La clamorosa vittoria della sinistra radicale di Alexis Tsipras ha già il sapore di un cambio d'epoca, di un macigno lanciato nello stagno di una politica europea troppo uguale a se stessa e incapace di raccogliere le alte sfide che le avevano lanciato una crisi economica senza precedenti nel dopoguerra, l'insopportabile dilatarsi della forbice ricchezza-povertà, un'ineguaglianza mai così larga nell'opulento Occidente.
Da tempo ci si chiedeva come fosse possibile che, in momenti del genere, la sinistra non riuscisse a raccogliere consenso e a rappresentare gli interessi della sua storica classe di riferimento, data per scomparsa, e invece riapparsa, numerosa, nelle strade di un'Europa immiserita e malinconica.
Troppo adusa, per una cooptazione riuscita coi poteri forti, a parlare il linguaggio dei banchieri e del mercato e non più quello della gente che non arriva, coi magri stipendi, alla terza settimana del mese, una sinistra imborghesita si batteva, e piuttosto pigramente, per migliorare uno zero virgola nei parametri di Maastricht, o per strappare alla regina del Continente, Frau Merkel, la benevolenza di una concessione o una dilazione. Convinta che solo così, senza spaventare il ceto medio, si possono vincere le elezioni. Ma il ceto medio è stato risucchiato in basso, nel mare largo a ridosso della soglia della povertà. Non è più in grado, non più come un tempo almeno, di decidere le fortune nelle urne.
Non deve stupire allora se un ragazzo quarantenne, di buona cultura, raffinato eloquio, ma soprattutto senza paura di apparire radicale, Alexis Tsipras, diventa l'interprete più acuto di una stagione che chiama il coraggio di osare. Dove osare significare sfidare tabù come il rigore in economia, il potere della Troika. E gridare al mondo che le equazioni degli economisti, le loro operazioni riuscite (ma col paziente morto) hanno già provocato troppe rovine per essere procrastinate.
Atene, già culla della democrazia, si prende la responsabilità di rilanciare la Politica. E Tsipras è l'alfiere di quella economia giusta che mette l'uomo al centro della scena, non gli esperimenti astratti di un capitalismo vorace, in buona parte responsabile della recente catastrofe a causa della sua degenerazione più offensiva: quella della finanza irresponsabile. Così la giovane formazione “Syriza”, dalle percentuale da prefisso telefonico, in pochi anni sale fino al rango di primo partito, scardina l'obsoleto gioco destra-sinistra, terremota il lembo sud del Balcani. Con un sisma che si propaga già, sotto la pelle della volontà popolare, in buona parte del Continente. Non è un caso se abbiamo spesso visto in questi giorni accanto al leader greco, anche lo spagnolo Pablo Iglesias, della neonata “Podemos”, accreditata a Madrid di quasi il 30 per cento dei consensi, un altro uragano pronto a scatenarsi sul trito dualismo socialisti-partito popolare.
E' il Mediterraeo, il mondo latino, che si ribella al rigorismo dei beneficiari della crisi. La Germania, anzitutto, la cui economia ha grandemente goduto dei benefici dell'euro. Le banche, che furono all'origine del grande dissesto (ed era il 2008, più di sette anni fa). La stessa Unione europea che ha messo a capo della commissione Jean Claude Juncker, l'ex premier di un Paese, il Lussemburgo, paradiso fiscale per multinazionali desiderose di sfuggire alle tasse di altre nazioni: bell'esempio di solidarietà tra partner di uno stesso progetto.
I greci sono coloro che più hanno pagato gli errori dei loro governanti, anzitutto, e poi la cecità di burocrati che hanno imposto sacrifici draconiani ottenendo in cambio un Paese stremato. E, in definitiva, consegnandolo nelle braccia di chi l'ha saputo raccogliere promettendo carezze e la fine delle bastonate.
Naturalmente la prova dell'esecutivo sarà impegnativa per Tsipras e i suoi compagni. E ci sono da mettere nel conto difficoltà e sbandamenti. Ma da stamane c'è un'Europa diversa che si fa largo e chiede di essere ascoltata. Tapparsi le orecchie sarebbe inutile. Il treno ha fischiato non solo per le destre, ma anche per le sinistre moderate, spesso complici di politiche lontane dal suo dna. Speriamo che anche il nostro premier, Matteo Renzi, abbia sentito forte e chiaro quel fischio.
Mondo
26 gennaio, 2015La vittoria della sinistra radicale di Syriza è il segno di un cambio d'epoca. E un campanello d'allarme per quel centro sinistra che nei paesi europei non ha saputo vedere come la classe media scivolasse sempre più nella povertà
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