Foto di bambine bionde ovunque. Sui tavolini del soggiorno, incorniciate in argento; affastellate le une sulle altre in un quadro rettangolare di memorie sulla parete dell’ingresso e, sorridenti, sullo scaffale in un angolo della cucina. È in nome loro, delle due bimbe di ieri e di quelle di oggi, le nipoti, che, dopo una vita passata a dare il voto ai conservatori di Nuova Democrazia, i sessantenni coniugi Dimou hanno deciso di rompere con il pragmatismo dell’età adulta e di votare alle elezioni nazionali del prossimo 25 gennaio per Syriza, il nuovo volto della sinistra greca. Nei sondaggi più recenti il partito guidato dal carismatico Alexis Tsipras è dato in vantaggio di tre punti percentuali sul secondo partito, la Nuova Democrazia di Antonis Samaras, il premier attuale.
«Non so se Alexis sarà in grado di cambiare la situazione, non ci conto ma lo spero», spiega Iannis Dimou, un tempo insegnante di matematica in una scuola privata da lui fondata per aiutare gli alunni del liceo a superare gli esami di ingresso nelle migliori università greche: «Non ho cambiato ideologia politica. Ma è il Paese che ha bisogno di un cambiamento radicale perché è al livello più basso di sempre. Ci sono 180 famiglie in questo quartiere costrette a mangiare alla mensa pubblica. Ho visto giovani con il dottorato restare senza lavoro, i miei studenti migliori costretti a emigrare. Ai nostri figli il governo attuale sta rubando il futuro». Scandisce le parole con calma, senza enfasi. Sa bene che, in un Paese dove i nipoti votano come i nonni, la sua decisione è epocale. Ma sa anche che non sarà l’unico greco a prenderla.
[[ge:rep-locali:espresso:285513530]]Secondo i dati di Syriza circa il 13 per cento degli elettori tradizionali della destra voteranno per Tsipras. E lo faranno perché vedono in lui - una volta l’astro nascente della sinistra estrema oggi il leader quarantenne di un partito più prudente - l’unico vero ostacolo al definitivo impoverimento della Grecia. Oltre ad apprezzarne i muscoli anti-Angela Merkel (anche se nessuno ritiene concreta l’eventualità di un’uscita dall’Eurozona e l’80 per cento dei greci si dichiara anzi contrario all’eventualità), ne approvano incondizionatamente l’intenzione di far pagare finalmente anche alle élites, protette dal partito conservatore al potere da queste finanziato, le conseguenze della crisi. Uno slogan tra tutti: tasse sulla casa sì ma progressive, ovvero alte per i più benestanti e gratuite per i più poveri.
Così mentre i banchieri di mezzo mondo rispolverano i piani elaborati tre anni fa per proteggersi da una possibile uscita della Grecia dall’euro, loro, i cittadini greci, stanno faticosamente rimettendo in discussioni convinzioni e tabù decennali. In bilico sono le ideologie ereditate dalla guerra civile degli anni Quaranta, oggi in collisione con la dura realtà economica: il bisnonno ucciso dai comunisti, ad esempio, non restituirà la casa al mare messa in vendita per pagare le tasse. In fase di smantellamento sono anche le regole di una politica basata sul voto di scambio: non ci sono più soldi per offrire un posto in un inutile ufficio pubblico come ricompensa della fedeltà politica a un certo candidato.
È la vita attuale e la sua girandola di emozioni negative a condizionare le scelte politiche. «Ho sempre pensato che una volta in pensione avrei vissuto con ogni agio», spiega Iannis, 67 anni: «Ma l’affitto che ricavo dai due negozi che avevo comprato come investimento non supera complessivamente i 500 euro al mese; nella casa di famiglia abita una delle mie due figlie e la mia pensione è stata ridotta a 700 euro».
Mentre Iannis racconta la sua storia cadono alcuni fiocchi di neve sul balcone che cinge l’appartamento. In casa i termosifoni sono spenti: la maggioranza degli inquilini di questa palazzina della piccola borghesia ateniese non vuole pagare per il gas. Chi se lo può permettere ha comprato dei condizionatori elettrici che utilizza quando ci sono ospiti in visita. «Le élites al governo ci hanno lasciato al gelo», sospira Iannis tirando verso l’alto la zip della felpa: «È tempo che ritorni il caldo».
