Inchieste
15 dicembre, 2025I re delle criptovalute ogni anno si danno appuntamento nella cittadina Svizzera, divenuta roccaforte dei miliardari delle cripto. I paperoni della moneta virtuale esultano per la grazia del presidente Usa ai condannati per riciclaggio. Il loro nemico è l’Europa: “L’euro digitale è un pericolo”
Da una parte, “Socrate morente”, il teorico del “so di non sapere”. Dall’altra, Satoshi Nakamoto, l’inventore dei Bitcoin. Due statue situate in un bellissimo giardino, al centro del parco Ciani di Lugano. Disposte, in antitesi, a pochi metri l’una dall’altra: il filosofo della saggezza; il rivoluzionario dissacratore della valuta reale, euro o dollaro che sia, sostituita da quella digitale, appunto il Bitcoin. La scultura intitolata a Nakamoto, un personaggio leggendario dall’identità ancora sconosciuta, opera dell’artista italiana Valentina Picozzi, è stata inaugurata, nell’ultima settimana di ottobre dal sindaco Michele Foletti in occasione di due giorni della conferenza Plan B di Lugano. Dove B sta per Bitcoin, accettato come forma di pagamento in più di 400 negozi in riva al Ceresio, insieme al Luga, la cripto valuta locale. Luogo dell’evento, sempre nel parco, il Palazzo dei Congressi, affollato da più di 5 mila persone provenienti da dozzine di paesi di tutto il mondo.
All’interno, uno schermo gigante proietta immagini a raffica: tra le altre, una donna mascherata che maneggia banconote; il volto dell’attivista hacker Anonymous, che simboleggia la congiura delle polveri, le gesta di Guy Fawkes, mentre cerca di far saltare la camera dei Lord di Londra nel 1605. Le aule del convegno sono affollatissime, chi non può sedersi resiste, in piedi. Tutti, rapiti, seguono in silenzio i panel degli speaker, con applausi scroscianti alla fine degli show. Sul palcoscenico si alternano super esperti di bitcoin.
Dialogano sulla potenza “salvifica” della valuta digitale. Su ogni intervento aleggia un mantra di tre parole: libertà di espressione. E, subito dopo, una serie di concetti chiarisce, ancora di più, lo spirito che circonda le tavole rotonde dell'evento Plan B. Nessun controllo. Nessuna censura ammessa. Finanza de-centralizzata. Abbasso le banche centrali. Viva la privacy. Una comunità finanziaria sulla rampa di una nuova rivoluzione oppure una “neo-setta”, pronta a gestire migliaia di miliardi in bitcoin o dollari worldwide?
Sul gradino di una scala che porta alle aule si può leggere questa frase: “Ross is free”, Ross è libero. Ma chi è? Ross Ulbricht, re dei Bitcoin, accusato di aver creato, con la sua Silk Road, nel mercato del dark web, un meccanismo di riciclaggio per traffico di droghe, fino a 200 milioni di dollari, e quindi condannato all’ergastolo nel 2015, senza possibilità di libertà condizionale. In seguito a una massiccia campagna del “Libertarian Party” americano, Donald Trump lo ha graziato nel gennaio scorso, uno dei primi provvedimenti da lui presi appena insediato alla Casa Bianca. Un mese fa, in ottobre, un’altra grazia firmata da Trump. Beneficiato, Changpeng Zhao (detto anche CZ), fondatore di Binance, il numero uno delle exchange di cripto valute, una sentenza alle spalle di quattro mesi, ma con un patteggiamento costato 4,3 miliardi di dollari. La sua colpa? Riciclaggio. Aveva consentito, tra l’altro, che nella sua piattaforma si spostassero soldi finiti a gruppi terroristici come Hamas. Commento della portavoce di Trump al forum di Lugano: «La guerra di Biden alle crypto è finita». Infatti, era stato proprio Joe Biden, predecessore di Trump, a scatenare una personale battaglia contro le monete digitali, preoccupato anche per la penetrazione della criminalità organizzata nel mondo Bitcoin.
A Lugano sono in molti a gioire. L’avvocato Lars Schichting, della Lexify di Lugano, studio legale specializzato in consulenze in ambito digitale, esalta la nuova moneta e dichiara all’Espresso: «Il Bitcoin è un bene per l’umanità. Quando, in Ucraina, si temeva l’invasione russa e le banche erano chiuse, chi deteneva risparmi in Bitcoin è riuscito a salvare il suo patrimonio, che gli permette di vivere all’estero. E il principale oppositore di Putin, Aleksej Navalny, come avrebbe potuto svolgere la sua attività senza donazioni in Bitcoin? Il fatto è che c’è una singolare coincidenza tra le transazioni illecite in criptovalute e quelle della finanza tradizionale: lo 0,2% per tutt’e due». In particolare, proprio su questo business, per quanto riguarda la diffusione in Svizzera, circola una cifra. La riferisce all’Espresso Mark Tschudy, co-titolare e fondatore di Trius Partners AG, finanziaria d’investimenti di Zurigo: «Nel mio paese, secondo alcune valutazioni, le transazioni illecite in Bitcoin si aggirerebbero sullo 0,34 per cento, pari a 20 miliardi di franchi svizzeri».
