Accedere a visite e accertamenti in regime di Ssn è sempre più difficile. E con maggiore frequenza i cittadini ricorrono al privato non solo per le diagnosi, ma anche per gli interventi chirurgici

Le liste d’attesa? Sono un falso problema. Con tutti i soldi che questo governo sta lasciando nelle tasche degli italiani, per esempio grazie alla flat tax per i percettori di partita Iva, vuoi che un cittadino non si possa permettere una visita oculistica (privata) a soli 130 euro? E con tutti i quattrini risparmiati dagli evasori, per merito di una riduzione del numero di controlli dell’Agenzia delle Entrate, vuoi che un cittadino non possa permettersi una risonanza magnetica con contrasto (privata) a soli 560 euro? E poi, con quel gruzzoletto di 30 euro in più al mese racimolato dai lavoratori dipendenti, per merito della riduzione del cuneo fiscale, vuoi che i cittadini non possano permettersi di spendere 10mila euro per un intervento alla prostata in clinica (privata)? 

 

Del resto, per chi conta davvero, c’è la cassa previdenziale (privata, pure quella) –  che costa non meno di 200 euro al mese, trattenuti in busta paga –  e copre gran parte del costo degli interventi. I poveri? Per loro c’è la lista d’attesa del Servizio sanitario nazionale. Che non sta benissimo.

 

Nell’avanzata Lombardia, in un’analisi effettuata dai giornalisti de L’Espresso, si scopre che per effettuare un intervento di ricostruzione della cataratta in regime di Ssn, l’attesa è di un anno e mezzo. Mentre nel reparto solventi (ovvero a pagamento) di uno dei maggiori ospedali privati di Milano, l’attesa è di una settimana, alla modica cifra di 800 euro (per occhio). Il tutto rimborsabile grazie alla cassa previdenziale privata.

 

E chi non ce l’ha? O paga di tasca propria o attenderà i 18 mesi del Ssn. Non è un caso isolato. Siamo sempre nell’avanzata Lombardia e per un intervento alla prostata l’attesa è di due anni. Il paziente, arresosi di fronte all’aggravarsi della situazione, ha optato per l’intervento a sue spese. Costo complessivo: 10mila euro. La beffa? Quattro mesi dopo l’operazione viene contattato dall’Ospedale Niguarda di Milano e informato che si sarebbe liberato un posto in sala operatoria. Per cose più semplici, una mammografia programmabile, cioè da eseguire entro 90 giorni, l’attesa è di oltre un anno. 

 

Sanità
O pagano di tasca propria o non si curano più. Le liste d'attesa sono l'emergenza che il governo non sa affrontare
05-08-2024

 

Dall’altra parte dello Stivale, in Sicilia, per una visita fisiatrica, dopo un trauma alla caviglia con lesione del legamento, l’attesa è di 14 mesi. Privato? Quattro giorni. Cambio di scena, entriamo nel Lazio con una ricetta del medico di base: per una visita ginecologica e relativa ecografia programmabile c’è da attendere fino a metà 2025. Capita, nel Lazio, che l’abitudine a dirottare esami sul privato sia così consolidata da confondere i receptionist del Cup, Centro unico prenotazione, perché in più d’un caso, a fronte di una richiesta di visita in regime di Ssn, viene risposto che le uniche opzioni sono l’intramoenia (ovvero le visite private effettuate da medici che lavorano dentro ospedali pubblici) o una visita privata. Eppure l’articolo 32 della Costituzione dice che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività, ribadendo la gratuità del servizio.

 

Spostiamoci nelle Marche: una farmacista ci dice che non è possibile prenotare visite perché il sistema del Centro unico prenotazioni è stato hackerato, e comunque per un elettrocardiogramma urgente bisogna rivolgersi al privato, nel pubblico non c’è posto. E per un ecodoppler urgente? «Non c’è disponibilità. Richiami domani, magari si libera qualcosa», dice la centralinista, con cui siamo riusciti a parlare dopo due ore di tentativi. Anche in Puglia ci dicono «spiacente, non ci sono date disponibili» per una visita angiologica. In Piemonte, per un’ecografia della tiroide l’attesa è di 403 giorni. Per una mammografia 427 giorni, 351 giorni un primo appuntamento con il fisiatra. Sono numeri ufficiali, pubblicati nella sezione «amministrazione trasparente» dell’Azienda ospedaliera le Molinette di Torino e aggiornati a giugno 2024 e che non si discostano rispetto ai dati delle altre realtà pubbliche. 