Ad aspettare fiducioso la ricomparsa del caldo è anche Angelo Katsulis nel benestante quartiere periferico di Glifada, a pochi metri dal mare. «Nel 2012 votai per Samaras perché promise di non tagliare salari e pensioni. Disse anche che ogni famiglia avrebbe avuto almeno un suo membro con un posto di lavoro. Bugiardo! Adesso se il Paese deve proprio andare in malora allora preferisco che ce lo porti Tsipras che quel farabutto di Samaras!». Parla con enfasi Angelo, ex tesserato di Nuova Democrazia, sotto lo sguardo attento della moglie e quello annuente degli amici. «In famiglia siamo 45: votavamo tutti Samaras ma ora stiamo con Tsipras», annuncia deciso l’ex maitre d’hotel in pensione: «Mi sento in obbligo di votare per Syriza per rispetto verso tutti coloro che si sono suicidati a causa della crisi; per chi ha perso tutto; per i ragazzi intelligenti che hanno dovuto lasciare il Paese; per il futuro dei miei figli. Glielo devo», spiega con un filo d’emozione.
Il figlio di Angelo, 38 anni, è disoccupato da tre anni come del resto quasi il 30 per cento della popolazione. La figlia invece si tiene stretto il lavoro di infermiera in un ospedale privato del quartiere. Anche lei voterà per Tsipras ma, raccontano i genitori, si guarda bene dal dirlo a chicchessia: «Basta talmente poco per essere licenziati in questo momento!», spiega Anna Katsulis, la moglie di Angelo: «C’è chi potrebbe fargliela pagare per questa scelta di sinistra». E la famiglia non si potrebbe permettere un altro membro disoccupato con in più una nipote a carico. «Ormai è chiaro che Samaras sta solo dalla parte del grande business», sottolinea il capofamiglia al terzo bicchiere di raki, la celebre grappa greca a base di anice: «La nostra classe media continua ad essere decimata, i negozi chiudono, le piccole aziende falliscono. La Grecia sta diventando un Paese con pochi ricchi e tantissimi poveri».
Perfino la Troika - il trio composto dall’Unione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale che ha salvato il Paese dalla bancarotta in cambio di tagli epocali alla spesa pubblica - aveva espresso preoccupazione per il fatto che Nuova Democrazia, sostenuta al governo dai vecchi socialisti di Pasok, ha posto il fardello delle misure di austerità soprattutto sulle spalle della classe media e medio bassa, salvaguardando gli interessi dei cittadini benestanti e meglio connessi politicamente.
Un tale cambiamento nella struttura socio economica del Paese non avrebbe potuto non avere profonde conseguenze politiche. «Dal 2012 il voto politico si è radicalizzato lungo tre discriminanti: il censo, l’età e la provenienza geografica», riassume Ilias Nikolakopoulos, forse il più celebre sociologo greco grazie alle sue appariazioni televisive durante le tornate elettorali. A votare per il partito di Samaras, sempre più conservatore, con tendenze fasciste e profondamente legato ai poteri forti greci, sono i cittadini più abbienti e coloro che, pur avendo visto ridursi i propri risparmi, avrebbero comunque molto più da perdere nel caso in cui Tsipras attuasse politiche redistributive della ricchezza o la Grecia uscisse dall’euro (cosa che peraltro Syriza non ha mai chiesto). A dare il loro appoggio a sinistra sono invece gli strati più poveri della popolazione, ingrossati dalla continua erosione della classe media e, per dirla con le parole di uno dei mostri sacri della letteratura greca contemporanea, Nanos Valaoritis, «chi ha perso tutto tranne l’intelletto».
Proprio la famiglia di Yannis e Aggeliki Dimou è un esempio perfetto del nuovo dualismo politico che sta dividendo il Paese. Delle due figlie, Efi, mamma di due bambine, è un’ex campionessa europea di ginnastica ritmica, oggi dentista in una struttura pubblica che aiuta le fasce più deboli della popolazione. L’ex marito ha una società di installazione di impianti a gas che fino a cinque anni fa gli consentiva un buon tenore di vita ma che adesso, con il collasso del settore edile, lo lascia a casa per gran parte del mese.
