Tra questi Paolo De Castro del Pd, Pietro Fiocchi di Fratelli d'Italia. I leghisti Aldo Patriciello e Massimo Casanova. Un’inchiesta internazionale svela i conflitti d'interesse degli uomini di Strasburgo

Per capire quanto gli europarlamentari abbiano a cuore l'incarico a Strasburgo e prendano sul serio il tema dei conflitti d’interessi fra politica, attività economiche e ingerenze varie, basta leggere quanto scrive il leghista Danilo Oscar Lancini nella sua dichiarazione degli interessi privati dei deputati. Alla voce “Attività o partecipazione”, oltre a indicare un incarico da vicesindaco e consigliere al Comune di Adro, nel Bresciano, si definisce «cultore diretto della patata». Un vero burlone. Del resto, è l'intero Europarlamento ad aver preso con leggerezza il regolamento interno riguardante i conflitti d'interesse dei suoi membri, nonostante un anno e mezzo fa l'integrità e la trasparenza delle istituzioni europee sia stata messa fortemente in difficoltà dal Qatargate, la presunta corruzione di alcuni membri del Parlamento, che avrebbero ricevuto denaro e regali in cambio della difesa degli interessi del Qatar. Il caso del leghista Lancini è allarmante ed emblematico, perché racconta che sulla carta gli europarlamentari devono compilare parecchie dichiarazioni - sugli interessi privati, i patrimoni e, se del caso, la conoscenza di eventuali conflitti d’interessi, l’elenco degli incontri con lobbisti o rappresentanti di interessi o Paesi terzi, e la notifica della propria partecipazione a eventi organizzati da terzi - ma, nei fatti, i controlli sono scarsi e pochi parlamentari compilano con precisione i format. Lancini a L’Espresso, risponde: «Le nuove norme sulla trasparenza, volute proprio da alcuni di quei soggetti “beccati” in conflitti di interessi, aggiungono altra burocrazia e offrono solo a una giustificazione formale. All’ennesima domanda inquisitoria ho risposto con una simpatica provocazione».

 

L’organizzazione non governativa Aria per la promozione di politiche sulla sostenibilità, ha avviato l’inchiesta giornalistica internazionale #MEPsidejobs, per raccontare appunto il “secondo lavoro” dei Mep, cioè gli europarlamentari (76 gli italiani), coinvolgendo le testate Le Monde, El Confidencial, Paper Trail Media, De Tijd e L’Espresso, per verificare integrità e trasparenza delle dichiarazioni. Il quadro emerso dall’inchiesta è sconsolante: solo 2 parlamentari su 705 dicono di avere un possibile conflitto di interesse, di cui uno lo ha affermato per sbaglio, barrando la casella errata. Si conferma la statistica pubblicata da Transparency International: 7 parlamentari su 10 svolgono un secondo lavoro e 1 su 3 viene retribuito per questa attività, nonostante il salario da parlamentare europeo sia un signor stipendio: tra paga base e indennità supera i 15mila euro al mese.

 

Chissà, allora, cosa ha spinto un politico di rango come Paolo De Castro, in quota Pd e appartenente al gruppo dei socialisti (S&D), a conservare incarichi e poltrone che gli fruttano complessivamente 75mila euro l'anno. Almeno fino al 2023 ha fatto parte del Consorzio Grana Padano, che è tra le più grandi cooperative lattiero casearie d'Europa; più di recente è stato nominato presidente della Fondazione Filiera Italia, associazione attiva nell’agrobusiness e, fra gli altri, comprende soci come Coldiretti, McDonalds, Carrefour e multinazionali di peso. De Castro è anche presidente del comitato scientifico del think tank Nomisma che, fra i propri partner, conta la Fb&Associati, studio di lobby anche per conto di Japan Tobacco International e Nestlé. De Castro, membro della commissione Agricoltura, è stato nominato relatore del Regolamento europeo sulle Indicazioni geografiche dei prodotti alimentari e dei vini, tema di cruciale importanza per molti dei comitati in cui siede. In precedenza è stato uno dei motori di Farm to Fork che, nella sua versione finale, ha visto prevalere gli interessi delle grandi sigle agricole, fra cui Coldiretti. De Castro, che non si ricandida per le elezioni europee, dichiara di non avere alcun conflitto di interesse reale o potenziale e a L’Espresso spiega che quegli incarichi sono frutto del suo ruolo da professore universitario «e sono compatibili con la mia carica di parlamentare».

