Perdiamo due metri quadrati al secondo di suolo, più di 70 chilometri l’anno. “L’edilizia selvaggia va fermata”, spiega l’urbanista Paolo Pileri. Cominciando dagli interessi politici trasversali

La crosta di cemento continua a espandersi in tutta Italia, ma un lume di speranza c’è ancora. «Oggi i cittadini sono molto più attenti di dieci o anche solo di cinque anni fa. Una volta ai nostri incontri pubblici veniva una minoranza di persone, le più sensibili ai problemi ambientali, che per fortuna esiste da sempre in ogni angolo d’Italia. Oggi c’è grande partecipazione di gente comune, vediamo persone disparate. E disperate. Di fronte all’annuncio dell’ennesima speculazione immobiliare o di qualche altro scempio ecologico, adesso i cittadini si arrabbiano. La classe politica dovrebbe cominciare a preoccuparsi di questa ondata d’indignazione popolare, che spesso diventa mobilitazione».

 

Paolo Pileri è professore ordinario del Politecnico di Milano. Insegna Pianificazione territoriale e ambientale. Come altri grandi urbanisti, è una strana specie di sognatore: teorizza una rivoluzione verde nell’edilizia. Propone di azzerare le licenze di costruire su terreni naturali e ne spiega le ragioni nel suo ultimo corso universitario: Usi del suolo ed effetti ambientali. Ha guidato il primo gruppo di ricercatori che hanno misurato la cementificazione del territorio con fotografie aeree, inconfutabili. Da allora fa parte del comitato scientifico dell’Ispra, che ogni anno pubblica il rapporto nazionale sul consumo di suolo. Pileri è anche un efficace divulgatore: scrive articoli e saggi, gira l’Italia per parlare in convegni e incontri. Il suo nuovo libro, in uscita a settembre per Laterza, ha questo titolo: “Dalla parte del suolo. L’ecosistema invisibile”.

 

Professore, partiamo dalle basi: che cosa è il suolo e perché è importante?
«È quello strato superiore di terreno naturale, in media da 30 a 50 centimetri, che fa vivere i prati, i boschi, le campagne, regola il sistema delle acque, rende possibile la vita. Il suolo è l’ecosistema invisibile che tiene in vita tutti gli altri ecosistemi, quelli visibili. Senza suolo non esisterebbe l’ambiente. Ma in Italia non c’è una legge che lo tuteli. Viene considerato poco o nulla perfino nelle valutazioni di impatto ambientale. E nei piani urbanistici continua a essere trascurato o ignorato. Si trovano accenni alla crosta terreste come bene comune in qualche legge regionale in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna. Ma sono norme di principio che non limitano niente: tutte patacche giuridiche».

 

Temperature medie registrate nei mesi estivi nelle diverse zone d’Italia tra il 2017 e il 2022

 

In Italia c’è un consumo di suolo spaventoso, che si aggrava da decenni. Più di mezzo secolo fa Antonio Cederna su L’Espresso denunciava la crescita abnorme della speculazione edilizia con l’immagine di una «crosta di cemento e asfalto» che va a ricoprire tutto.
«La cementificazione è un’emergenza nazionale, che non ha paragoni in nessun Paese civile. Si continua a costruire perfino in aree ad altissimo rischio di frane e alluvioni. Secondo gli ultimi dati dell’Ispra, in Italia vengono consumati più di due metri quadrati di suolo al secondo, per l’esattezza 2,25. In un anno sono spariti più di 70 chilometri quadrati di aree naturali, che corrispondono alla superficie edificata di Milano. Ecco, in una nazione già devastata da un’edilizia selvaggia, è come se ogni anno venisse costruita una nuova Milano».

 

Nei suoi studi ha dimostrato gli effetti nefasti della delega dei poteri urbanistici a migliaia di piccoli Comuni che possono autorizzare di tutto. Non sarebbe ora di approvare una legge urbanistica nazionale, con poche regole chiare, come il divieto assoluto di costruire in riva al mare, nei parchi o in zone pericolose? 
«Il professor Augusto Barbera, che oggi è presidente della Corte costituzionale, ci ha spiegato in un seminario che dovremmo prima di tutto riconoscere il suolo per quello che è: un ecosistema. Questo permetterebbe di attivare il famoso comma dell’articolo 117 che affida allo Stato la tutela degli ecosistemi. Ma in Italia siamo negazionisti. E l’autonomia differenziata sarà la pietra tombale: è previsto che anche gli ecosistemi passino alle Regioni. Di fatto, si continua a pensare al suolo come merce di scambio per attirare investitori e speculatori. Oggi l’urbanistica è la regolazione della rendita, il verde è un oggetto in vendita. Una buona politica dovrebbe avere il coraggio di azzerare il consumo di suolo: d’ora in poi si possono soltanto ristrutturare e recuperare gli edifici già esistenti».

