Parenti serpenti
Agnelli Elkann, Del Vecchio, Caprotti e gli altri: le furiose guerre per l'eredità dei ricchi d'Italia
Babbi morti o incapaci, fratelli coltelli, madri e matrigne. Alcuni fra i maggiori gruppi italiani sono invischiati in faide per la successione. Patrimoni che valgono miliardi su cui spesso sono chiamati a decidere i tribunali. E che dimostrano l'arretratezza del nostro Paese e del nostro capitalismo
Non Dio, né la patria. L’unica cosa che conta è la famiglia. Vale per la politica, con un governo di fratelli, di sorelle, di cognati d’Italia. Vale a maggior ragione per una borghesia imprenditoriale che sa rinunciare al controllo delle sue aziende e non ha problemi a delocalizzare ma fatica a mantenere la pace fra gli stucchi domestici.
Parenti serpenti, film sottovalutato di Mario Monicelli, ha una trama che vale anche per i ricchi e i ricchissimi, con babbi morti o incapaci di intendere, seguaci di Caino, padri e figlie in versione Re Lear, senza contare affini e acquisiti, la moltiplicazione delle mogli, le sorellastre e i figliastri che fanno causa dopo avere incassato liquidazioni miliardarie.
I soldi, appunto. Per valutare l’enormità delle ricchezze private in gioco, quelle ufficiali e quelle imboscate, basta un confronto con gli stracci della contabilità repubblicana. La legge di bilancio è stata approvata il 29 dicembre e vale 28 miliardi di euro, inclusi i quattro miliardi recuperati da un concordato preventivo per le partite Iva che somiglia molto all’ennesimo condono fiscale. Nel mondo delle grandi eredità sono cifre da poveracci. Soltanto le due famiglie maggiori in lite per la successione, gli Agnelli-Elkann e i Del Vecchio, hanno una capitalizzazione di Borsa che supera i 100 miliardi di euro, quasi il doppio dell’Enel, prima azienda a controllo pubblico per valore di mercato.
Sotto il profilo imprenditoriale quel che resta della Fiat e il gruppo di Agordo vivono momenti molto diversi. Non abbiamo più un’industria automobilistica, ha notato Luca Cordero di Montezemolo in tv qualche giorno fa con toni polemici verso il suo ex datore di lavoro. In compenso, da quasi vent’anni è in corso una lite declinata in varie versioni tra gli eredi di Gianni Agnelli, morto nel 2003. L’epicentro del sisma è Margherita, figlia dell’Avvocato e madre di John, Lapo e Ginevra Elkann, oltre che di altri cinque figli dal secondo matrimonio con il nobile russo Serge de Pahlen. La famiglia appare in una scena iniziale del film autobiografico Magari, con regia di Ginevra e camei hitchcockiani di John e del padre Alain. I tre giovani Elkann, poco più che bambini, sono dediti a preghiere in antico bulgaro di fronte a un’icona ortodossa sotto l’occhio affettuoso della madre. I rapporti familiari oggi sono meno idilliaci. Margherita, dopo avere condotto una prima battaglia vincente sull’effettivo ammontare della successione paterna, che non includeva somme miliardarie depositate all’estero, contesta ai tre figli Elkann di avere escluso i fratellastri de Pahlen dal controllo di un gruppo che vale intorno ai 30 miliardi di euro di patrimonio netto grazie a Stellantis, Ferrari, Iveco, Cnh, Juventus, Gedi (ex editore de l’Espresso), The economist, Royal Philips. In cima alla piramide c’è Dicembre, la società di cui John ha il 60 per cento con Lapo e Ginevra al 20, e che controlla a scendere la Giovanni Agnelli Bv, l’ex accomandita, e la holding Exor Nv, trasferita anch’essa in Olanda nel 2016.
La lite più recente riguarda una dozzina di opere d’arte di Picasso, De Chirico, Bacon, Balla, Monet, stimate 2 miliardi di euro. Nascoste in un caveau di Chiasso, sarebbero poi sparite. Se ne sta occupando la Procura di Milano mentre il processo principale rimarrà a Torino dopo che la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso degli Elkann per spostare la causa in Svizzera, dove già ci sono due liti incardinate a Thun e a Ginevra.
Secondo i figli, la madre ha già ricevuto la sua spettanza di 1,2 miliardi. Margherita ha intenzione di insistere investendo sui suoi collegi di professionisti i ricavi di alcune storiche residenze degli Agnelli come la dimora romana con vista sul Quirinale e, a Torino, Villa Frescot e Villar Perosa. La valutazione d’insieme di questi immobili è nell’ordine di una cinquantina di milioni di euro. Giusto di che pagare le parcelle agli avvocati, sia detto senza iperboli. Manfredi Lefebvre d’Ovidio, nella sua causa miliardaria contro il fratello Francesco per un impero armatoriale, alberghiero e finanziario, si è vantato in un’intervista al Corriere della sera di avere vinto una sessantina di cause civili e penali sull’eredità del padre Antonio. I suoi legali saranno contenti.