 

Paolo De Castro

 

Dall'altra parte dell’emiciclo, c'è un deputato chiassoso e Fratello d’Italia, Pietro Fiocchi: ha fatto parlare di sé perché, in vista della ricandidatura, ha tappezzato il Nord Italia con manifesti elettorali in cui imbraccia il fucile, prende la mira sul malcapitato cittadino e sembra quasi voler dire “O mi voti, o ti sparo”. In realtà stava solo sottolineando che lui, con le armi, ci è cresciuto: la sua famiglia ha fondato la Fiocchi Munizioni, fra i maggiori produttori mondiali di pallottole. Alle scorse elezioni, nella circoscrizione Nord-Ovest, si era bevuto i voti del Nord dati dagli italiani a Giorgia Meloni, che si era candidata, ma poi era rimasta a Roma (proprio come farà stavolta) e, con 9.500 preferenze, è volato a Strasburgo tra i banchi dei Conservatori e Riformisti Europei. Già presidente del consiglio di amministrazione di Fiocchi America e manager della Fiocchi Munizioni, è tutt'ora azionista della Giulio Fiocchi Spa. A Bruxelles si è occupato di dossier industriali, che potrebbero aver avuto un effetto anche sulle società di famiglia. L’Espresso ha scoperto che il conflitto d'interesse più grosso si è consolidato circa un mese fa, quando l’Unione Europea ha pubblicato i vincitori del bando Asap, Act in support of ammunition production, risoluzione a sostegno dei produttori europei di munizioni, che ha assegnato 3,6 milioni per la produzione di polvere da sparo alla Baschieri&Pellagri Spa, controllata dalla Fiocchi Munizioni. Al Parlamento Europeo si è occupato anche di caccia – e i cacciatori sono compratori di pallottole Fiocchi –  perché è membro della commissione Environment e ha prontamente agito in difesa degli impallinatori di fagiani, anche a scapito della protezione della biodiversità. Anche Fiocchi non ha sentito la necessità di indicare alcun conflitto d'interesse.

 

Il leghista Aldo Patriciello, storico imprenditore di spicco della sanità privata, siede nei banchi di Identità e Democrazia, è membro della sottocommissione per la sanità pubblica e ha lavorato al dossier sull’Agenzia europea per i medicinali e la strategia farmaceutica per l'Europa, presentando emendamenti in linea con le richieste della lobby farmaceutica. Patriciello, che presenta la sua quinta candidatura, non ha rilevato alcun conflitto d'interesse fra la politica e le sue attività, che insieme viaggiano benissimo, visto che una delle sue società (ceduta ai familiari a fine 2023), si è aggiudicata un finanziamento Pnrr. 

 

Per restare nell’alveo leghista, spicca il nome di Massimo Casanova, mister Papeete, re dei balneari in Riviera, amico caro di Matteo Salvini, che siede anche in commissione Turismo: «Nessun conflitto, anzi. La qualifica di imprenditore del settore è un valore aggiunto rispetto alla comprensione delle istanze», dice a l’Espresso. Lì ci sta anche Giuseppe Ferrandino di Azione (Renew Europe), che proviene da una famiglia di albergatori di Ischia. Federalberghi, quando sono stati eletti, ha inviato loro un «augurio particolare di buon lavoro».

