Innovazione
22 ottobre, 2025La bomba mediatica sulla missione spaziale Artemis l’ha lanciata Sean Duffy, amministratore da interim della Nasa: “Non staremo ad aspettare una sola azienda”. Il riferimento alla società di Musk è chiaro, come anche l’apertura verso le aziende private “concorrenti”, Blue Origin fra tutte
SpaceX esclusa dalla missione lunare Artemis? Forte di un contratto di 2,9 miliardi di dollari, l’azienda di Elon Musk è impegnata dal 2021 nello sviluppo di Starship - scelta allora dalla Nasa - per riportare l’uomo e la donna sulla luna.
Ma le recenti dichiarazioni del direttore ad intermi della Nasa, Sean Duffy, sottolineano il grave ritardo accumulato da SpaceX rispetto alla tabella di marcia nella corsa alla luna, che rischia di vanificare gli sforzi profusi della Nasa per raggiungere il polo sud del satellite, lasciando indietro la Cina. È la nuova corsa allo Spazio e “zio Sam” vuole arrivare primo, costi quello che costi.
La Nasa sta quindi valutando la possibilità di annullare o modificare il suo contratto con SpaceX che, malgrado le roboanti promesse iniziali, nei fatti è ancora nelle prime fasi di sviluppo. Solo nel 2025 ha accumulato tre fallimenti, un paio di voli di prova suborbitali riusciti, ma è lontanissima dagli obiettivi di missione che vorrebbero fissare l’allunaggio – con la missione Artemis III – già per il 2027.
Ed ecco l’annuncio di Duffy: l’Agenzia aprirà la competizione a nuovi partner industriali per potenziare il programma spaziale americano, e provare a rispettare il timing fissato per la missione Artemis III. Un “request for information” servirà per sondare idee e capacità tecnologiche del mercato, con l’obiettivo di aumentare la frequenza delle missioni lunari e ampliare la base industriale coinvolta.
"Dobbiamo spingere e vincere questa seconda corsa allo spazio", ha dichiarato Duffy, aggiungendo che la priorità è realizzare lo sbarco prima del termine del secondo mandato presidenziale di Donal Trump, che dovrebbe lasciare la Casa Bianca il 20 gennaio 2029.
L’accelerazione dei programmi dell’Agenzia spaziale americana riflette il peso crescente del confronto geopolitico, che è sempre più condizionato dallo sviluppo della tecnologia spaziale. Dal canto suo la Cina è in chiaro vantaggio: i progressi sul razzo Long March 10 e al lander “Lanyue” le consentono di fissare una data abbastanza certa per l’allunaggio: il 2030. Oltre a questo, nel 2024 la missione Chang’e 6 ha riportato sulla Terra campioni raccolti dalla faccia nascosta della Luna, un risultato tecnologico che conferma la solidità del programma di Pechino. L’agenzia spaziale cinese ha anche già completato test di discesa e decollo simulati. Potrebbe vincere la “Space competition”, e lo sa.
Gli Stati Uniti, così tanto incalzati nel loro primato spaziale, puntano ora su un approccio più competitivo e modulare e lanciano la “Moon race” tra aziende americane, in cui innovazione e capacità di esecuzione giocheranno un ruolo decisivo.
SpaceX resta formalmente in carico del programma Artemis, ma la complessità di Starship— progettato originariamente per missioni interplanetarie — si è rivelata un ostacolo. Per raggiungere la luna, Starship necessita di una catena logistica mai sperimentata prima: rifornimenti in orbita tra veicoli, procedure complesse e una lunga serie di test da completare.
E allora che tornino in scena i progetti “pret a porter”, come la capsula sviluppata da Blue Origin di Jeff Bezos, già vincitrice di un contratto da 3,4 miliardi di dollari per la missione Artemis V, ma anche la Lockheed Martin, che lavora su un concept di lander alternativo, costruito combinando tecnologie esistenti. L’idea è sfruttare gli hardware già collaudati, riducendo i tempi di sviluppo e semplificando l’architettura complessiva.
Da pura sfida lunare a piattaforma di innovazione tecnologica è un attimo. Al vaglio della Nasa ci sono quindi sistemi più agili, scalabili e interoperabili con altre componenti del programma Artemis. Non solo un cambio di rotta tattico, ma un modello strategico che riflette l’evoluzione del settore spaziale statunitense: meno dipendenza da un singolo “campione” tecnologico e maggiore concorrenza tra aziende in grado di adattarsi rapidamente a obiettivi ambiziosi.
Per la Nasa la sfida è duplice: accelerare lo sviluppo di tecnologie affidabili e consolidare la leadership americana nello Spazio.
La partita si gioca su più piani: tecnologia, tempi, geopolitica e visione strategica. Se SpaceX dovesse riuscire a superare gli ostacoli rimarrebbe comunque un attore centrale, ma non sarebbe più sola. La nuova corsa americana alla Luna potrebbe trasformarsi nel banco di prova più significativo della storia recente della Space economy: vincerà il più affidabile, e veloce.
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