La maxitruffa

Sorpresa, i milioni truffati dalla Lega non sono 49. Sono più di 60

di Gloria Riva   1 dicembre 2023

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Un esposto in Procura presentato da ex leghisti della prima ora, che si sono riuniti in un nuovo partito, potrebbe riaprire il caso. Stando alle carte analizzate da l'Espresso, Camera e Senato avrebbero negli ultimi quattro anni "dimenticato" di rivendicare le somme a loro spettanti

Sorpresa, i milioni sottratti dalla Lega non sono 49, bensì 60. A dirlo è la stessa sentenza del Tribunale di Genova che, se da un lato ha effettivamente ordinato il sequestro di 49 milioni, dall’altro calcola che il danno patrimoniale commesso dai vertici della Lega nei confronti del Parlamento è quantificabile in 60,4 milioni. Eppure, per il momento, lo Stato si limita a chiederne 49 al partito, da risarcire in comode rate da 600 mila euro in 81,6 anni, a interessi zero. Quanto è bella la pace fiscale per i politici italiani, gli stessi che, poi, per racimolare quattrini chiedono sacrifici agli italiani sotto forma di tasse.

Ad aprire un nuovo capitolo della saga dei 49 milioni è un gruppo di leghisti della prim’ora, fra cui Roberto Ceresa, Giuseppe Leoni, Stefano Stefani, Maria Teresa Baldini, che intende fare luce su alcuni aspetti del famoso processo che ha scoperchiato la maxitruffa perpetrata dai vertici della Lega Nord. Ha dapprima scritto ai segretari generali di Camera e Senato per sapere se il Parlamento ha dato il via al recupero di tutte le somme dovute e successivamente ha inviato un esposto alla Procura. Questo perché i 49 milioni equivalgono al denaro confiscato alla Lega, ma nella sentenza del Tribunale di Genova, confermata in Appello e Cassazione per gli effetti civili, c’è scritto che la truffa della Lega ha provocato un danno patrimoniale ai danni del Parlamento ben superiore: al netto dei 49 milioni, all’appello mancherebbero altri 11,4 milioni, di cui 992 mila già esigibili. Camera e Senato, che si sono costituiti parte civile nel processo, hanno rispettivamente chiesto un risarcimento da 22,6 e 37,8 milioni: e sommati fanno 60,4 milioni.

E la sentenza dice: «Le richieste devono essere accolte». Non solo, nella sentenza c’è anche scritto che potrebbero chiedere altri 5 milioni e rotti per danno non patrimoniale: se così fosse il conto complessivo salirebbe addirittura a 66 milioni. Eppure, scrivono gli avvocati della Lega per il Nord nella lettera alla Procura, «sono passati oltre quattro anni dal momento in cui le Camere avrebbero potuto iniziare sia l’azione esecutiva sia l’azione civile per l’esatta quantificazione del danno, come disposto dalla sentenza di Genova. Ma nessuna delle due azioni è stata intrapresa». Detto altrimenti, Camera e Senato, all’indomani della sentenza genovese della Cassazione, avrebbero dovuto avviare una serie di cause civili per entrare in possesso dei restanti 11,4 milioni, più gli altri 5 milioni, ma il Parlamento sembra essersi accontentato dei 49 milioni, che vedrà chissà quando.

Perché mai il primo atto del neonato partito della Lega per il Nord è quello di disseppellire l’ascia di guerra nei confronti della vecchia Lega Nord? Un indizio viene dal testo dell’esposto inviato alla Procura e che L’Espresso ha potuto leggere: «Questa difesa non riesce a decidere se sia più grave che in un momento di crisi economica lo Stato rinunci a cuor leggero a oltre 17 milioni di euro (senza contare gli interessi) o che vengano applicati dei criteri smaccatamente preferenziali motivati dalla sola appartenenza del debitore a un determinato schieramento politico».

Insomma, nel mirino della Lega per il Nord c’è la Lega per Salvini, quella che ha preso nome, simbolo e sede della vecchia Lega, ma non i debiti. Deve averlo capito anche il presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, sulla cui scrivania, oltre un mese fa, è arrivata la stessa richiesta dagli ex compagni di partito, che chiedono a gran voce se l’istituzione che rappresenta (la Camera, per l’appunto) abbia intenzione di fare valere le leggi e le sentenze della magistratura nei confronti della Lega Nord e a favore della cosa pubblica. Fontana, ovviamente, non ha risposto. Quindi la palla è finita in Procura. La prima palla.