Sponsor e protagonista di Plan B, Paolo Ardoino, ceo e azionista principale, insieme al fondatore Giancarlo Devasini, di Tether, leader mondiale di stablecoin, criptovaluta ancorata al dollaro, la USDT. Un dollaro vale uno stablecoin. Un grande successo. Tether ha una capitalizzazione di oltre 180 miliardi di dollari. Ha fatto profitti per 13 miliardi di dollari nel 2024 e ha reso ultra-ricchi i loro due maggiori azionisti. Il suo primo viaggio negli Stati Uniti Ardoino l’ha fatto nella primavera 2025. Per anni se n’è tenuto lontano, temendo guai per una semplice ragione. Tether era stata accusata di frode in un’indagine della Procura Generale di New York, chiusa con un accordo: la società ha sborsato oltre 18 milioni di dollari. Con la seconda presidenza Trump il clima è cambiato. Ora Ardoino si è alleato con Cantor Fitzgerald, una finanziaria presieduta da Brandon Lutnick, figlio di Howard, l’attuale segretario al Commercio Usa. Con Trump, il rapporto è diventato così ancora più stretto.
C’è un altro tassello che spiega bene la marcia di avvicinamento al potere di Washington. L’ha annunciato lo stesso Ardoino a Lugano, mentre intorno a lui fiorivano commenti dissacranti: «Uccidiamo la centralizzazione»; «La privacy in una società aperta richiede sistemi di transazioni anonime». Quest’ultima frase è attribuita a Eric Hughes, autore del Cypherpunk Manifesto.
Su questa linea Ardoino, 41 anni, è stato chiaro: «Vogliamo portare avanti la filosofia di Bitcoin: proteggere la libertà finanziaria e di parola…in un ambiente flessibile». Dal palco ha annunciato anche una nuova stablecoin, solo americana, USAT: «Abbiamo applicato gli insegnamenti tratti da certi paesi, come Argentina, Turchia, Vietnam, Nigeria, Indonesia. E capito in che modo la nostra tecnologia può espandersi. L’operazione sarà guidata da Bo Hines». Un manager di soli 26 anni, appena uscito da un ruolo importante: consulente in criptovalute per il presidente Trump.
Brandon Lutnick, 27 anni, ha commosso la platea, ricordando la tragedia che ha colpito Cantor Fitzgerald: 658 dipendenti uccisi nell’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York: «Mio padre, che si è salvato, aveva stanziato 180 milioni di dollari in dieci anni per le famiglie delle vittime, offrendo lavoro anche ai loro figli». Poi, ha citato una delle sue iniziative: «Abbiamo creato un fondo in Bitcoin garantito dall’oro per venire incontro agli investitori che
non hanno grande familiarità con questo tipo di asset. Stiamo cercando di colmare il divario tra il mondo della finanza tradizionale e quello della finanza decentralizzata».
Libertà finanziaria, libertà di parola. Due slogan che Ardoino ripete confrontandosi con Chris Pavloski, ceo e fondatore di Rumble, una piattaforma di streaming, molto amata da Trump, per la condivisione di video, una specie di anti-YouTube, con 51 milioni di utenti. Una mecca per i creatori di contenuti. Tether vi ha investito 775 milioni di dollari, convinto, in questo, anche per una disavventura, raccontata dallo stesso Pavloski: «Nel 2022 Rumble ha ricevuto da un ente francese l’ordine di rimuovere certi account. Se però cominci a vietare, perdi la tua verginità. Così mi sono rifiutato e ho preferito chiudere l’attività in Francia. Poi abbiamo fatto causa in tribunale. E abbiamo vinto». Ora la piattaforma di Pavloski è tornata a far soldi anche lì.
Al centro delle discussioni più polemiche tra big delle criptovalute c’è anche l’Europa, con la Cbdc ovvero Central Bank Digital Currencies, per il lancio dell’euro digitale. Ardoino è partito lancia in resta: «Un governo che possa controllare ciò che puoi dire o no, potrebbe anche controllare la moneta e questo è il più grande pericolo che vedo proprio in Europa, culla della libertà e della democrazia».
Come lui la pensa anche Adam Back, ceo e fondatore di Blockstream, leader della tecnologia Blockchain (il libro-mastro che registra le transazioni digitali), che spiega a L’Espresso: «Le maggiori differenze tra l’euro digitale e le criptovalute decentralizzate come i Bitcoin riguardano, soprattutto, la privacy e il controllo dei governi. Le autorità europee difficilmente creeranno un euro digitale che metta in primo piano proprio la privacy. Potrebbero introdurre misure come la scadenza della valuta e la tracciabilità elettronica, che colpirebbero la libertà finanziaria». Quanto al fatto che anche le grandi banche Usa, come Bank of America e JP Morgan Pack, siano attratte dal mercato cripto, Back non vede una competizione diretta con i Bitcoin: «Attireranno nuovi investitori per i quali l’acquisto di valute digitali, tramite le exchange, è considerato un po’ tecnico, con qualche rischio».
A suggello della pax trumpiana, la Tether di Ardoino e Devasini ha finanziato una parte dei 300 milioni di dollari pagati da dozzine di donatori per ristrutturare l’Ala Est della Casa Bianca, demolita per essere trasformata in salone da ballo per volontà del presidente degli Stati Uniti.
C’è un altro motivo che rende più vicina la Tether a Trump. Anche a San Salvador c’è una statua dedicata Nakamoto. Non a caso. Nel paese centro-americano Paolo Ardoino ha fissato il quartier generale della Tether, proprio là dove il presidente Nayib Bukele ha accolto nelle prigioni locali immigrati clandestini deportati dagli Stati Uniti per volere di The Donald.
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