Frodi e mafie. L’agognata riforma del calcio italiano è in due parole, oltre che in un probabile gruppetto di società destinate a non iscriversi ai campionati della prossima stagione. È vero che negli ultimi diciannove anni, dal fatidico 2006 di Calciopoli, di rado si è vissuta un’estate senza scandali di scommesse, di fideiussioni false, di retrocessioni a tavolino, di penalizzazioni e di fallimenti. Ma la coazione a ripetere di dirigenti, presidenti e giocatori è inesauribile. Invece di andare verso un modello di impresa accettabile, se non normale, la “linea della palma” di sciasciana memoria si sposta dalle serie minori verso i grandi match della Champions League e per i tribunali sportivi è sempre più difficile sopire gli scandali con condanne benevole.
Mentre fra gli ultras di San Siro l’omicidio è sdoganato come pratica ordinaria del tifo, nelle serie minori, dalla Serie B ai Dilettanti, il crimine organizzato e la frode finanziaria sono ordinaria amministrazione. Naturalmente, a insaputa dei dirigenti. Inter e Milan sono parti civili nel processo penale “Doppia Curva”, così come la Lega di Serie A. Il proprietario del Brescia Massimo Cellino, il chitarrista rock dalla vita spericolata, si dichiara truffato da tale Gianluca Alfieri, un venticinquenne irpino con la terza media e parecchie referenze fasulle, a cominciare dalle attestazioni di settore Bankitalia e dalla presunta sede legale della sua società in via Monte Napoleone a Milano. Alfieri ha venduto crediti di imposta inesistenti e ha incassato il bottino su un conto corrente di Finom, un’istituzione di moneta elettronica (Emi) con sede a Cipro, autorizzata dalla banca centrale olandese e fondata dal russo Oleg Laguta, ex di Sberbank, assieme a tre connazionali.
Al ragazzo irpino si è rivolto anche Valerio Antonini, imprenditore romano vicino al proprietario della Lazio, il senatore Claudio Lotito. Antonini subirà una penalizzazione polisportiva sia per il Trapani calcio sia per il Trapani basket, impegnato nei playoff scudetto come seconda classificata della regular season. Se la vicenda Alfieri segna il debutto dei crediti fiscali e del mondo delle criptovalute nel sistema calcio, l’elenco delle primizie non si ferma qui. Il girone C della Lega Pro, la terza serie, si è chiuso con Taranto e Turris escluse dal torneo in corso d’opera, con il Foggia messo in amministrazione giudiziaria in base agli articoli 34 e 34 bis del codice antimafia e con il Messina che ad aprile ha fallito una sottoscrizione popolare di fondi per pagare gli stipendi ai giocatori. Una tipica questione meridionale? Macché. Il 22 maggio la Lucchese è stata dichiarata fallita per la quarta volta in diciassette anni. La Triestina, in mano al fondo Usa Lbk capital e al presidente Ben Rosenzweig, si è beccato il suo asterisco, che segnala la penalizzazione in classifica, e cerca una mezza dozzina di milioni per garantirsi il futuro. A gennaio la Federcalcio ha penalizzato il Novara (girone A della Lega Pro) di due punti per un’irregolarità amministrativa risalente al 2023 e per lo stesso motivo sono stati tolti punti al Rimini.
In questo scenario, che dovrebbe provocare la fuga precipitosa degli investitori, spadroneggiano i fondi Usa. Nessuno sa chi sono. Nessuno è in grado di dire da quali finanziatori prendano i soldi per comprare squadre nelle tre serie professionistiche. Ma sono sempre i benvenuti, ce ne sono sempre di più e si presentano con denaro pronta cassa persino nelle situazioni più disperate. È il caso del Brescia che ha bisogno di 7 milioni di euro per mantenere la continuità aziendale dopo l’avventura con Cellino che già nel 2014 era stato dichiarato “unfit”, cioè non idoneo a completare la scalata al Leeds United dagli organi di controllo del calcio inglese in base a una condanna da 600mila euro di multa per evasione fiscale ricevuta in Italia. La stessa condanna che gli organi di controllo italiani hanno considerato ininfluente. La ricostruzione dell’ultima traversia di Cellino fatta dall’Espresso si basa su diverse fonti a conoscenza dei fatti e sulla denuncia-querela presentata in procura a Brescia contro l’irpino Alfieri dall’avvocato Giorgio Altieri dello studio Tonucci, spesso coinvolto in vicende calcistiche. Tutto comincia a ridosso della scadenza degli adempimenti fiscali. Il 17 febbraio 2025 si dimette il direttore amministrativo Luigi Micheli. «Parlare di Luigi è un colpo al cuore» confessa Cellino, che si separa dal manager con pesanti accuse.