 

La conferma viene dall’indagine sulle liste d’attesa e i Centri unici di prenotazione regionali, realizzata da Cittadinanzattiva: «I dati messi a disposizione dalle singole Regioni sono disomogenei e di difficile consultazione» e solo 9 Regioni su 20 forniscono l’aggiornamento a giugno 2024, fra cui Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria, Valle d’Aosta, Umbria, Friuli, Calabria e Alto Adige, più alcune Asl della Lombardia. Le restanti dieci Regioni, invece, forniscono dati fermi a maggio. Bandiera nera è il Molise, la cui statistica si ferma al 2023. L’omogeneità dei dati, un chiodo su cui Agenas e la Corte dei Conti hanno più volte battuto, è uno dei problemi che il decreto legge “anti liste d’attesa” del ministro della Salute, Orazio Schillaci, punta a risolvere, anche se non sarà affatto semplice intervenire a livello centrale su una materia che è prettamente di competenza delle Regioni. Di più, i dati non sono confrontabili: «Alcune Regioni offrono la percentuale delle visite effettuate nei tempi stabiliti dalla classe di priorità indicata nella ricetta medica; altre i giorni di attesa medi previsti; altre ancora la prima data disponibile, come fanno alcune Asl dell’Abruzzo», scrive il report di Cittadinanzattiva.

 

L’indagine si è poi focalizzata sull’analisi dei tempi di attesa, Tda, per sei prestazioni (visita cardiologica; pneumologica; ginecologica; oncologica; ecografia addome completo; mammografia). «Da Nord a Sud c’è una generalizzata difficoltà nel rispetto delle tempistiche previste dalle diverse classi di priorità. Ogni area d’Italia ha Regioni con andamenti che si possono definire buoni e altre tempistiche rispettate con una percentuale al di sotto del 20%, che risultano inaccettabili». Ad esempio, l’Asl di Pescara, che ha per lo più risultati buoni di rispetto dei tempi attorno al 90%, per tutte le visite da erogare entro i 10 o entro i 30 giorni mostra il fianco sul fronte delle visite programmabili, dove solo tre cittadini su 10 riescono a prenotare un’ecografia addome completo entro i 120 giorni. In Umbria solo un cittadino su tre riesce a prenotare un’ecografia addominale stando nella prescrizione dei 10 giorni, mentre per la visita oncologica i risultati sono molto migliori. Nella Asl di Bari in Puglia solo 9 cittadini su cento possono prenotare una visita pneumologica in classe B, ciè da effettuare entro i 10 giorni e non va meglio per gli esami cardiologici a Lecce.

 

Nonostante gli sforzi, non c’è stato un sostanziale miglioramento rispetto al luglio 2023. «Abbiamo confrontato i risultati odierni con quelli ottenuti nella precedente indagine, svolta esattamente un anno fa in Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia e Puglia: c’è un sostanziale equilibrio tra miglioramenti e peggioramenti, dimostrando come la situazione sia più o meno rimasta la stessa». 

 

A fronte di alcuni miglioramenti –  cresce del 25% la percentuale di pazienti che all’Asl Roma 4 riesce a ottenere una visita cardiologica in tempi brevi, migliora nettamente anche l’Asl di Bari per i Tda della mammografia (più 53%), e la pneumologia nell’Ausl Emilia Romagna (più 55%) – si registrano dei consistenti peggioramenti:  427 giorni all’As Ligure 3 per una visita cardiologica di classe P, rispetto ai 6 necessari nel 2023; erogate appena il 42% delle visite pneumologiche in classe B nell’ASL Viterbo rispetto al 100% dell’anno precedente; nell’Ausl di Parma si registra una riduzione del 12% nel rispetto dei tempi di attesa per una visita cardiologica. 

 

Sorprendono i dati della Calabria dove, a fronte di tante criticità segnalate dai cittadini, i tempi indicati nella piattaforma regionale mostrano una situazione di quasi eccellenza. Delle due l’una: o i calabresi non provano neppure a richiedere una visita in loco e si spostano altrove, oppure il dettaglio fornito online non è esaustivo o omogeneo rispetto ad altre realtà. Cittadinanzattiva promette ulteriori verifiche per approfondire.

 

 

Veniamo ora alla fase di prenotazione e ai tentativi di contatto dei Cup: «Ogni Regione ha un Centro unico di prenotazione, ma risultano essere centralizzati per 13 Regioni, mentre sono divisi per territorio nelle restanti sette (Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Veneto, Sardegna e Toscana), con altrettanti diversi numeri telefonici», afferma il report. I tempi di attesa al telefono sono di soli 2 minuti e 15 secondi per il Lazio; un’attesa massima di 3 minuti per Lombardia, Puglia, Sardegna, Campania e Basilicata. «Nelle altre regioni invece il tempo di attesa è variato dai 3 minuti e 20 secondi del Veneto, fino agli oltre 18 minuti per la Liguria. inoltre, nonostante diversi tentativi, non si è riusciti a ottenere risposta dai Cup di Toscana, Valle d’Aosta e Friuli, a causa dell’elevato traffico telefonico».