Capo della polizia giudiziaria del legittimo governo libico: è la carica rivestita da Osama Njeem detto Elmasri o Almasri, l'esponente libico colpito da un ordine d'arresto spiccato il 18 gennaio scorso dalla Corte penale internazionale, subito fermato dalla polizia in Italia, ma poi liberato e rimpatriato con un volo di Stato, quattro giorni dopo, per decisione del nostro governo, che ha scatenato proteste dell’opposizione e indagini giudiziarie. Il ruolo a lui attribuito a Tripoli fa pensare a un rappresentante della legge, titolare di una posizione di vertice nell'apparato di sicurezza e di giustizia del Governo di unità nazionale (Gnu), l'unico riconosciuto dall'Onu, che controlla la Tripolitania, cioè mezza Libia. Le carte riservate delle missioni militari europee disegnano però un identikit molto diverso: Osama Njeem viene descritto come il comandante di una milizia armata di matrice islamista, che dopo un decennio di guerra civile è stata assorbita nell'apparato statale, senza essere mai stata disarmata né smantellata. Una milizia che sfidava il governo di Tripoli, alleato dell'Italia e della Ue, con agguati e sparatorie organizzati anche nel 2024 nei giorni della visita della premier Giorgia Meloni.
A rivelare questi e altri segreti sulla LIbia è un'inchiesta giornalistica internazionale, a cui partecipa L'Espresso in esclusiva per l'Italia, che ha portato alla luce 48.100 documenti trasmessi negli ultimi anni, fino al 2024, al servizio affari esteri dell'Unione europea (Eeas). Tra le carte che il consorzio Icij ha condiviso con il nostro settimanale ci sono atti interni delle autorità militari, come le forze navali della Ue (Eunavfor), ma anche rapporti provenienti da agenzie doganali e di polizia come Frontex, Eubam, Europol e Interpol. Molti documenti riguardano traffici internazionali di armi, operazioni segrete che coinvolgono Russia e Turchia: come riassume il consorzio, sono carte che mostrano «l'impotenza e il sostanziale fallimento delle missioni europee».
La milizia islamista di cui Osama Njeem è uno dei capi militari si chiama Rada, è radicata nell'area di Tripoli e si è alleata con altre fazioni che hanno combattuto prima contro le forze di Gheddafi, poi contro i terroristi dell'Isis, quindi contro le truppe del generale Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica. Le milizie vincenti sono state legittimate come parte delle strutture statali: nei documenti europei si legge che Rada, in particolare, ha costituito le «Forze speciali di deterrenza (Sdf) a cui è affiliata la Polizia giudiziaria». Le varie fazioni restano separate e i conflitti si risolvono spesso con le armi.

Decine di «rapporti di sicurezza» intestati all'Eubam (l'agenzia europea per il controllo delle frontiere) documentano giorno per giorno queste violente lotte tra milizie, che proseguono per mesi, anche nel 2024. Un esempio tra i tanti: la sera del 13 aprile scatta l'allarme su un'imminente rivolta delle fazioni islamiste. «Scontri armati nella città di Tripoli tra la Polizia giudiziaria guidata da Osama Njeem e le milizie fedeli al Governo di unità nazionale (Gnu). Ci sono sparatorie in corso nelle zone di Mitiga, Tajoura e in altre aree della capitale», si legge nel rapporto. «Ci si aspetta un aumento generalizzato degli scontri armati nelle linee di contatto tra le milizie di Rada-Sdf e le forze lealiste di Ssa-Gnu».
Le relazioni più dettagliate contengono anche le mappe della spartizione di Tripoli tra le milizie dominanti: l’area di Rada-Sdf confina con quelle delle Brigate 111, 444, Ssa e Tajoura. I militari italiani ed europei vengono preavvisati regolarmente dei rischi di scontri armati. E il 24 aprile «un vertice nel quartier generale di Sdf, nella base aerea di Mitiga», fa temere che una coalizione capeggiata dagli islamisti di Rada stia per dichiarare guerra al governo di Tripoli. Tra i «comandanti militari anti-Gnu» che vi partecipano viene segnalato «Osama Njeem della Polizia giudiziaria». È in questo contesto di altissima tensione, non pubblicizzato, che Giorgia Meloni torna a visitare la Libia: il 7 maggio 2024 la premier italiana incontra a Tripoli il primo ministro Dbeibah e poi a Bengasi il generale Haftar. Lo stesso giorno, riesplodono gli scontri armati tra milizie. Tra l’estate e l'autunno del 2024 si riducono le segnalazioni di sparatorie e omicidi che però continuano a coinvolgere anche la polizia giudiziaria.
Nell'ordine d'arresto internazionale, Osama Njeem, nato a Tripoli il 16 luglio 1979, viene incriminato come direttore della prigione di Mitiga, la più grande della Tripolitania, con oltre 5 mila detenuti identificati. La Corte lo accusa di aver organizzato «torture sistematiche», pestaggi brutali, trattamenti disumani e almeno 30 violenze sessuali e 34 omicidi.
Dai rapporti delle agenzie europee di controllo delle frontiere ora emergono anche sospetti di complicità con gli scafisti, così riassunte in un documento dell'aprile 2024: «Nei loro interrogatori, i migranti imbarcati dalla Libia Occidentale hanno menzionato il coinvolgimento di entità ufficiali libiche, personale con le uniformi, nel traffico di esseri umani. Alcuni migranti sono stati trasferiti direttamente dalla prigione al rifugio-covo degli scafisti, dopo che le loro famiglie avevano pagato il riscatto chiesto dai trafficanti».