Innovazione
18 settembre, 2025Via libera al Senato per la prima legge italiana sull’AI e si accende il dibattito su una legge “lenta e pesante”. La delega al governo sull’intelligenza artificiale diventa legge, dopo 512 giorni dalla presentazione
La nuova norma definisce principi guida e fissa alcuni paletti con un chiaro obiettivo: regolare l’utilizzo dell’AI, prevedendo il ruolo di regia e controllo che resta “in mani umane”, per ridurre i rischi per diritti e coesione sociale. Ma non tutte le voci del coro suonano all’unisono. Sono infatti molte le critiche rivolte alla nuova norma che, secondo alcuni, non era affatto necessaria alla luce del recente AI Act Europeo, a cui dovremo comunque adeguarci.
Di suo, invece, la legge italiana si basa su una strategia nazionale che dovrà essere “rivista e aggiornata” ogni due anni dal Comitato interministeriale per la transizione digitale, con supporto del Dipartimento per la trasformazione digitale. La vigilanza tecnica ricade su AgID e Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, mentre al Parlamento arriverà un resoconto annuale.
Algoritmi trasparenti
Grazie alla norma, sarà istituito un osservatorio per il monitoraggio dell’uso dell’AI, collocato presso il ministero del Lavoro, che andrà ad indagare alcuni aspetti specifici dell’utilizzo dell’algoritmo. Ad esempio il fatto che, già da tempo e in diverse aziende, per la selezione dei candidati o per misurare performance, si ricorra all’AI: ora la norma prevede che le persone coinvolte vengano informate e che si lavori per rendere trasparente ogni passaggio decisionale. Per le professioni intellettuali resta obbligatoria la supervisione di un responsabile umano: se un contenuto è stato prodotto, in tutto o in parte, con strumenti generativi, chi lo riceve dev’essere messo al corrente.
Veloci come un bradipo
“Dal 23 aprile 2024 - data della presentazione del disegno di legge - sono passati 512 giorni, per tre passaggi parlamentari”. A sottolineare le “tempistiche da tartaruga” è Ernesto Belisario, senior partner dell'associazione professionale “Studio E-Lex”, che L’Espresso ha raggiunto per un commento sulla nuova norma. “Questi sono forse tempi veloci per la media del legislatore italiano, ma lunghissimi rispetto all’evoluzione tecnologica dell'intelligenza artificiale”.
Per spiegarlo per bene Belisario fa un esempio semplice: “Nello stesso periodo sono stati rilasciati oltre 60 modelli AI - tra cui il cinese DeepSeek e ChatGPT 5 – ma in Italia dovranno passare altri 12 mesi per l’adozione di almeno 7 provvedimenti, attuativi della legge”. L’esperto torna sul punto: “A fronte della complessità del quadro normativo, viene da chiedersi se questo sia il modo giusto per regolare l'intelligenza artificiale in un momento in cui tutto il mondo si ragiona su quali sia il livello giusto di regolazione per evitare di imbrigliare l'innovazione”.
L'ombelico del mondo
“Ricordiamo che queste regole si applicano soltanto all'Italia”. Belisario punta un faro su un altro tema rilevante, perché la legge varata in Senato “avrà potenziale impatto soltanto sulle imprese e sulle amministrazioni italiane, mentre l'Unione Europea sta provando a semplificare il suo AI Act”. Quindi la legge italiana vale solo per gli italiani, per dirla facile. Manca poi, nella norma italiana, “una disciplina delle sandbox, manca quindi un incentivo alla sperimentazione”. Le ‘regulatory sandbox’ sono parte integrante dell’AI act europeo. Si tratta di ambienti di prova controllati, limitati nel tempo e regolamentati da autorità specifiche, che consentono a imprese e startup di testare servizi innovativi finanziari, e che in ottemperanza alla norma europea, dovranno essere istituite in tutti i Paesi dell'Unione europea. Belisario ci fa notare che questa “nota” manca completamente nella nostra “nuova” legge.
Money money money
E come si finanzia, comunque, tutto questo nuovo mondo tech? Belisario sottolinea la clausola di invarianza finanziaria nell'attuazione di questa legge, ad eccezione del miliardo di euro destinato alle imprese alle start up. E la PA resta però fuori dal finanziamento per l’innovazione. In altre parole: con quali soldi la PA si dovrà adeguare all’AI? “È difficile pensare a una alfabetizzazione della popolazione senza fondi. Le amministrazioni dovranno innovare acquistando sistemi di intelligenza artificiale”, perché è difficile che accada senza che ci sia lo stanziamento di fondi.