 

Meritano una menzione speciale la leghista Silvia Sardone e la deputata di Forza Italia Lara Comi. Sardone, miss preferenze della Lombardia, ha sospeso qualsiasi incarico nel momento in cui ha messo piede a Strasburgo: ad esempio, è in aspettativa non retribuita dal suo lavoro alla Milano Serravalle tangenziale Spa. I suoi assistenti parlamentari, però, Barbara Mancari e Giuseppe Nicosia, sono rispettivamente presidente del cda e presidente del collegio sindacale della società di smaltimento rifiuti della città metropolitana di Milano, ZeroC. I due hanno incarichi anche nella società controllante, la Cap Holding spa, che gestisce gli acquedotti meneghini e i fanghi reflui. «La norma dice che l’assistente non deve poter mettere il parlamentare in conflitto d'interessi», spiega a L’Espresso l’avvocato Nicola Pietrantoni di The Good Lobby. La leghista è stata relatrice ombra di un regolamento per la riduzione dei vincoli annuali delle emissioni di gas serra e di una relazione sui rifiuti di imballaggio. Formalmente Sardone non ha alcun conflitto d'interessi e a L’Espresso precisa che: «Tutti i suoi collaboratori sono stati scelti in base alle loro capacità professionali e non si comprende come possano anche solo potenzialmente esercitare conflitto d'interessi». 

 

Silvia Sardone

 

Altrettanto raffinato il caso di Lara Comi, berlusconiana di ferro, che ha deciso di non correre più per le Europee. Comi, peraltro, è stata condannata a 4 anni e 2 mesi in primo grado al processo “Mensa dei Poveri” con l’accusa di corruzione, truffa al Parlamento europeo e fatture false. Pende su di lei l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Nella sua dichiarazione di attività private, dice di essere «dirigente presso una multinazionale italiana» e percepire 87mila euro l’anno. In una nota a piè di pagina precisa che si tratta di un’azienda del comparto sanitario. Contattata da L’Espresso, Comi racconta che, per tutelare la propria privacy, messa a dura prova da uno stalker (che effettivamente non le dà tregua) non fornisce il nome della società. Ma neppure la Commissione (contattata da L’Espresso con un accesso agli atti) è a conoscenza della misteriosa società per cui lavora Comi. Eppure, nel disciplinare sul codice di condotta c'è scritto che è necessario indicare «qualsiasi attività retribuita svolta parallelamente all’esercizio del mandato del deputato, compresi il nome dell’entità, nonché il settore e la natura dell'attività».

 

Fra i candidati di questa imminente tornata elettorale ce ne sono alcuni che, se entreranno in specifiche commissioni o avranno ruoli importanti nella stesura di alcuni regolamenti, potrebbero ritrovarsi in una posizione di conflitto di interessi. Ad esempio, se Anna Olivetti, che corre per FdI ed è presidente di Federfarma Gorizia, cioè l’associazione che rappresenta gli interessi dei farmacisti italiani, dovesse rientrare nella commissione Salute, in teoria dovrebbe dichiarare un possibile conflitto d'interesse o rinunciare all’incarico. 

 

Si candida con FdI anche l’ex vicepresidente di Regione Lombardia e già potente esponente della sanità lombarda, Mario Mantovani, che attraverso tre società controlla svariati beni immobiliari, case di riposo, strutture per disabili, ristoranti, centri benessere e attività turistiche. Anche in questo caso, se dovesse essere eletto e occuparsi di turismo o sanità, dovrebbe dichiarare un possibile conflitto.

 

Infine, con Forza Italia si candida Matteo Passoni, di Gorgonzola (Milano), «per difendere i legali detentori di armi e cacciatori», scrive nel suo programma elettorale. Passoni è titolare della Hi Tech International srl, specializzata in armi e hovercraft, mezzi anfibi adatti sia per i soccorsi, sia come motovedette per le polizie di frontiera e, fra i propri clienti, ha agenzie governative, Polizia ed Esercito. Un candidato interessante, soprattutto per i suoi rapporti con gli Stati Uniti e pe la sua società brasiliana che ha partecipato a delle gare per la fornitura di mezzi anfibi alla Polizia federale del Paese sudamericano. Anche in questo caso, un possibile conflitto di interesse dipenderà dagli incarichi che gli saranno assegnati.

 

Ai giornalisti di #MEPsidejobs, l’Ombudsman, organo che indaga sui casi di cattiva amministrazione, risponde: «I cittadini dell’Ue si aspettano che i loro rappresentanti eletti lavorino per loro conto e non per volere di interessi particolari o governi stranieri. Qualsiasi percezione che non sia così rischia di minare la fiducia delle persone nell’Ue e persino nella democrazia stessa. Avere semplicemente delle regole non basta: devono anche essere rigorosamente applicate».

