Innovazione
15 settembre, 2025Sarà presentato al festival di Cannes 2026 il primo film scritto, girato e diretto dall’AI. Un progetto di 30 milioni di dollari, annunciato da OpenAI e che vuole ripensare il rapporto fra cinema e tecnologia. La produzione ha già un nome, “Critterz”, e sarà un corto di animazione. Quasi a giocare d’anticipo, Netflix prepara un “decalogo” per l’utilizzo dell’AI nelle sue produzioni
Se ci pensiamo, non fa una piega. Perché non puntare a riscrivere le dinamiche delle produzioni cinematografiche, dopo aver rivoluzionato il mondo degli assistenti virtuali, dei chatbot e la creazione di immagini e video? Devono averlo pensato, nella società che ha creato ChatGPT, quando hanno varato il progetto "Critterz", il cortometraggio che sarà realizzato dalle piattaforme di intelligenza artificiale made in OpenAI: la scrittura delle scenografie, la realizzazione delle animazioni e tutto il processo di scrittura e regia sarà affidato all’AI generativa. Lo scopo di OpenAI è “garantire che l'intelligenza artificiale generale vada a beneficio di tutta l'umanità”, ma questa volta si va oltre il mero sviluppo di strumenti per automazione o efficienza. Ora l’obiettivo è quello di misurarsi con la creatività pura, nella sfida forse più ardita: dare emozione, stupore e coinvolgimento grazie a un prodotto artistico interamente digitale.
La visione di Netflix
Com’è triste Venezia, se su tre film in concorso - “Jay Kelly” di Noah Baumbach, “Frankenstein” di Guillermo del Toro e “A House of Dynamite” di Kathryn Bigelow - non porti a casa nessun premio. Netflix aveva scelto di calcare il red carpet del Festival del Cinema di Venezia, dopo una pausa di riflessione, forte di tre produzioni di livello. Ma nel “tornare a casa” non perde tempo e fa nuovamente parlare di sé, questa volta per aver deciso di dotarsi di “linee guida” - pubblicate nel Partner Help Center - per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa nelle fasi di produzione dei contenuti cinematografici, destinati alla piattaforma. È un passaggio cruciale per il colosso dello streaming impegnato ora a promuovere l’innovazione tecnologica, al netto dei diritti degli artisti e il rispetto delle leggi sul copyright.
Il precedente
Quello che doveva accadere, forse è già accaduto. Con "L'eternauta", serie argentina nella quale gli effetti speciali dei crolli di Buenos Aires sono stati realizzati con strumenti generativi, dieci volte più rapidi, e immaginiamo anche economici, rispetto alle tecniche tradizionali. Un banco di prova che ha dimostrato l’efficacia della tecnologia e, al contempo, ha fatto sorgere la necessità di mettere “dei paletti” a tutela di creativi e pubblico. Possiamo desumerne un viaggio a doppia strategia: affermarsi come player del cinema d’autore non rinunciando a guidare l’industria cinematografica nella gestione etica e trasparente dell’intelligenza artificiale. I successi al botteghino dei festival e gli 11 miliardi di dollari registrati nel secondo trimestre del 2025 sono la prova del nove per la solidità di questo modello.
La polemica è dietro l'angolo
Usare l’AI nei processi creativi può esporre a dei rischi, come ha dimostrato l’uscita del documentario "What Jennifer Did", a seguito del quale Netflix ha dovuto accusato di aver usato immagini generate artificialmente al posto di fotografie autentiche, sollevando dubbi sull’affidabilità del racconto. Sbagliando si impara, e la piattaforma ha deciso di codificare regole stringenti, imponendo a partner e fornitori di notificare sempre l’uso di AI e, nei casi più delicati, di ottenere un’approvazione scritta. L’intelligenza artificiale può rappresentare un “valore aggiunto” per la produzione audiovisiva – si legge nel “decalogo” - ma soltanto se utilizzata in maniera responsabile. Particolare attenzione viene riservata alla tutela dell’immagine e della voce degli attori: nessuna replica digitale o sostituzione vocale sarà ammessa senza autorizzazione esplicita.
Patti chiari, amicizia lunga
Per leggere le direttive, nero su bianco, basta andare sul sito della piattaforma, dove trovano spazio alcuni, semplici, principi fondamentali: l’AI può essere impiegata come strumento di supporto nelle fasi di lavoro, ma i materiali prodotti non devono mai sostituire performance artistiche - o ruoli coperti da contratti sindacali - senza il consenso esplicito degli interessati. Gli output creati da algoritmi non potranno replicare - in maniera riconoscibile - opere protette da copyright, né imitare stili o tratti distintivi di autori terzi. Particolarmente interessante è l’aspetto della natura “temporanea” dei contenuti generati: potranno essere usati nella lavorazione, ma non finiranno nel prodotto finale consegnato agli spettatori, e dovranno “funzionare in ambienti sicuri”, a protezione dei dati di produzione e per impedire che vengano memorizzati o riutilizzati dalle piattaforme tecnologiche.
Regole per tutti?
L’adozione di queste linee guida rappresenta un primo tentativo di bilanciare progresso tecnologico e tutela dei diritti, e potrebbero diventare un punto di riferimento per altre case di produzione, o integrate in forme di contrattazione collettiva. In un’industria in rapido cambiamento, la sfida sarà quella di sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale senza compromettere autenticità, creatività e dignità del lavoro umano. Il cinema si evolve seguendo l’impulso del cambiamento e dell’innovazione e questo del passaggio all’AI sarà un banco di prova decisivo.
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