Crimine internazionale
Più affari che fede, la tratta delle donne nigeriane passa per i pentecostali
Dalle indagini sui cult, le confraternite simili a cosche mafiose, emerge il ruolo delle chiese finanziate dai fedeli nella protezione dei traffici legati al giro della prostituzione
Pastori che invitano le vittime di tratta a non denunciare lo sfruttamento e a pagare il loro debito. Che ospitano gli incontri della rete criminale all’interno delle loro chiese pentecostali. Che a messa tengono sempre un posto in prima fila per le “madame” o per gli affiliati alla mafia nigeriana. In Nigeria, alcuni pastori addirittura mettono in contatto i trafficanti con le donne che poi vengono portate in Europa e costrette a prostituirsi. Quella delle chiese pentecostali è una zona grigia a metà tra legalità e illegalità: diverse associazioni, esperti e magistrati la raccontano come se fosse il segreto di Pulcinella.
«Nelle indagini, abbiamo riscontrato più volte che i soggetti affiliati si ritrovassero nelle chiese per fare le proprie riunioni», spiega il magistrato Stefano Orsi, già pm della Direzione distrettuale antimafia, poi passato alla procura generale della Corte d’appello di Bologna: «Spesso i pastori provano a convincere le ragazze sfruttate a non sporgere denuncia, o comunque a trovare un punto d’incontro con la madame senza arrivare alla rottura. C’è una situazione di estrema contiguità, che fa pensare».
In numerose inchieste è emerso il coinvolgimento dei pastori pentecostali nel reclutamento delle ragazze in Nigeria. La procuratrice del tribunale di Catania Lina Trovato che da anni indaga sul fenomeno della tratta, racconta: «I pastori mettono in contatto le ragazze con la madame e percepiscono un corrispettivo. Le ragazze vedono il pastore come una buona persona, si fidano e così entrano nella rete: lo abbiamo appurato varie volte con le intercettazioni, ma anche con le testimonianze di alcune vittime». Storie che vengono raccontate da fonti diverse ma che si assomigliano tutte, e che vengono confermate da varie associazioni su tutto il territorio nazionale, tra cui il progetto Oltre la strada, la cooperativa Liberazione e speranza, il progetto Maddalena e l’associazione Donne di Benin City.
Negli ultimi anni, alcuni pastori sono stati processati per aver messo in contatto le ragazze che frequentavano la loro chiesa con le madame. In Nigeria, nel 2017, Endurance Ehioze è stato arrestato per il presunto coinvolgimento nel traffico di ragazze in Russia. Nello stesso anno, in Sud Africa, il nigeriano Timothy Omotoso è stato imputato con quasi cento capi d’accusa, tra cui traffico di esseri umani, stupro e racket. In Francia, nel 2019, il pastore Stanley Omoregie, anche lui nigeriano, è stato processato per aver trafficato sette ragazze tra i 17 e i 38 anni: è accusato di sfruttamento della prostituzione aggravata e schiavitù.
In Italia invece non c’è ancora stata un’indagine specifica sulle possibili complicità tra le chiese pentecostali e i trafficanti di esseri umani . Eppure, il nostro è il Paese che più di tutti in Europa ha perseguito i cosiddetti “cult”, le confraternite nigeriane, grazie all’ordinamento che prevede degli strumenti speciali nella lotta alle organizzazioni mafiose. Da Torino a Catania, passando per Brescia, Bologna, L’Aquila, Castel Volturno, Palermo, molti membri delle confraternite sono stati condannati per mafia.
Gianfranco Della Valle, responsabile del Numero verde antitratta, afferma che sulla questione delle chiese c’è un problema di omertà: «Il rapporto ambiguo tra le chiese pentecostali e la tratta è molto simile a quello che c’era negli anni Ottanta tra la chiesa cattolica e la mafia italiana. Come allora, anche nelle chiese pentecostali di oggi si riuniscono insieme a messa sia le vittime che i criminali, e i mafiosi in certi casi danno soldi per sostenere le attività religiose o per restaurare l’edificio».
Al mondo, oggi, ci sono più di 640 milioni di fedeli pentecostali: solo in Nigeria si contano più di 500 chiese, alcune delle quali hanno ramificazioni anche in altri Paesi. In Europa, la rete Pentacostal european fellowship mette insieme 60 movimenti in 37 Paesi. In Italia, i pentecostali sono il gruppo nigeriano maggioritario subito dopo i cattolici, secondo il rapporto Immigrati e religioni in Italia.
I pastori nigeriani sono figure carismatiche, con una forte leadership e una grande capacità di trascinare la comunità. Per diventare pastore bisogna sentire la chiamata dallo Spirito santo: basta un sogno, una premonizione o un evento rivelatore, oppure riconoscersi poteri di guarigione o di premonizione, o anche ricevere l’investitura da un altro pastore. Anche le donne possono diventare pastore e aprire una propria chiesa. «In Italia esistono due tipi di chiese pentecostali: quelle che dipendono dal quartier generale in Africa, che sono una sorta di “succursale” della casa madre, e quelle che nascono spontaneamente da un nuovo pastore che improvvisamente riceve il dono dello Spirito santo», spiega Annalisa Butticci, antropologa esperta di religioni e diaspora africana della Georgetown University.
