Sanità

I call center della Lombardia? Restano nel territorio dei La Russa (in Sicilia) per altri sei anni

di Gianfrancesco Turano   22 marzo 2024

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In pochi mesi la giunta Fontana ha firmato tre provvedimenti da 400 milioni. Che mantengono a Paternò, la città di Ignazio e Romano, i servizi di prenotazione telefonica del Pirellone. Per conservare il consenso elettorale in Sicilia

A furia di costruire un modello che mette al centro i profitti dei privati in convenzione, la Lombardia guidata da Attilio Fontana è diventata una sorta di banca d’affari. La giunta opera come il comitato esecutivo di una holding in espansione sui mercati, maturi o depressi. Fra i secondi, spicca il Sud. E al Sud del Sud ci sono Calabria e Sicilia, partner ideali anche grazie ai governi amici di centrodestra di Roberto Occhiuto e Renato Schifani.

 

Le terre dell’emigrazione, sanitaria e non solo, si prestano bene alle triangolazioni più spericolate del neoliberismo che vede in ogni malato un elemento di progresso per il margine operativo. Si va dal factoring dei crediti “orali” delle Asp calabresi liquidati sulla piazza di Milano all’outsourcing dei call center lombardi a Paternò e Biancavilla, cintura etnea dove i fratelli paternesi La Russa hanno mantenuto un legame fortissimo e, secondo l’espressione di un attivista locale, «aleggiano».

 

L’aleggiare di Ignazio, presidente del Senato, e di Romano vice di Fontana, non si specchia soltanto nei centralini che producono occupazione e consenso elettorale. Il sindaco di Paternò Nino Naso, ex dell’Asp 3 di Catania, lo scorso 25 aprile ha oscurato i volantini del Pd ritenuti offensivi verso la seconda carica dello Stato che, notoriamente, ha un rapporto difficile con la Liberazione. Quanto ad Antonio Bonanno, sindaco Fdi di Biancavilla rieletto con maggioranza più che bulgara (81,4 per cento) nel 2023, lo scorso febbraio è andato in pellegrinaggio a palazzo Madama per una photo opportunity insieme al venerato patrono Ignazio e all’altro local hero, il senatore Salvo Pogliese, ex sindaco di Catania «sempre disponibile a promuovere interventi di sostegno per la città di Biancavilla», nelle parole dello stesso Bonanno.

 

Aleggia anche la Procura di Milano, che ha deciso di affondare il colpo sui rimborsi facili della sanità calabrese affidati a società insediate nel capoluogo lombardo e su una vicenda denunciata da l’Espresso, quelle delle ambulanze di seconda mano vendute dall’agenzia regionale lombarda Areu alle Asp calabresi. Il 29 febbraio scorso la Guardia di finanza ha perquisito l’azienda sanitaria di Cosenza, che accentra le operazioni di acquisto. I finanzieri hanno chiesto conto di venti veicoli con percorrenza da 170 mila a 220 mila km sbolognati per un prezzo medio di 30 mila euro l’uno. Non proprio l’affare del secolo per un sistema ospedaliero che ha dovuto assumere medici cubani e infermieri argentini per garantire il servizio basico. Ma la sanità in Calabria è commissariata da tredici anni e ha le mani legate. In Lombardia, invece, è un fiorire di iniziative.

 

Dal maggio 2023 all’ultimo provvedimento firmato il 6 marzo scorso, in nove mesi la giunta di Fontana e dell’assessore al welfare Guido Bertolaso ha finanziato appalti per quasi 400 milioni di euro che ruotano intorno all’assistenza telefonica. Sono una goccia nel mare magnum di 21 miliardi di euro messi a budget ogni anno, euro più euro meno, dal governo lombardo. Ma anche le partite laterali servono a mantenere in asse un sistema dove l’equilibrio dei rapporti con i privati in convenzione è essenziale.