Lo stesso 17 febbraio, il Brescia acquista da Alfieri i primi 1,47 milioni di euro di crediti fiscali per coprire le spese del trimestre precedente. L’ammontare complessivo dei cinque contratti sarà di circa 2 milioni di euro e il club compra con uno sconto del 23 per cento sul valore nominale, cioè 1,57 milioni di euro. Secondo i documenti forniti dallo studio Tonucci, il Brescia ha regolarmente pagato le fatture emesse da Alfieri, in parte sul conto di Finom e in parte sul conto di un custode terzo, un notaio della provincia di Rovigo. Il meccanismo dei crediti fiscali, soprattutto di quelli provenienti dai bonus varati dal governo di Giuseppe Conte dopo la pandemia, consente di far girare la “carta” coprendo le truffe a monte. Quello che di fatto è successo a Cellino. Alfieri ha riposto nel cassetto fiscale del Brescia crediti inesistenti e derivanti da cinque società (Ng costruzioni, Siam, Studio paghe 2000, Honda srl, San Pietro) clienti di Alfieri stesso. Il Brescia ha scaricato le responsabilità sul commercialista dello studio Gamba di Brescia. «Siamo vittime», precisa l’avvocato Altieri. «Sono disperato», ripete Cellino.
La giustizia ordinaria e la Guardia di Finanza potranno chiarire ogni aspetto della faccenda, ma la giustizia sportiva deve sbrigarsi. Per la Figc da un mancato pagamento scaturisce una penalizzazione e per il Brescia se ne prospettano due, una per il campionato appena concluso e una per il prossimo. La prima, riguardante le spettanze di febbraio, retrocede il Brescia in Lega Pro. Il 28 febbraio 2025 la Covisoc, organo di vigilanza della Figc, ha segnalato il club di Cellino all’Agenzia delle entrate che, dopo un sollecito della Covisoc in aprile, ha risposto soltanto il 9 maggio al Brescia, giorno della partita- salvezza a Modena, e una settimana dopo alla Covisoc. È plausibile che il club delle Rondinelle immaginasse di passare indenne la stagione 2024-2025 e scontare l’intera penalizzazione l’anno dopo. Cellino sottolinea che il Brescia non è debitore, ma ha due mesi per mettersi in regola e i suoi soldi li ha spesi. L’imprenditore cagliaritano si dice all’oscuro delle interlocuzioni del suo commercialista esterno con Alfieri. Ma che il gruppo Alfieri fosse impresentabile lo avrebbe capito un bambino. Lo si evince anche dalle email successive alla scoperta dell’inganno.
Il 19 maggio scorso Alfieri, prima di sparire dalla scena, informa la società lombarda la risarcirà non appena la notaia Kinga Caruso di Tarnów in Polonia riceverà il denaro da società e intermediari partecipanti all’operazione. Sembra una barzelletta. Invece Alfieri e i suoi danti causa hanno bussato a molte porte e sono riusciti a piazzare crediti fiscali anche al Trapani, squadra di Lega Pro con ambizioni di promozione nella serie cadetta. L’Espresso ha saputo che, nel periodo settembre-febbraio della stagione 2024-2025, nove squadre professionistiche hanno fatto ricorso ai crediti fiscali per le imposte Irpef e Inps dovute. Queste operazioni sono passate al vaglio della Covisoc e, di conseguenza, dell’Agenzia delle Entrate con risultati diversi. Tre club sono nei guai: il Brescia e il Trapani rischiano molto, il Taranto è già stato escluso. Fra le altre, alcune hanno compensato cifre irrisorie, per esempio il Pescara che lotta per la B. Ascoli e Latina hanno contabilizzato somme più consistenti. In questa fase di massima allerta, quanti si rifugeranno nei crediti fiscali e quanti rischiano di essere incastrate da Alfieri di turno?