 

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LA PRECISAZIONE
Egregio direttore 
L’Espresso cita il Consorzio Grana Padano che, secondo i suoi colleghi autori dell’articolo e probabilmente per dare maggiore enfasi ai loro ragionamenti: “è fra le più grandi cooperative lattiero casearie d’Europa”. 

Occorre precisare quindi che il Consorzio non è affatto una cooperativa, bensì è l’organismo di tutela del formaggio DOP Grana Padano, istituito per garantire il consumatore sulla  qualità e autenticità del prodotto. Il Consorzio Grana Padano non svolge pertanto alcuna attività di commercializzazione e non produce né formaggio, né utili né dividendi per chicchessia, e soprattutto ha pubbliche funzioni in merito alla DOP, pur essendo un organismo privato che vive dei contributi dei consorziati.

Affermare che il Prof. Paolo De Castro “ha fatto parte del Consorzio Grana Padano” è a nostro avviso assai fuorviante se non si specifica che – per espletare le proprie funzioni istituzionali - il Consorzio Grana Padano è affiancato da una Commissione Scientifica composta da professori universitari considerati i massimi esperti d’Italia sui temi a loro affidati. Ad ognuno dei componenti della nostra prestigiosa Commissione spetta da sempre un gettone di presenza/rimborso spese omogeneo tra i componenti e il Prof. Onorevole Paolo De Castro è indubbiamente il maggior esperto europeo sulle tematiche normative e regolamentari DOP e IGP e, come tale, fa parte della suddetta Commissione Scientifica, in modo assolutamente legittimo, trasparente e soprattutto noto a tutta la nostra filiera di 4.000 stalle e 150 caseifici, da oltre 15 anni. Tant’è che, pur cessando la carica di Parlamentare Europeo, farà ancora parte della nostra Commissione Scientifica per il quadriennio 2024/2027 nominata peraltro martedì scorso 21 maggio.

Ci tengo anche a puntualizzare che il Consorzio Grana Padano, rappresentando il prodotto DOP più consumato in Italia e nel mondo e di conseguenza il più imitato e il più evocato, è da sempre fautore di iniziative e provvedimenti a tutela di tutti i prodotti DOP e IGP e su questo tema risulta molto convincente nei confronti delle istituzioni preposte. L’autorevolezza e il peso del Consorzio Grana Padano sono tali quindi da non aver affatto bisogno di “comprare” consensi politico-istituzionali di alcun tipo.

Cordiali saluti.
Dott. Stefano Berni
Direttore Generale

 

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LA PRECISAZIONE /2
L'onorevole Lara Comi ha comunicato con una lettera Riservata Personale al Presidente del Comitato Consultivo sulla Condotta dei Deputati in data 14 novembre 2022 i riferimenti dell'azienda e del gruppo per la quale ha contratto rapporto di lavoro. In particolare, l'Onorevole ha anche comunicato che «... nell'ambito di tale gruppo societario, il ruolo dirigenziale da me ricoperto riguarda l'attività di coordinamento tecnico, amministrativo, informatico ed informativo per il controllo di gestione con riferimento esclusivo alla sola impresa attiva nel comparto sanitario. Ciò premesso, affiché l'esercizio anche dell'attuale mandato rimanga - come in passato - ancorato ad una condotta disinteressata, integra, trasparente, diligente, onesta, responsabile ed esente da eventuali conflitti d'interesse, anche solo potenziali, in via confidenziale, chiedo a codesto Comitato di vigilare la sussistenza di possibili elementi ostativi all'assunzione delle cariche proposte nelle sopra citate Commissioni parlamentari». Il funzionario interpellato dall'espresso non poteva conoscerla perché la lettera è nei suoi contenuti riservata (per la nota vicenda dello stalker). 

 

Ringraziamo l'Onorevole Lara Comi per la sua puntualizzazione, resta inalterata - come ampiamente evidenziato nell'inchiesta - la questione dirimente dell'efficacia o meno delle direttive europee e della potenzialità del sistema di controllo di vigilare sulle attività secondarie degli europarlamentari.