Mentre la famiglia di Torino declinava insieme all’auto, alla chimica, alla siderurgia e all’industria italiana in generale, i giganti del boom economico venivano scavalcati da Leonardo Del Vecchio, nato a Milano da un commerciante pugliese di frutta scomparso prematuramente e cresciuto dai Martinitt, lo stesso orfanotrofio di Angelo Rizzoli senior. Alla sua morte nel 2022 Del Vecchio aveva conquistato l’impero mondiale degli occhiali e ha lasciato un patrimonio colossale di partecipazioni nella cassaforte lussemburghese Delfin e nella subholding Essilor Luxottica (Essilux), quotata a Parigi con lo stato francese per socio attraverso la Caisse des depôts et consignations, azionista indiretta anche di Stellantis.
La famiglia Del Vecchio controlla pacchetti strategici di Assicurazioni Generali (9,7 per cento), Mediobanca (19,8 per cento), Unicredit (1,9 per cento) e Covivio (26 per cento) per una capitalizzazione di 82 miliardi di euro, cresciuta di 20 miliardi negli ultimi diciotto mesi di rialzi borsistici. Dalla morte di Leonardo il valore netto di Delfin è aumentato di 7 miliardi. All’ultimo giro di dividendi gli otto eredi hanno ricevuto in due tranche 43 milioni di euro a testa su un utile netto complessivo di 640 milioni di euro. Con questi livelli di incassi, l’acquisto recente da parte di Leonardo Maria Del Vecchio, 28 anni, quarto figlio del capostipite, della Rolls Royce Phantom del padre al prezzo di 425 mila euro rientra nelle spesucce voluttuarie.
Insomma, ce ne sarebbe per tutti ma la quantità di denaro in circolo è una variabile indipendente rispetto alla litigiosità di eredi e legatari. Nel caso in questione, il salomonico fondatore aveva deciso di lasciare otto quote paritarie del 12,5 per cento in Delfin ai sei figli avuti da quattro madri diverse in un arco di quarantasette anni (Claudio, Paola, Marisa, Leonardo Maria, Luca e Clemente) più l’ultima moglie, Nicoletta Zampillo, e il figlio avuto da lei nel matrimonio precedente, Rocco Basilico.
Oggi la successione dovrebbe essere vicina a sbloccarsi. Finora concordano sul nuovo statuto in sette su otto, esclusa Marisa. Pare che la situazione si possa risolvere da qui all’assemblea del 24 aprile che nominerà il cda. Francesco Milleri, che ha ricevuto 270 milioni di euro in azioni, sarà confermato presidente e ad del gruppo. In quella data sarà noto anche il bilancio 2023 di Essilux che è stimato a quota 3,1 miliardi di utile netto, in crescita rispetto ai 2,86 miliardi del 2022.
Come nel caso dell’ex eredità Fiat, è finita davanti al tribunale penale anche la lite della famiglia Angelini, alla guida di uno dei maggiori gruppi farmaceutici italiani con marchi come Tachipirina e Moment entrati nel linguaggio comune. In questo caso, l’azionista di riferimento è ancora vivo. Ma Francesco Angelini, tifoso romanista e fanatico di bridge fino al punto di finanziare una squadra di rilievo europeo di cui era giocatore, ha problemi di salute che gli hanno procurato, nei termini della perizia psichiatrica, un deficit cognitivo non incompatibile con la sua idoneità a seguire gli affari. Il bisogno di un amministratore di sostegno ha giocato un ruolo importante nello scontro fra le sue tre figlie, avute da madri diverse: Maria Francesca, Maria Gioella e Thea Paola, la più giovane. Maria Francesca ha ricevuto 750 milioni di euro a titolo di liquidazione delle quote nella holding Angelini finanziaria e vive fra Roma e Montecarlo. Invece Gioella, 50 anni, ha denunciato Thea, 37 anni, per circonvenzione di incapace accusandola di manovrare il padre.
L’esposto è stato presentato nel dicembre 2019, alla vigilia della pandemia che ha portato i ricavi di Angelini da 1,68 miliardi ai 2,05 miliardi del 2022, con profitti netti medi durante il quadriennio 2019-2022 nell’ordine di un centinaio di milioni di euro. Lo scorso settembre la denuncia è stata archiviata a Roma e Thea è stata nominata amministratrice del padre. Dall’entourage di Gioella trapela malumore per il ruolo avuto nella vicenda dal marito di Thea, l’avvocato messinese Sergio Marullo di Condojanni, 45 anni. Marullo è ceo di Angelini industries e porta il nome del nonno che cedette all’Eni i terreni dove fu realizzata la raffineria di Milazzo e fu eletto senatore come indipendente con il Pci dopo un inizio nel Msi.