Di certo il rapporto fra i club di calcio e le centrali delle frodi è a doppio senso. A volte sono le società a cercare gli Alfieri di turno, a volte è l’inverso, com’è accaduto alla Pistoiese fallita dopo le manovre di Maurizio De Simone, presidente del trust che deteneva le quote del club toscano. De Simone è un altro irpino poco noto per le sue abilità imprenditoriali. Peraltro era già inibito dopo il suo arresto e il fallimento del Trapani ed è indagato dalla Procura Europea che ha scoperto un’organizzazione specializzata in crediti fiscali inesistenti e in truffe ai danni dello Stato per 600 milioni di euro. Non ci sono collegamenti diretti o indiretti fra De Simone e Alfieri, se non nella figura del notaio avellinese che ha costituito le società di Alfieri ed è coinvolto marginalmente nell’inchiesta della Procura Europea. Ma sia De Simone sia Alfieri, l’uno con più esperienza e l’altro al debutto, sono pedine di un gioco molto più grande di loro. E quando girano soldi, cash o virtuali, le mafie non sono mai molto lontane.
A Foggia una criminalità aggressiva e spietata ha pensato di mettere le mani sul club che trent’anni fa dava spettacolo in serie A con Zdeněk Zeman in panchina. Il tribunale di Bari ha nominato un amministratore giudiziario, Vincenzo Vito Chionna, ordinario di diritto commerciale, per sanare una situazione incancrenita da anni, con il clan Sinesi-Francavilla che ha spodestato a forza il proprietario Nicola Canonico. Dalla magnifica e progressiva Milano che discute di rilanciare San Siro con l’abbattimento del Meazza arrivano notizie poco rassicuranti. L’ultima di campionato, Milan-Monza, si è chiusa con uno sciopero dei paninari e dei bandierari autorizzati a vendere intorno allo stadio. A detta dei commercianti, i due club meneghini li vogliono di nuovo sfrattare per gestire direttamente un business collaterale sul quale il crimine organizzato e i suoi alleati ultras hanno allungato le mani. Durante la partita una durissima contestazione degli ultras rossoneri contro Gerry Cardinale di Redbird e tutta la dirigenza è sfuggita ad alcuni importanti giornali ma non ai pochi spettatori. Unico a essere elogiato nei cori è Paolo Maldini, che pure si era ritirato da bandiera milanista tra i fischi della curva.
Sul fronte interista il consiglio direttivo della curva Nord, che continua a comportarsi come stakeholder a pieno diritto, ha scritto al club nerazzurro per chiedere un incontro sui biglietti per la finale di Champions del 31 maggio contro il Psg dell’emiro qatariota Tamim al Thani. Abituati a rivolgersi personalmente agli amministratori del club e ai giocatori, i capi ultras non hanno gradito l’improvvisa penuria di tagliandi. La missiva parte dallo studio legale di Mirko Perlino che si occupa di «procedimenti che vedono soggetti indagati o imputati per reati contro la persona, reati da stadio, reati in materia di stupefacenti, reati associativi in materia di criminalità organizzata, reati contro il patrimonio e contro l’ordine pubblico». A differenza di quanto accaduto prima della finale del 2023 persa contro il Manchester City, la società ha respinto ogni forma di dialogo, nonostante la presenza di Perlino fra i tifosi davanti alla sede del club. Il legale è il professionista di riferimento della Nord. Ha difeso capi tifosi dell’Inter e del Milan coinvolti in fatti gravi come l’omicidio di Daniele Belardinelli del 26 dicembre 2018 prima di Inter-Napoli e come il processo Doppia curva.
Fra i suoi clienti ci sono Marco Ferdico, uno dei capi della curva, e il padre Gianfranco, che si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il legale ha invece rinunciato per divergenze sulla strategia difensiva al patrocinio di Andrea Beretta quando l’assassino confesso di Antonio Bellocco, rampollo del clan rosarnese, ha deciso di collaborare con la Procura. L’accusa ha chiesto ha chiesto per Beretta una condanna ad appena nove anni contro i dieci anni chiesti per il capo milanista Luca Lucci e gli otto per Ferdico, in attesa di altre due procedimenti: quello per l’omicidio dello storico capotifo interista Vittorio Boiocchi e quello per il tentato omicidio dell’ultras rossonero Ezio Anghinelli. Nell’inchiesta Doppia Curva è emerso l’aspetto sanguinario dell’infiltrazione mafiosa nel calcio maggiore. È l’altra faccia della medaglia coniata dai fondi di Wall street o dalla banca centrale olandese. La nuova linea della palma non smette di salire.