Afghanistan, Mali, Egitto, Tunisia. I fondamentalisti che se la prendono con le opere d'arte fanno solo danni alla loro religione

Quando nel marzo 2001 i talebani decisero di distruggere due grandi statue di Buddha nel nordovest della valle di Swat in Afghanistan, la forte reazione del mondo civilizzato non fu sufficiente per impedire quest'atto criminale compiuto nel nome dell'Islam. L'esplosione di una statua di oltre 40 metri di altezza, risalente a 1.300 anni fa, ha riempito di gioia dei pericolosi ignoranti. Nevrosi e frustrazioni si annidano nell'inconscio profondo, per poi scoppiare un giorno, rovinando secoli di civiltà. L'obiettivo di quei talebani è di distruggere tutte le tracce delle antiche civiltà del buddismo, mentre altri impediscono le vaccinazioni dei bambini contro la poliomielite e saccheggiano le botteghe dei parrucchieri e dei venditori di videocassette.

Oggi altri barbari attaccano i mausolei di Timbuctù e minacciano inoltre di bruciare un tesoro di preziosi manoscritti rari.

IL PEGGIOR NEMICO dell'uomo è l'ignoranza, e quand'è per di più arrogante e soddisfatta di sé abbiamo a che fare con dei criminali che si potranno contrastare soltanto con l'uso di una forza altrettanto brutale della loro stupidità. Ma i principi della democrazia privilegiano la legge e il diritto. Cosa può fare la giustizia di fronte a tanto fanatismo? A che vale un discorso razionale di fronte a presunte credenze religiose?

Per ritrovare l'origine di quest'ideologia che si accanisce contro i santi e le statue dobbiamo risalire al XVIII secolo, quando un teologo di nome Mohamed Abdel Wahhab scrisse dei testi che raccomandavano la pratica di un Islam puro e duro, da interpretarsi alla lettera, ovvero in modo fanatico, inflessibile e violento. Da questa ideologia è nato il "wahhabismo", un orientamento confessionale seguito dai salafiti, che impone l'esercizio della sharia e la rigorosa applicazione di regole e leggi terribili, come la lapidazione delle donne adultere, il taglio delle mani ai ladri, l'esecuzione capitale sulla pubblica piazza degli apostati.

I paesi del Maghreb si sono sottratti a questa tendenza. Ma quando il partito del Fronte Islamico di Salvezza algerino (Fis) è stato escluso dalle autorità dopo le consultazioni politiche del 1991, è scoppiata una guerra civile che ha spinto i fondamentalisti defraudati della loro vittoria elettorale a scatenare una guerra santa contro lo Stato e i suoi sostenitori, che ha seminato oltre un centinaio di migliaia di morti.

Alcuni di questi fondamentalisti sono stati formati nelle scuole wahhabite dell'Arabia Saudita. E una delle loro prime atrocità fu la distruzione dei marabut, le tombe dei santi venerati dal popolo, proibite dal wahhabismo, insieme alle statue e ai mausolei, in base al principio che non possono esistere intermediari tra il credente e Allah, con la sola eccezione del profeta Maometto.

TUTTI GLI ALTRI
sono soltanto degli usurpatori. I distruttori di Timbuctù grivavano: «È haram, è haram». Si sbagliavano. Ciò che è proibito dall'Islam è l'adorazione di idoli di pietra e la confusione fra il Dio unico e un'altra divinità. L'Islam ortodosso, come del resto il giudaismo, vietano di adorare persone il cui culto è spesso misterioso. Entrambe queste religioni monoteiste ritengono che i marabut siano una sopravvivenza dell'epoca pagana. Ma in realtà si tratta di usanze senza conseguenze sulla fede. Ogni città, ogni villaggio ha il suo santo. Distruggerne pertanto il mausoleo è una forma di stupidità. Quanto alle statue, si tratta di opere d'arte, di un patrimonio visitato da turisti provenienti da ogni parte.

In Marocco, ci sono 652 santi, di cui 221 ebrei e 26 donne, ciascuno con il proprio mausoleo. Di questi, 126 sono venerati da ebrei e musulmani. E ogni anno si svolgono pellegrinaggi intorno a quelli di santi festeggiati dagli ebrei originari del Marocco.

I DISTRUTTORI ALL'OPERA nel Mali non sono gente di cultura, ma attivisti che hanno forse imparato a memoria il Corano, senza però comprendere nulla. Va tuttavia ricordato che dietro questi atti di barbarie, c'è il dogmatismo sostenuto da Stati e movimenti salafiti come quelli che minacciano attualmente la rivoluzione in Egitto e in Tunisia. Bande e gruppi armati danno la caccia agli innamorati nei giardini pubblici, nei caffè e nei ristoranti sospetti di servire bevande alcoliche, distruggono opere d'arte e impediscono qualsiasi dibattito sulla religione e la laicità. Questo è ciò che è accaduto nel maggio scorso in Tunisia, dove lo Stato non è abbastanza forte per prevenire questi attacchi e altre violazioni dell'ordine pubblico.

Purtroppo, il governo del Mali ha perso la sua autorità di fronte alla sfida di pericolosi separatisti. Oggi, il paese è diviso e il nord è nelle mani di persone ignoranti che screditano l'Islam e i musulmani nel mondo.

Ogni musulmano non dovrebbe mai stancarsi di ripetere oggi che l'Islam non ha nulla a che vedere con questa barbarie. E spetterebbe soprattutto agli intellettuali, ai professori e anche ai giornalisti, ribadirlo, poiché l'Occidente, e in particolare alcuni dei suoi esponenti politici, tendono volentieri a pensare che l'Islam si confonde con il terrorismo.