservata, ironizza: «Perché Gelli è ancora vivo? Non so… è morto, è vivo…». Sui soldi del conto Bologna continua a sostenere che erano parte di un pagamento per alcuni pezzi di antiquariato.


Mentre Licio Gelli agiva attraverso il conto Bologna, nella Roma del 1980 il gruppo criminale dei Nar cresceva. È una escalation terrificante. Alla fine di febbraio Valerio Verbano, appena diciottenne, viene ucciso nella sua abitazione, dopo che i suoi geitori erano stati legati e imbavagliati. L’unica rivendicazione ritenuta attendibile è quella dei Nuclei armati rivoluzionari, con un riferimento a un’arma non nota alla stampa. Non è uno dei tanti agguati contro i compagni. Verbano da almeno un anno raccoglieva con meticolosità informazioni sui terroristi di destra. Spotlight, nell’inchiesta “Prima della strage”, mostra per la prima volta il suo dossier, sparito nel nulla per anni. E proprio al gruppo di Fioravanti e Mambro Verbano aveva dedicato una lunga scheda, che evidenziava la pericolosità del gruppo.


In quei mesi un giovane magistrato, Mario Amato, stava ricostruendo quel mondo criminale, arrivando ad una “visione d’assieme”. Per due volte davanti al Csm ha lanciato l’allarme sui gruppi eversivi neofascisti, inascoltato. Il 23 giugno un commando composto da Gilberto Cavallini e Luigi Ciavardini lo uccise sotto casa, mentre aspettava l’autobus per andare in Procura. Ad organizzare l’agguato furono quegli stessi Nar che stavano preparando l’attentato del 2 agosto, come hanno ricostruito le indagini successive.
La chiave della bomba alla stazione di Bologna è in quei mesi che la precedono. Due storie parallele, solo apparentemente distanti. Mentre da Ginevra il gruppo di potere - strettamente legato ai servizi segreti militari dell’epoca - muoveva i soldi per le operazioni di copertura, a Roma dietro la ferocia di un gruppo solo apparentemente “spontaneista” si muovevano alleanze stragiste. Oggi, dopo quarant’anni, nell’aula della Corte d’assise di Bologna, quei due fili si incrociano.