Ufficialmente, le chiese pentecostali vengono registrate come associazioni che svolgono attività di culto: questo dà la possibilità di fondarne di nuove – e di chiuderle – con grande facilità. Per finanziarsi, queste organizzazioni ricorrono alle offerte dei fedeli: la più importante è la “decima”, che consiste in un decimo del proprio guadagno. «Ci sono pastori che hanno anche un altro lavoro e che non dipendono dalle offerte, mentre altri contano sulle donazioni per mantenersi», racconta Butticci. La decima lega così la sopravvivenza delle chiese ai propri finanziatori. «I pastori hanno un certo interesse ad accogliere anche le madame o i membri dei cult, il cui apporto economico è ben più determinante di quello delle donne sfruttate, visto che guadagnano molto di più», spiega Nino Rocca, che è stato tra i fondatori del coordinamento antitratta Favour e loveth.
Oltre a questo, nel pentecostalismo vige la concezione protestante del successo economico come segno della grazia divina: più sei ricco, più sei benvoluto dal Signore, a prescindere da quale sia la fonte dei tuoi guadagni. Stefania Russello, coordinatrice del progetto Maddalena della Casa dei giovani di Palermo, che fa parte della rete nazionale antitratta, racconta che un pastore una volta le ha detto di voler accogliere tutti nella sua chiesa: sia le pecore bianche che le pecore nere. «Io accompagnavo una ragazza che era entrata in un percorso protetto: il pastore mi disse che non avevo nessun diritto di consigliarle di non frequentare più la chiesa solo perché lì c’era anche la sua madame. Successivamente offrì un lavoro alla ragazza, e alla fine lei lasciò il nostro percorso. Adesso quella chiesa non esiste più».
Non tutti i pastori però sono uguali: c’è anche chi denuncia le attività criminali e aiuta le donne a uscire dallo sfruttamento, mettendole in contatto con le associazioni antitratta. È il caso della pastora Princess Okokon, che ad Asti ha fondato la chiesa pentecostale Liberation foundation international ministry: «Tante volte, durante la messa, ho raccontato la mia storia: anche io avevo una madame, anche io mi sono dovuta prostituire, anche io sono stata picchiata e minacciata. Alla fine mi sono ribellata e ho denunciato: io sono l’esempio vivente che si può sopravvivere anche senza pagare il proprio debito. Durante l’omelia dico esplicitamente di non trafficare esseri umani e di non compiere attività illecite: le madame si innervosiscono e se ne vanno, ma a me non importa». Nel 1999 Okokon ha aperto l’associazione Piam Asti, per supportare le vittime di tratta, dove oggi lavora come mediatrice.
Attualmente, il numero delle migranti nigeriane che entrano in Italia è fortemente diminuito: i dati del Numero verde antitratta mostrano che il picco di entrate si è raggiunto nel 2016, con 11mila ingressi, per poi passare a 5.400 nel 2017, 324 nel 2018, 41 nel 2019, 82 nel 2020, e 215 nel 2021. Parallelamente, anche molte chiese pentecostali hanno chiuso o si sono trasferite altrove. L’emblema di questa tendenza è la città di Castel Volturno, dove è cresciuta una delle più grandi comunità nigeriane d’Italia, che fino a pochi anni fa ospitava più di 40 chiese pentecostali. «Oggi ne sono rimaste pochissime e allo stesso tempo non si vedono più donne che si prostituiscono in strada: viene spontaneo pensare che le due cose siano legate», afferma Vincenzo Ammaliato, giornalista de Il Mattino.
Secondo alcuni, questa diminuzione potrebbe essere dovuta all’intensa attività di repressione dei gruppi criminali nigeriani che si è svolta negli anni precedenti alla pandemia. «La magistratura era riuscita ad arrestare molte persone, e così probabilmente molto ragazze sono state spostate in altri Paesi d’Europa, dove l’organizzazione criminale pensava di poter agire indisturbata», spiega la procuratrice Trovato.
Quello che manca oggi, per contrastare in modo efficace la tratta di esseri umani e fare luce sul ruolo di alcune chiese pentecostali, è un coordinamento che metta insieme i soggetti che si sono occupati negli anni, a vario titolo, di contrastare i gruppi criminali nigeriani. Lo spiega Fabrizio Lotito, che è stato coordinatore della Squadra anti tratta (Sat) di Torino e che oggi è consulente del comitato Mafie straniere in Commissione parlamentare antimafia: «La mafia nigeriana è la quinta più potente al mondo, ma ancora si conosce pochissimo. È un fenomeno molto fluido, che cambia velocemente: è necessario costituire un gruppo specializzato con il compito di seguire da vicino queste attività criminose, altrimenti ogni volta le indagini devono ricominciare da capo».
Inchiesta realizzata in collaborazione con Irpi media grazie a un finanziamento di Free press unlimited