Stazzema, Marzabotto, Civitella: la Germania non persegue le Ss che uccisero in Italia. Ma un avvocato dà battaglia

La storia non si ferma. E neanche la sete di giustizia. Specie quella che riguarda i crimini compiuti, dopo il 1943, dalle truppe naziste in Italia. Come la strage perpetrata il 12 agosto ’44 da una divisione delle Ss, a Sant’Anna di Stazzema. In tre ore trucidarono 560 persone. Fra cui anziani, donne e bambini. Tutto occultato per decenni nel cosiddetto “armadio della vergogna”. Sono passati 69 anni, in Germania non si riesce ancora a portare in tribunale i responsabili di quella carneficina sull’Appennino toscano. «Sì, qui ci sono problemi ad affrontare processi contro gli artefici delle stragi in Italia», rivela a “l’Espresso” Gabriele Heinecke. È l’avvocato che a gennaio presentò ricorso - poi bocciato - alla procura generale di Stoccarda contro l’archiviazione del processo a otto ex Ss imputate della strage di Stazzema. Ma che ora torna alla carica con un ricorso al tribunale di Karlsruhe «per ottenere giustizia per quei crimini atroci contro l’umanità».

Partiamo dal 26 settembre 2012. Giorno in cui la procura di Stoccarda ha archiviato il processo. Su cosa si basava quella sentenza?
«La procura di Stoccarda accettava il fatto che il massacro di Sant’Anna fosse un crimine di guerra. Ma l’archiviazione si basava sulla tesi che, dopo dieci anni d’indagini, la giustizia tedesca non avesse potuto ricostruire i ruoli dei singoli imputati delle Ss. Non risultava poi possibile accertare che fosse stata un’operazione pianificata contro i civili. E non un’azione avvenuta in modo spontaneo nell’ambito della lotta ai partigiani».

È plausibile che una strage di quelle dimensioni possa verificarsi senza premeditazione?
«No, tanto più che esistevano ordini dati sin dal 1942 da Hitler e poi nel 1944 da Kesselring (comandante in capo in Italia, ndr.) che prevedevano espressamente azioni contro civili, donne e bambini inclusi. La sedicesima Divisione SS fu la più assetata di sangue in Italia, in soli due mesi dell’estate 1944 sterminò 2.500 civili».

Ma che fossero condannati all’ergastolo dai tribunali militari di La Spezia e Roma, e poi in Cassazione, non è un argomento per i giudici tedeschi?
«La procura di Stoccarda ha dichiarato il 22 giugno 2005, giorno del verdetto del tribunale di La Spezia, che quel giudizio era “campato in aria”. A suo modo di vedere i dieci Ss imputati erano stati individuati e giudicati in modo arbitrario».

Per la strage di Stazzema ci sono due rei confessi nelle Ss. Perchè i giudici non li hanno riconosciuti ?
«È vero, già nel 1999 Horst E., un sergente delle Ss, raccontò alla “Süddeutsche Zeitung” la sua partecipazione all’eccidio. Disse d’aver ricevuto la sera prima l’ordine “di un’azione contro le bande”. E di avere trovato in una stalla fra i 20 e i 25 civili, poi falcidiati con il mitra. L’incredibile è che solo nel maggio 2002 Horst E. venne interrogato, come imputato non in qualità di testimone. Ma l’estate dopo morì».

E l’altro testimone?
«Era Ludwig G. che ammise d’aver aperto il fuoco a Sant’Anna contro 20 tra donne e bambini, e per questo fu condannato dal tribunale di La Spezia all’ergastolo. Anche lui morì all’inizio del 2011».

Senza esser mai processato in Germania?
«Anche lui in Germania fu ascoltato come testimone, non imputato. Già accogliere dei sospetti come testimoni è contrario ad ogni procedura. Le indagini nel suo caso furono tirate alle lunghe e si tentò di discolparlo».

Sia lo storico Carlo Gentile sia lei, lo scorso gennaio, avete fatto ricorso a Stoccarda. Perché i giudici l’hanno rigettato?
«Gentile ha presentato a Stoccarda un’analisi circonstanziata dell’azione a Sant’Anna. Certo, l’ordine scritto non c’è. Ma le Ss non sterminavano in modo “spontaneo”: quell’eccidio fu operazione militare accuratamente preparata nel quadro delle cosiddette “azioni di ripulimento territoriale” dalle “bande” partigiane. L’intenzione di uccidere era chiara salendo a Sant’Anna. La procura di Stoccarda ha cercato di salvarsi in un modo a dir poco arbitario. Può essere - ha argomentato - che la strage a Sant’Anna sia stata preparata, ma non risultando ordine scritto potrebbe anche esser altrimenti. Al diritto tedesco questo basta per non imputare colpe individuali».