Il 25 gennaio, mettendo da parte le tentazioni anarchiche di una volta, Efi voterà per Syriza «perché in questo momento storico ogni voto è utile per mandare a casa chi ha rovinato il Paese». Sua sorella Markela invece è sposata con un giovane armatore greco proprietario insieme alla madre e al fratello della società di spedizioni via mare Transmar fondata dal padre all’inizio degli anni Settanta. Lei, tre figli, giornalista di formazione, grazie a un finanziamento del marito ha fondato e ora dirige “Talk”, una rivista gratuita che si rivolge ai neogenitori. Ormai membro a tutti gli effetti della conservatrice élite greca, voterà per Nuova Democrazia come il marito o, forse, per Potami (vedi box), il nuovo partito che vorrebbe offrire un’alternativa moderna e liberale agli elettori di destra desiderosi di cambiamento.
Dopo la profonda divisione per censo, l’elettorato greco è spaccato anche per età, lungo la linea dei 55 anni: la maggioranza di chi sta al di sotto vota per Syriza, soprattutto chi si affaccia per la prima volta al voto; chi si trova al di sopra tende a votare per Nuova Democrazia. «Mio padre, che ha 83 anni, mi chiama ogni giorno per convincermi a votare per Nuova Democrazia, sostenendo che altrimenti la sua pensione sarà ulteriormente ridotta e che la Grecia andrà a rotoli», esclama Aggeliki: «E pensare che proprio lui è parte del problema di oggi. Ha lavorato 25 anni ed è in pensione da 40!».
Infine è rilevante una terza discriminante di voto: in campagna, dove la penetrazione delle tv satellitari e dei social media è bassa e l’informazione arriva quasi solo attraverso i canali televisivi controllati dal governo, si vota per i conservatori mentre in città dove la popolazione è meglio informata per la sinistra. Non a caso tra i punti della proposta di governo di Syriza molto in alto c’è la riforma delle concessioni televisive che fino ad oggi sono state regalate dal governo agli imprenditori amici in cambio del sostegno politico. Con grandi vantaggi personali ed enormi perdite pubbliche.
Proprio la corrotta relazione tra settore pubblico e privato è al centro dell’attenzione del programma di governo di Syriza. Le modalità di assegnazione degli appalti pubblici saranno poste sotto scrutinio in un tentativo di mettere fine all’oligopolio di poche ma potentissime famiglie ed aprire finalmente il mercato alla competizione di nuovi investitori locali e degli stranieri.
Nella regione più importante della Grecia, l’Attica, che si estende su una superfice superiore a quella del Belgio, lo scorso maggio è stata eletta Rena Dourou, una bionda quarantenne arruolata tra i colonnelli di Tsipras. Sei mesi dopo, alcuni cambiamenti sono già visibili. La nuova amministrazione ha cancellato quattro gare per la gestione dei rifiuti regionali perché non in linea con le norme europee, come sottolinea Angelo Katsulis:«Finalmente qualcuno che ha tolto potere ai Bobolas, alla faccia di tutti coloro che dicono che Syriza non potrà cambiare nulla». I Bobolas sono una delle dodici famiglie più potenti della Grecia con una ricchezza complessiva di circa 250 milioni di euro, numeri uno nel settore dei media con Megachannel, il primo canale televisivo della Grecia, e i più grandi costruttori del Paese con la società Ellaktor oltre che tra i principali gruppi industriali dei Balcani. «Vogliamo aprire un nuovo capitolo nella regione dell’Attica senza le relazioni clientelari e la corruzione che ha caratterizzato i partiti di governo», ha scritto Dourou in un email di risposta ad alcune domande dell’“Espresso”.
Nonostante le buone intenzioni, l’eventualità di una salita al potere della sinistra considerata estremista spaventa i mercati terrorizzati soprattutto dalla reazione della Germania alla richiesta principale di Tsipras: la rinegoziazione di un debito pubblico salito nei cinque anni di crisi al 175 per cento del Pil che non lascia spazio a nessuna strategia di crescita economica. Avverrebbe sulla falsa riga di quanto fatto nel 1953 per la Germania nella conferenza di Londra. «In quel momento le principali nazioni europee, Grecia inclusa, decisero di cancellare una buona parte del debito tedesco e di organizzare i pagamenti della restante sulla base del tasso di crescita dell’economia», scrive Dourou: «L’ultimo pagamento avvenne nel 2010». 57 anni dopo.
«Qualcuno deve tenere testa ai tedeschi altrimenti finiranno per asfaltarci», spiega Valaoritis, 93 anni, testimone della Seconda guerra mondiale, della guerra civile e della dittatura dei Colonnelli: «Perché i tedeschi sono sì gente senza scrupoli ma se li minacci diventano buoni come agnelli». Una pausa: «Tsipras è la nostra sola speranza».