 

Il primo capitolo è datato 26 maggio 2023, quando Fontana e Bertolaso hanno affidato 280 milioni di euro complessivi per sei anni ai gestori del front office dei centralinisti al servizio della Lombardia. I call center dell’area catanese sono stati riconsegnati al numero uno di Confindustria Trento Fausto Manzana, azionista della Gpi con i tre figli Dario, Sara e Sergio. Gpi si è associata con Comdata che da aprile del 2022 è controllata da Konecta Italia, filiale di un gruppo spagnolo che fattura 2 miliardi di euro all’anno. I lavoratori di Paternò e Biancavilla sono ridotti di un terzo rispetto ai 1500 posti di lavoro dei fasti pre-pandemici.

 

«L’offerta vincente si è aggiudicata la gara con un ribasso molto forte», dice Davide Foti che segue la trattativa aziendale per la Filcams-Cgil. «Gpi e Comdata volevano deroghe al contratto che noi abbiamo negato. Erano richieste abnormi, come quella che i lavoratori si pagassero i primi giorni di malattia. Adesso siamo fermi a una contrattazione nazionale. Gli integrativi sono in attesa ma a brevissimo dovrebbero esserci gli incontri di verifica. Sul territorio la situazione resta complicata. Nel catanese c’erano oltre diecimila lavoratori di call center. Poi c’è stato il fallimento di Qè, dove lo Stato ha dovuto pagare i tfr con il fondo dell’Inps. Infine si sono aggiunti i problemi di Almaviva».

 

Almaviva contact, controllata da Almaviva technologies della famiglia Tripi, è al centro di uno stato di crisi fra i più delicati a livello nazionale che coinvolge centinaia di addetti della cosiddetta “generazione mille euro”. Oltre seicento di loro sono in lotta per il posto dopo la chiusura il 31 dicembre 2023 del numero di emergenza Covid 1500 affidato ad Almaviva Contact dal ministero della sanità e svolto nelle sedi siciliane e calabresi, ma anche a Napoli, Roma e Segrate. L’accordo per l’accesso agli ammortizzatori sociali con ministero del lavoro e ministero del made in Italy non ha fermato i licenziamenti di inizio 2024.

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Ancora più drammatico è stato il fallimento dei call center chiamati prima Midica e poi Qè, con umoristico riferimento al dialetto siciliano. Meno divertente è la conclusione di questa avventura che si è saldata con un crac da 14 milioni di euro. Il processo penale è arrivato alla sentenza di primo grado il 21 dicembre 2023 con la condanna dell’imprenditore bresciano Patrizio Argenterio a tre anni e sei mesi per truffa e bancarotta.

 

Alle vicende di Midica-Qè l’Espresso ha dedicato un servizio nel 2021, generosamente ripreso da Report due anni dopo. Emergeva come Midica fosse di Gaetano Raspagliesi, marito di Emilia La Russa, sorella di Ignazio e Romano. La società dei call center etnei in affari con la Lombardia aveva sede a Milano nello studio del commercialista Massimo Enrico Corsaro, al tempo assessore regionale lombardo, poi deputato meloniano fino al 2020, quando ha rotto con il partito ma non con il suo mentore paternese. «Conosco bene Corsaro per antica e perdurante amicizia addirittura risalente ai nostri genitori», aveva dichiarato a l’Espresso La Russa, al tempo all’opposizione con Fdi.

 

Anni fa la gestione problematica dei contact center siciliani aveva portato a un impegno di ri-lombardizzazione da parte del predecessore leghista di Fontana, Roberto Maroni, che a fine mandato si era dovuto accontentare di una sedia nel cda del Gruppo San Donato (Gsd), numero uno della sanità privata presieduto dall’agrigentino Angelino Alfano. Dopo che Paternò e Biancavilla hanno ottenuto la conferma dei call center è arrivata la seconda operazione della giunta lombarda. È una cessione che ha portato in cassa 2,56 milioni di euro, pochi spiccioli, ma ha messo in sicurezza il back office dei telefonisti della Lombardia, delocalizzato anch’esso a Paternò come il front office.

 

La premessa di questa vendita è in una delibera di giunta del 21 dicembre 2021 quando Fontana, la sua vice con delega al welfare Letizia Brichetto Moratti e l’assessore al bilancio leghista Davide Caparini hanno varato il “piano di razionalizzazione delle partecipazioni”. Il back office, però, non sarebbe stata una partecipazione da razionalizzare perché non era una società ma uno dei servizi offerti dall’agenzia regionale Aria, il cui dg è Lorenzo Gubian, preso in piena pandemia 2020 dalla regione Veneto dove era responsabile Ict.

