Portali, archivi digitali, tutorial e chat con i prof. E, sull’alternanza scuola – lavoro, la richiesta di stage veri, sicuri e retribuiti. Ecco le proposte che arrivano direttamente dagli studenti

«Immaginate una piattaforma digitale per navigare tra i programmi ministeriali: matematica, storia, fisica, filosofia. Un luogo virtuale dove recuperare le lezioni perse, trovare appunti dei professori e ascoltare un docente capace di spiegare gli integrali meglio di quanto sappia fare la mia professoressa. Pensate a un canale YouTube dello studente basato su fonti certe, perché validato dal ministero».

 

L’idea di Federico Alimenti, rappresentante d’istituto della scuola superiore Peano Rosa di Teramo, in Abruzzo, viene accolta dall’assemblea con un’ovazione. È la mattina di sabato 5 marzo e a Milano, al numero 30 di viale Cassala, si sono dati appuntamento i rappresentanti di cento licei, istituti tecnici e scuole professionali arrivati da tutto il Paese.

 

Ad accoglierli è ScuolaZoo, una specie di sindacato degli studenti nato per denunciare la cattiva istruzione e aiutare ragazze e ragazzi a cambiare il mondo della scuola dall’interno. La società milanese è poi diventata una rete digitale che oggi mette in contatto studenti di tutta Italia e che comprende un media brand - con 4,1 milioni di follower su Instagram e più di 700mila utenti su TikTok -, una testata giornalistica, un consulente per i rappresentanti d’istituto, un diario, un tour operator. La sede, un gigantesco open space, si trova in un ex opificio non troppo distante dal Naviglio Grande. Ci sono scrivanie multimediali, un’area relax e sale riunioni ispirate a giochi di ruolo e a videogiochi del passato, come Pac-Man e Mario Bros. 

È qui che i rappresentanti d’istituto si sono dati appuntamento per disegnare la scuola del futuro. Due i temi all’ordine del giorno: l’alternanza scuola-lavoro e la Didattica digitale integrata (Ddi), diversa dalla Didattica a distanza (Dad), perché è la modalità di insegnamento virtuale che combina lezioni online e dal vivo, ancora oggi usata per gestire le assenze dovute al Covid-19.

 

L’obiettivo degli studenti è istituzionalizzare l’utilizzo della didattica digitale attraverso una proposta di legge da presentare al Parlamento. Perché è vero che due anni di lezioni a distanza hanno isolato gli studenti e ampliato le disuguaglianze, ma la Dad ha anche costretto scuole, professori e il ministero dell’istruzione a confrontarsi con le nuove tecnologie. Un aspetto a cui i giovani non vogliono rinunciare: «Mi capita spessissimo di cercare una lezione su YouTube, per chiarirmi le idee. Per noi è una modalità di studio. Perché il ministero non dovrebbe dotarsi di un portale per pubblicare video accurati, dispense, ricerche, così da aiutarci a studiare?», si domanda Francesco Alimenti.

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Via via che si susseguono gli interventi prende forma un futuro della scuola fatto di tecnologia, informazione digitale e maggiore proiezione verso il mondo del lavoro

 

Sull’alternanza si va dritti al punto. A gennaio Lorenzo Parelli, un ragazzo di diciott’anni, è morto schiacciato da una trave nell’ultimo giorno di tirocinio in un’azienda metalmeccanica in provincia di Udine. A febbraio un altro studente in stage, Giuseppe Lenoci, è morto in un incidente stradale ad Ancona. Gli studenti sono scesi in piazza. «Il problema non è l’alternanza scuola-lavoro, ma il lavoro in sé e com’è strutturato. A cambiare deve essere il mondo del lavoro, non la presenza dei ragazzi nelle aziende, che deve però essere meglio regolamentata. Servono misure di sicurezza per i dipendenti e quindi anche per gli studenti in stage», dice Samuel Mario del liceo Galileo Galilei di Cosenza, che ricorda come sulla Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza elaborata dal Miur, sia previsto l’obbligo di rispettare le misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, ma anche la presenza di due tutor, uno a scuola e uno in azienda: «Che lo studente non venga relegato a fare fotocopie, ma neppure sfruttato o posto in situazioni pericolose», conclude. 

Da anni gli studenti sostengono la necessità di corsi scolastici di sicurezza sul lavoro. E chiedono di rinnovare radicalmente l’alternanza scuola-lavoro, che in più di un’occasione si è rivelata fallimentare, gettando i ragazzi in condizione di sfruttamento o pericolo. Resta la voglia di mettersi alla prova: «Per ovviare al problema dei crediti da raggiungere e alla difficoltà di trovare un lavoro a tutti, la scuola ha predisposto dei pratici corsi online», racconta Beatrice Giambo dell’istituto tecnico tecnologico Copernico di Messina. «Nel filmato c’è un ingegnere che parla e tiene una lezione frontale di informatica. Ma non si può imparare la tecnica attraverso un video. È assurdo».

