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I volti più noti sono quelli della francese Marine Le Pen (Fronte Nazionale), dell'olandese Geert Wilders (Partito per la Libertà) e del britannico Nigel Farage (Ukip), ma dietro di loro cresce quasi in ogni Paese una schiera di neopopulisti. Politici che hanno cercato, seguendo soprattutto l'esempio di Marine Le Pen, di rendersi più presentabili, come ha fatto in Svezia Jimmie Akesson dei Democratici (di estrema destra a dispetto del nome), in Belgio Gerolf Annemans di Interesse Fiammingo e poi Andrej Danko del Partito Nazionale Slovacco. C'è pure chi negli anni, al contrario, si è radicalizzato, come l'attuale premier ungherese Viktor Orbán, che ha trasformato la sua Fidesz, da partito cristiano-democratico ispirato alla Cdu tedesca, in una formazione di destra autoritaria.
Infine ci sono anche quanti non ci pensano proprio a “imborghesirsi”, anzi esaltano la loro natura neofascista, o addirittura neonazista. Sono i greci di Alba Dorata, guidati da Niko?laos Michalolia?kos, e gli ungheresi di Jobbik, di Gábor Vona.
È un esercito compatto, quello dei populisti europei? Niente affatto. È molto facile, in tempi di crisi economica e di rivendicazioni territoriali locali anti-globalizzazione, soffiare sul fuoco della paura dell'immigrato, della rivolta contro l'euro, l'Europa e le banche. Più difficile avanzare una proposta concreta e unitaria. Ecco allora che il britannico Farage, nonostante il tentativo di mediazione dell'olandese Wilders, non vuole ancora avere a che fare con la francese Le Pen («Nel suo partito si annidano profondamente elementi di antisemitismo»), che a sua volta si tiene lontana dagli ungheresi di Jobbik e dai greci di Alba Dorata. A ciò si aggiunga che Fidesz, la formazione del premier magiaro, è da anni membro del Partito Popolare europeo, e che su temi come Israele, gli omosessuali o l'economia le posizioni sono in generale assai variegate (il rumeno Vadim del Partito della Grande Romania si è convertito a filoisraeliano; nella sua crociata anti-Islam Wilders difende i diritti degli omosessuali in quanto valori olandesi; l'Ukip in economia è più liberale del Fronte Nazionale). E come possono convivere i nazionalismi di Vadim, Vona e Danko, visto che la Grande Romania, la Grande Ungheria e la Grande Slovacchia da loro vagheggiate sono sogni inconciliabili per definizione?
Dei 15 movimenti che qui presentiamo, al Parlamento europeo quattro fanno parte dell'Alleanza Europea per la Libertà (l'Fpö austriaco, Interesse Fiammingo, Fronte Nazionale, Democratici Svedesi), mentre nel gruppo Europa per la Libertà e la Democrazia siedono, insieme alla Lega Nord, il Partito Popolare danese, i Veri Finlandesi, il Partito Nazionale Slovacco e l'Ukip. L'obiettivo di Le Pen e di Wilders è ora riunire i due gruppi, fare fronte comune coinvolgendo più formazioni possibili. Certo, è da escludere che siano della partita la destra estrema di Jobbik e Alba Dorata, ma è possibile che anche con loro, in aula, si raggiungano qualche volta delle intese.
Il settimanale britannico “The Economist” va oltre, aggiunge a tutto questo blocco anche il M5S di Beppe Grillo e alcune formazioni di sinistra, come la greca Syriza di Tsipras e la Izquierda Unida spagnola, e prevede che così le forze anti-europee e populiste passeranno da 140 a 200 deputati, molto più di un quarto del totale. Sono calcoli che lasciano il tempo che trovano, ma danno il senso di un quadro politico nuovo. Le forze anti-europee non sono più degli sparuti e folkloristici gruppuscoli. Sono una realtà con cui chi crede nell'Ue deve fare i conti. Se non vuole che il sogno europeo si trasformi in un incubo.