 

Nessun problema. Il back office dal nome chilometrico di Contact Center Service Design & Management o Ccsdm è stato convertito in srl a febbraio 2023 con Gubian amministratore. Quattro mesi dopo è partita la prequalifica per la vendita con l’obbligo specifico per gli acquirenti di garantire i livelli occupazionali e la sede a La Russa City. La base d’asta era 1,7 milioni e con un rialzo del 50 per cento a dicembre del 2023 ha vinto la romana Nethex Care del quarantenne imprenditore irpino Emanuele Hermes Candela. Nel suo team ci sono gli specialisti del settore Mirko Giannetti, ex Almaviva Contact, e Maria Persico, consigliera delegata di Soft strategy. Il terzo tassello è il più importante strategicamente per il futuro della sanità lombarda e dei tanti pazienti non lombardi che sono assistiti dal sistema regionale, soprattutto dai privati in regime di convenzione. Il 26 giugno 2023, sulla base di un progetto fornito da Aria un mese prima, la giunta ha deliberato di istituire il centro unico di prenotazioni o Cup. Le somme messe a disposizione sono di 51,6 milioni di euro per il periodo 2024-2029 tra attività di supporto, software e forniture Aria, che ha il ruolo di stazione appaltante. Poi ci sono altri 15 milioni di euro di integrazione software presi dal bilancio 2023. In tutto, poco più di 66 milioni.

 

Il 6 marzo 2024 la regione ha stipulato l’accordo con un raggruppamento di imprese. In testa c’è Engineering ingegneria informatica guidata dal banchiere del gruppo Intesa Gaetano Miccichè e da Máximo Ibarra, ex ceo di Sky Italia. Seguono Leonardo, Telecom, Inmatica, Nuvyta, Consis e Xenia Reply.

 

Da aziende di tale livello ci si potrebbe aspettare rapidità ed efficienza nelle soluzioni tecniche. Ma il Cup è partito in ritardo. «Il punto dolente è nei tempi che continuano a slittare dal 2023 al 2026», dice Carlo Borghetti, consigliere lombardo del Pd e membro della commissione sanità. «Lo dico da ingegnere informatico: non è possibile che ci vogliano altri tre anni per realizzare i nuovi software informatici. Il fatto è che Bertolaso si sta inimicando molti all’interno della maggioranza perché va nella direzione di quello che le opposizioni sostengono da anni: i privati in convenzione devono aderire al Cup mentre adesso il numero verde dà soltanto la disponibilità delle strutture pubbliche. Questo perché ci sono prestazioni di minore resa economica che i privati mettono in secondo piano rispetto a interventi con margini maggiori e vogliono scegliere loro che prestazione offrire. Ma spetta alla Regione fissare i volumi e la qualità delle prestazioni dei privati».

 

Il Cup è un problema politico dal quale dipendono le relazioni tra assistenza pubblica e privata. E non è detto che Bertolaso resti tre anni con tanta pressione dall’interno. L’ex responsabile della Protezione civile è arrivato in giunta dopo la rottura fra Fontana e Brichetto Moratti. In linea di massima anche lui è collegato al filone berlusconista che in regione ha sempre avuto il dominio sul ricchissimo budget sanitario grazie ai rapporti privilegiati del fu Cavaliere con i giganti del privato dal Gsd dei Rotelli all’Humanitas di Gianfelice Rocca. Adesso i rapporti di forza espressi dalle urne si sono nettamente spostati verso Fdi e verso il suo proconsole in Lombardia Romano La Russa. Bertolaso si è messo sotto l’ombrello protettivo del presidente Fontana, dunque di una Lega che fatica a reggere la scena con gli alleati-concorrenti meloniani e che pure, nella tornata di nomine di febbraio, ha tenuto le direzioni generali prestigiose del Policlinico di Milano con Marco Giachetti e del San Matteo di Pavia con Alessandro Venturi. Al momento, la soluzione è stata i call center siciliani in cambio di due dg. Anche così si governa la sanità più ricca d’Italia.