 

La pensa allo stesso modo Matteo Filosa dell’istituto alberghiero di Napoli: «Prima della pandemia ho avuto l’opportunità di lavorare in un resort 4 stelle a Capri. Assorbivo consigli preziosi e imparavo aneddoti curiosi su Capri e le sue celebrità. Poi è arrivato il Covid-19, lo stage è stato sostituito da una video lezione. È deprimente, non serve a nulla». Le radicali posizioni di Beatrice e Matteo sono smorzate dai liceali: «Ho frequentato un corso di pilotaggio di droni e ottenuto il patentino. Chissà, in futuro potrebbe servire per trovare un’occupazione», dice Beatrice Bertolami del liceo artistico Alessandro Dal Prato di Mantova. Dal dibattito si delinea la richiesta al ministero dell’Istruzione di offrire agli studenti percorsi di formazione su misura di ogni studente. 

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«Il mio caso è un’eccezione. Lo stage me lo sono trovata da sola, da un commercialista. Ho lavorato per tutto il mese di luglio e ora mi è stato proposto di continuare il rapporto di lavoro», spiega Alice Plizzari, che studia ragioneria all’istituto Luca Pacioli di Crema e con le sue parole fa emergere due nodi dell’alternanza. Il primo è la retribuzione: «È giusto essere pagati se si svolge un’attività equiparabile a quella degli altri lavoratori. Mentre chi sceglie di frequentare corsi online non dovrebbe essere pagato», dice.

 

Secondo problema: «Lo sforzo degli studenti di trovare in autonomia uno stage, e moltissimi ci provano per davvero, spesso viene tarpato da docenti che non vogliono farsi carico della responsabilità di mandare un giovane in azienda. Troppo rischioso. Ecco perché i professori preferiscono avviare corsi online, mortificando il nostro dinamismo», conclude la ragazza. Così l’assemblea dei rappresentanti d’istituto propone l’assunzione in ogni scuola di uno o più docenti che si occupino esclusivamente dell’orientamento verso il mondo del lavoro e della creazione di percorsi di formazione per ciascuno studente.

 

«Servono normative più stringenti a tutela delle nostre richieste, affinché i progetti che presentiamo vengano accolti. Ad esempio, nel mio caso, avevo presentato al professore un progetto di stage a Milano, ma giocando sull’ambiguità della normativa, l’insegnante non mi ha concesso di avviare le pratiche per quello stage», dice Samuel Mario di Napoli. Nella Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza si dà la possibilità ai ragazzi di esprimere una valutazione al termine dello stage, ma non c’è alcun riferimento agli obiettivi formativi del percorso in azienda e non c’è neppure un codice etico che, per esempio, escluda le imprese colluse con la criminalità, quelle che sottopagano e sfruttano i dipendenti o quelle inquinanti.

 

Esistono poi scuole e professori che ritengono l’alternanza una questione seria, al punto da sostenere i ragazzi che propongono stage in aziende lontane dal territorio, anche fuori regione: «In questi casi la Didattica integrata digitale è una risorsa preziosa. Consente di non perdere ore di scuola», dice Chiara Zammuto dell’istituto tecnico industriale Galileo Galilei di Arezzo, dove studia chimica e materiali.

 

Ci sono però delle criticità: «Non tutti gli studenti possiedono un computer e una connessione abbastanza potente», continua Chiara Zammuto. Alla fine del dibattito, l’assemblea propone di inserire nella proposta di legge l’obbligo per le scuole di offrire computer in comodato d’uso gratuito agli studenti, nonché la possibilità di siglare accordi con le aziende del territorio per offrire modem, chiavette wi-fi e dispositivi di rete. «Le lezioni in classe devono restare la forma più diffusa di insegnamento, a cui affiancare la possibilità di partecipare da remoto per chi è in malattia o ha impegni personali», dice Camilla Tallia del liceo Luigi Einaudi di Bergamo, che continua: «Per esempio, le lezioni a distanza avrebbero permesso a un mio compagno, spesso impegnato in gare sportive a livello nazionale, di non perdere un anno di scuola». E ai tempi del terremoto di Amatrice, nel 2016, quando le scuole sono rimaste inagibili per lungo tempo, gli studenti avrebbero potuto raggiungere il minimo di ore di lezione previsto per legge, come racconta Federico Alimenti di Teramo. All’appello manca ancora la dimestichezza dei professori con le nuove tecnologie: «Alcuni insegnano con gesso e lavagna perché non sanno usare una whiteboard, altri non saprebbero come caricare i propri appunti su una piattaforma digitale. È incredibile», dice Camilla Tallia. 

 

Ma la didattica integrata può diventare molto di più. «Può per esempio consentire a una ragazza incinta di non dover abbandonare gli studi», suggerisce Azzurra Chiarelli del liceo scientifico Stanislao Cannizzaro di Palermo. «Può aiutare i ragazzi in Erasmus a gestire l’anno all’estero e il successivo rientro», afferma Gemma Porcu del liceo scientifico Galileo Galilei di Macomer, in Sardegna. E non sono solo questi cento ragazzi a pensarla così. ScuolaZoo ha avviato un sondaggio sulla Didattica digitale integrata a cui hanno partecipato un migliaio di studenti. Nove giovani su dieci hanno affermato che a scuola la Ddi esiste e viene utilizzata, ma in molti casi mancano gli strumenti minimi per renderla accessibile a tutti. Mancano computer e connessioni, eppure il cinquanta per cento è convinto che la Ddi possa diventare un nuovo metodo di fare didattica, che non dovrebbe sostituire l’insegnamento tradizionale, ma affiancarlo creando un grande portale digitale ministeriale per mettere in rete tutte le attività scolastiche e consentire al mondo dell’istruzione di evolversi.