Francesco Angelini, 78 anni, che ha avuto Thea dalla sua segretaria, ha ancora diritto al 100 per cento degli utili della holding dove, come ha fatto Delfin con cifre superiori, ci sono investimenti in azioni Mediobanca e Unicredit per poco meno di 100 milioni di euro ai corsi attuali. Al momento, l’organizzazione della holding è bizantina. Il padre ha la maggioranza dei voti in assemblea straordinaria e la minoranza nelle assemblee ordinarie, dove comanda la figlia Thea. La battaglia non sembra finita.
Lo schema dei tre fratelli in lite è andato in scena anche per i supermercati Esselunga, controllati dalla holding Superit che nel 2022 ha sfiorato i 9 miliardi di ricavi consolidati con 63 milioni di utili in calo dopo il record di 266 milioni nel 2021. Il fondatore Bernardo Caprotti è morto nel 2016 pochi giorni prima di compiere 91 anni dopo una vita a combattere il pericolo rosso impersonato dalle Coop e una lunga amicizia con Silvio Berlusconi cementata da generosi finanziamenti a Forza Italia. Lui vivo erano iniziati gli scontri che hanno visto in prima linea il primogenito Giuseppe, 64 anni, nominato capo azienda e poi rimosso dal padre in modo traumatico come il figlio racconta nel libro sulla sua saga familiare uscito in ottobre (Le ossa dei Caprotti). La secondogenita Violetta, 61 anni, si dedica alla fondazione che porta il suo nome dopo essere uscita da Esselunga con la stessa liquidazione del fratello (915 milioni di euro), in parte contestata dal fisco. Il gigante della grande distribuzione è saldamente in mano a Marina, 46 anni, e alla madre Giuliana Albera, seconda moglie di Bernardo. A giugno 2023 l’azienda ha subito un sequestro ordinato dalla Procura di Milano per frode fiscale negli anni dal 2016 al 2021. Tre mesi dopo la famiglia ha versato 47 milioni di euro all’agenzia delle Entrate a titolo transattivo.
Si è conclusa da poco anche la lite interna agli Allegrini, fra i più noti produttori di Amarone della Valpolicella. Marilisa Allegrini è stata messa in minoranza e liquidata finanziariamente dai nipoti. È invece in corso la contesa per la Unichips finanziaria, holding che controlla marchi noti come San Carlo e Pai. Il caso ricorda quello di Angelini perché il fondatore, Alberto Vitaloni, ha 88 anni ed è afflitto da demenza vascolare dopo un ictus subito nel 2015. Il figlio Francesco, 61 anni, ha denunciato alla Procura di Brescia la sorella capoazienda Susanna, 57 anni, per circonvenzione di incapace, violenza privata, sequestro di persona e maltrattamenti. Lo schema societario vede le quote di Unichips ancora divise fra il padre e i due figli mentre non c’è traccia degli altri due fratelli Vitaloni, Michele e Nicola. Risulta non assegnata la piccola quota della madre, Laura Cozzi, deceduta nel 2016. Insieme al processo penale bresciano, che Francesco ha affidato all’avvocato Carlo Taormina, sottosegretario e deputato durante il governo Berlusconi II, è in corso anche una causa civile.
Fra le liti più pittoresche spicca quella del gruppo modenese Kerakoll, azienda dell’edilizia green che punta a circa 1 miliardo di ricavi grazie al superbonus. Il fondatore Romano Sghedoni e i figli Emilia e Fabio sono indagati dalla procura di Torino insieme al loro ex ad Andrea Remotti per una vicenda di spionaggio industriale che coinvolge Riccardo Ravera, già maresciallo dei Ros con nome in codice Arciere. Il terzo figlio di Sghedoni, Gianluca, liquidato con 300 milioni ha appreso dall’inchiesta di essere fra i soggetti controllati illegalmente.
Va detto che non tutti litigano. Ed è giusto lodare, come di rado sarà accaduto sulle pagine di questo giornale, la compostezza e l’unità della successione Berlusconi benché, alla morte del Cavaliere il 12 giugno scorso, molti scommettessero su uno scontro tra gli eredi, su un presunto testamento apocrifo, sull’opposizione tra Marina e Piersilvio contro i figli di Veronica Lario, Barbara, Eleonora e Luigi. L’eredità di affetti ha prevalso anche se i cinque hanno dovuto digerire i malumori non tanto per la donazione allo zio Paolo (100 milioni di euro) quanto per i lasciti a Marcello Dell’Utri (30 milioni) e a Marta Fascina (100 milioni). Una soluzione innovativa arriva dai quattro rami della famiglia Benetton che si sono appena divisi immobili per oltre 1 miliardo dividendoli in pacchetti assegnati per sorteggio. A volte basta una monetina.