 

Esiste qualche esempio di questa politica nuova?
«Bisogna cercarlo con la torcia frontale. A Calendasco, un piccolo Comune in provincia di Piacenza, un buon sindaco ha detto no ai padroni della logistica e ha salvato terra fertile, ottima per l’agricoltura. Bisogna parlare di atto eroico, perché in quelle zone, all’incrocio magico tra le autostrade A1 e A21, i capannoni dominano tutto: lì c’è la voracità logistica. Un altro esempio è Lauriano, in provincia di Torino, dove una sindaca non solo ha fermato il consumo futuro di suolo, ma ha cancellato anche aree già dichiarate edificabili. A quel punto è stata denunciata. E sotto processo penale ci è finita lei. Ma alla fine ne è uscita con un’assoluzione trionfale».

 

Entrambi erano sindaci del Pd.
«Esatto: lo erano. Ma sono rimasti isolati. La loro carriera politica è finita, non sono stati ricandidati. Almeno in Emilia e Piemonte, il partito preferisce candidare sindaci che non fermano il cosiddetto sviluppo edilizio».

 

E del governo Meloni che dice?
«Dico solo che l’ultima sua espressione è il decreto aree idonee per il fotovoltaico, che regala terreni alla speculazione energetica senza neanche uno studio, senza un minimo di analisi sulla fertilità dei terreni da ricoprire di pannelli, che si fa con un kit da pochi soldi. In Italia ci sono enormi quantità di capannoni dismessi e di case con i tetti inutilizzati. Ma fabbricare un impianto mostruoso nei campi costa molto meno che fare tante piccole centrali su edifici già esistenti. E i residenti in quei Comuni non ci guadagnano niente: l’energia pulita ha lo stesso prezzo di quella sporca. Quindi si arricchiscono solo gli speculatori energetici. In Sardegna la giunta Todde sta provando a opporsi, ma il governo ha già deciso di impugnare anche la norma regionale. Per l’agricoltura italiana la parola d’ordine è pannellizzare».

 

Suolo ricoperto da cemento e asfalto nelle diverse zone d’Italia. Fonte: rapporto Ispra

 

Lei è stato l’inventore di “VenTo”, la ciclovia destinata a collegare Venezia con Torino utilizzando argini e stradine di campagna, a costi bassissimi. Perché si oppone alla “ciclo-pedonale” del lago di Garda?
«Perché è il contrario di un progetto ecologico: cementifica anche le ultime spiagge, devasta perfino le scogliere a picco sul lago, ha costi folli che continuano a salire fino all’ultimo preventivo assurdo da oltre un miliardo di euro. E stravolge il territorio che dichiara di voler valorizzare».

 

Se la destra italiana non ha mai brillato per ambientalismo, ora anche le giunte di sinistra, da Milano a Bologna, da Firenze fino a Verona, sono accusate di cementificare le aree verdi, liberalizzare i grattacieli e ignorare la fame di case per studenti e famiglie normali. Le amministrazioni rosse, una volta, erano modelli di urbanistica: buon governo del territorio nell’interesse pubblico. E oggi?
«La politica lombarda della deregulation edilizia ha fatto scuola, ormai anche in Emilia è il privato a decidere dove, come e cosa si costruisce. Il perfetto assessore all’Urbanistica oggi è l’avvocato dei grandi immobiliaristi. Bisognerebbe ripartire dagli uffici tecnici, investire sulla formazione dei funzionari pubblici, riprogettare i centri urbani ascoltando i cittadini».

 

In molti Comuni, però, gli elettori premiano i politici del sacco edilizio. La crosta di cemento e asfalto finirà per seppellire tutti i nostri tesori naturali? 
«Non bisogna arrendersi. Oggi tanti cittadini, molti più che in passato, sanno che consumare suolo significa avere meno verde, ombra, aria pulita e spazio libero, hanno capito che il cemento e l’asfalto portano più calore, rumore, degrado e rischi di frane e alluvioni. Diversi politici di vari partiti, infatti, cominciano a usare la riduzione del consumo di suolo come slogan. Ma alle parole devono seguire i fatti. Il dissesto del territorio è una cronica emergenza nazionale, che si collega alla crisi climatica. Fermare davvero la cementificazione dovrebbe essere nell’interesse di tutti».