I giudici tedeschi temono che, aprendo un processo per Stazzema e riconoscendo le colpe di quei criminali nazisti, si debbano poi risarcire le vittime di tutte le stragi naziste in Italia e altrove?
«Può essere che sia questo il motivo per non istituire processi in Germania. Nel 2000 l’Alta Corte greca ha riconosciuto alle vittime del massacro nazista nel paese di Distomo il risarcimento di circa 28 milioni di euro. L’avvocato Ioannis Stamoulis voleva “pignorare” l’istituto Goethe ad Atene quando Joschka Fischer, allora ministro degli Esteri, minacciò di non accettare la Grecia nell’euro se si fosse arrivati a tanto. Situazione analoga si è ripetuta in Italia per il risarcimento degli Imi, gli internati di guerra in Germania, che ha portato all’ipoteca giudiziaria di Villa Vigoni, proprietà tedesca sul lago di Como».

Peccato che nel 2008 la Germania, contro la decisione della Cassazione, si appellò, e con successo, alla Corte internazionale dell’Aia.
«Esatto, nel febbraio 2012 la Corte ha deciso che le vittime di crimini nazisti non possano pretendere risarcimenti dalla Germania, dato che questa gode del diritto all’immunità giurisdizionale contro crimini nazisti. A mio modo di vedere, una decisione sconvolgente. Ha fatto bene la Cassazione in Italia a criticare la sentenza dell’Aia. Così come fa bene il mio collega Joachim Lau a sostenere la causa degli ex-internati italiani, nonostante la Germania faccia di tutto per opporvisi ».

Ma vuole impugnare la sentenza dalla Corte internazionale?
«Il tribunale internazionale non è il Giudizio universale. E noi oggi, anche rispetto agli orrori perpetrati contro le popolazioni civili nei vari scenari di guerra, non possiamo abbandonare la speranza che i giudici a L’Aia mostrino più giudizio ed umanità».

Quindi è giusto che la Repubblica Federale risarcisca i familiari delle vittime?
«Certo. Fino a oggi quei risarcimenti sono stati dati solo in forme minime e in seguito a forti pressioni politiche. La Germania ha tentato con ogni astuzia di evitare processi per il risarcimento ai civili. Dal trattato di Londra del ’53 ai più recenti trattati per l’unificazione della Germania, si è mirato a proteggersi da ogni pretesa di risarcimento».

Eppure la coscienza della Germania s’è formata, dal ’68 in poi, sul “Nie wieder Auschwitz!”, sulla memoria e responsabilità per l’Olocausto. Non è un controsenso la resistenza dei tribunali?
«Credo che esageri nella sua valutazione della coscienza della Repubblica Federale. Quella che chiama la coscienza dell’Olocausto porta il nome del grande giurista Fritz Bauer: senza di lui non ci sarebbero mai stati, dal ’63 al ’68, i processi a Francoforte contro Auschwitz. Ma Bauer fu molto avversato e, dopo il ’68, la continuità nella giustizia tedesca fu non istituire altri processi e non pagare risarcimenti ».

L’anno scorso a Sant’Anna di Stazzema è venuto Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, a marzo il presidente tedesco Joachim Gauck: è servito a qualcosa?
«Queste visite hanno due lati. È un bene che non si dimentichino i crimini delle Ss a Stazzema. Ma non è positivo che la Germania dia con tali gesti l’impressione d’aver fatto qualcosa per le vittime della violenza nazista. I gesti della memoria sono inconsistenti se non corroborati da fatti. E per fatti non intendo le commissioni di storici».

Cosa intende, allora?
«L’istituzione di processi che accertino le colpe o l’innocenza degli imputati. Una cosa è il versamento di somme simboliche per memoriali o la deposizione di corone, un’altra l’assunzione di responsabilità e il pagamento senza se e senza ma dei dovuti risarcimenti alle vittime del nazismo».

Quali saranno i prossimi passi legali?
«Il 21 giugno abbiamo presentato ricorso alla Corte d’Appello del tribunale di Karlsruhe. Vede, nel 2002 gli imputati per l’eccidio a Sant’Anna erano 14, ora si sono ridotti a cinque ultranovantenni, e non vorrei che la soluzione di questo procedimento fosse, per così dire, biologica».

L’obiettivo è mandare cinque ultranovantenni in galera?
«L’obiettivo è la giustizia. Enrico Pieri ha perso a Stazzema la sua famiglia. Ha diritto che gli assassini siano processati».

Ma cosa la spinge a difendere le vittime di questa strage?
«Le mie convinzioni politiche, il mio senso della giustizia e della morale».