Mobilità
30 settembre, 2025Toyota è partita con auto a celle a combustibile nel 2015 con la Mirai. Poi affiancata da Honda e Hyundai, mentre Bmw aveva frenato e ora promette novità dal 2028. Altri come Stellantis e Renault hanno sospeso lo sviluppo
“Il carbonio è il nemico comune”, dice Thiebolt Paquet, vice presidente dell’Hydrogen Factory di Toyota Europe, spiegando perché il primo costruttore mondiale usa tutto quello che si può fare, in termini di tecnologia a minore impatto ambientale, per una mobilità sostenibile. L’idrogeno è una di queste, non la più diffusa e nemmeno la più ambita dall’industria dell’auto, tant’è che alcuni costruttori hanno mollato, anche a causa di margini risicati quando ancora ci sono, mentre altri come il colosso giapponese tirano dritto.
Il vapore acqueo allo scarico
Alimentare un veicolo a idrogeno, attraverso celle a combustibile o fuel cell, significa mobilità a zero emissioni. Significa avere vapore acqueo allo scarico. Significa anche avere ancora costi molto alti e produzione di idrogeno ancora non totalmente “verde” ma “grigio”. Problemi che restano quando una innovazione comincia il suo percorso. Servono tempo, investimenti e scala per guardare negli occhi la meta.
In campo anche Hyundai e Bmw
Toyota è partita con auto a celle a combustibile nel 2015 con la Mirai (“Futuro” in giapponese), grande berlina di cui è stata fatta una seconda generazione nel 2020. Poi affiancata da Honda e Hyundai, mentre Bmw aveva frenato e ora promette novità dal 2028. Altri come Stellantis e Renault hanno sospeso lo sviluppo. Ma se sulle automobili la corsa è rallentata da una serie di problemi non risolvibili nell’immediato – l’elenco di Paquet va dagli alti costi alla necessità di più idrogeno prodotto da fonti rinnovabili, dalla rete di distribuzione quasi assente a norme regolatorie – Toyota anticipa gli investimenti sul trasporto di merci con camion. Sviluppando la sua terza generazione di fuel cell, con rifornimento più rapido in serbatoi che permettano una compressione dell’idrogeno gassoso fino a 700 bar, cioè maggiore quantità nello stesso volume.
I test con i camion e l’autonomia di percorrenza
Nel suo centro logistico europeo di Diest, a un’ora di autostrada da Bruxelles, Toyota ha mostrato ai media come, da maggio scorso, abbia cominciato a sostituire i camion alimentati a gasolio con altri a idrogeno, in giro per l’Europa. Al via quattro grossi veicoli con rimorchio, autonomia fino a 400 chilometri, costi per un pieno ancora fra il doppio e il triplo rispetto al gasolio, con l’obiettivo di aumentarne presto il numero considerando che il costruttore gestisce un magazzino da 120 milioni di parti e accessori e movimenta 200 mezzi al giorno.
Neutralità carbonica entro il 2040
Un piccolo grande inizio, rivendica Charles Ollivier, senior manager di Hydrogen Factory Europe, in nome della riduzione dell’impatto ambientale e dell’ambizione di arrivare il prima possibile al pareggio con i costi di un diesel: "Toyota mira alla neutralità carbonica nella sua catena di fornitura europea entro il 2040. La tabella di marcia è avviata con la sperimentazione di camion a celle a combustibile, veicoli elettrici a batteria, biocarburanti, treni e così via, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di CO₂ del 33% entro il 2030”.
Il grande colosso è ancora la Cina
Toyota, come pochi altri, s’impegna nell’idrogeno perché restare indietro sarebbe fatale. Paquet ricorda quanto la Cina stia correndo anche in questa tecnologia: cinque hub nell’immenso paese sostengono la movimentazione di oltre 4.000 camion pesanti a celle a combustibile che possono contare per il rifornimento su oltre 400 stazioni. “La Cina rappresenta già la metà della produzione di idrogeno verde globale, con costi della materia prima per l’equivalente di 5 euro al chilo”. In Europa siamo fra i 9,9 e i 18 al chilo. Meglio darsi una mossa, anche a zero emissioni.
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