I non troppo amati cugini francesi, ad esempio, investiranno 109 miliardi di euro per finanziare progetti di intelligenza artificiale nei prossimi anni e, auspica Belisario: “dobbiamo sperare che questa legge sia attuata velocemente e soprattutto che presto arrivi anche lo stanziamento di fondi per ‘dare gambe’ ai principi condivisibili che questa legge vuole affermare”.
Viene da chiedersi se sia davvero questo il miglior modo per normare una tecnologia che evolve a velocità esponenziale. “E come si concilia la necessità di tutele con la corsa globale allo sviluppo di IA sempre più potenti”.
Novità in sanità
La norma comunque c’è, vediamone quindi più nel dettaglio alcuni aspetti che regoleranno la vita quotidiana degli Italiani. In sanità, l’algoritmo non potrà essere applicato per decidere chi ha diritto ad accedere a determinate prestazioni, e il giudizio clinico resterà di esclusivo appannaggio medico, umano, mentre agli strumenti intelligenti resterà il compito di “ausilii alla valutazione” da parte del personale medico. Parlando di ricerca, la nuova legge consente l’uso di dati personali per fini scientifici senza scopo di lucro, a condizione che ci sia l’ok di un comitato etico notificato al Garante per la privacy e un controllo stringente sulla finalità degli studi.
Penna e giustizia
Nel sistema giudiziario la linea vuol essere netta: i modelli di AI non possono interpretare norme, qualificare i fatti o determinare pene, ma è ammesso l’impiego di strumenti di AI nei procedimenti amministrativi come supporto organizzativo. La legge, anche qui, sottolinea fortemente che la responsabilità delle decisioni resta non è delegabile e gli interessati devono essere informati quando la tecnologia entra in gioco.
Deepfake e nuovi reati
Il pacchetto normativo approvato in Senato introduce nuovi “obblighi di marcatura dei contenuti sintetici” e una nuova fattispecie penale contro la diffusione di immagini e video alterati con sistemi di AI quando siano idonei a trarre in inganno e producano un danno ingiusto: la pena va da uno a cinque anni di reclusione. Si rafforzano inoltre le tutele dei minori, vietando l’uso dei loro dati senza il consenso dei genitori.
Ragione o torto
Alle (tante) critiche che hanno accolto la legge la maggioranza di governo - che questa legge l’ha voluta e promossa - risponde con forza con una formula precisa: l’Italia si dota di un quadro nazionale coerente con l’AI Act europeo, capace di riportare l’innovazione nell’alveo dell’interesse generale. Il messaggio alle imprese è quindi quello di puntare sul Paese: regole chiare, governance definita e un ecosistema che ambisce a sostenere progetti in settori strategici. Nella lettura dell’esecutivo, ad esempio, il nuovo reato contro i deepfake rappresenta una risposta attesa a fenomeni già evidenti nell’attualità.
Occasione mancata?
L’opposizione al governo parla, invece, di occasione mancata. In particolare viene contestata l’assenza di risorse dedicate e la scelta di non vincolare i dati pubblici a infrastrutture nazionali, evocando il confronto con piani d’investimento più robusti annunciati in altri Paesi europei. Il testo nasce già datato e sembra volersi limitare ad introdurre nuovi reati, senza predisporre incentivi per privati e pubbliche amministrazioni.
Ancora più severa la Rete per i Diritti Umani Digitali — che riunisce realtà come The Good Lobby, Amnesty International Italia, Hermes Center, Period Think Tank, Privacy Network e Strali — secondo cui la legge accentra il controllo dell’IA nelle mani del governo, non prevede rimedi efficaci contro gli errori dei sistemi e apre spiragli a forme di sorveglianza biometrica negli spazi pubblici.
Diritti e competitività
Il governo parla chiaro: la legge va intesa come un tassello per attrarre investimenti e posizionare l’Italia nel dibattito europeo e internazionale. Mentre le critiche ricordano che senza fondi, competenze e infrastrutture il rischio è restare fermi ai principi, emerge la distanza tra ambizioni e realtà, che misureremo nei prossimi mesi, quando la cornice normativa dovrà tradursi in prassi verificabili, con un equilibrio non scontato tra innovazione, sicurezza e libertà dei cittadini.
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