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Mondo
novembre, 2016

Morto Fidel Castro, Cuba volta pagina

A novant'anni si è spento il leader della rivoluzione cubana. La sua morte arriva in un momento di cambiamenti radicali per l'isola. Quel che non sapremo mai è se abbia dato la sua approvazione

Nelle ultime e sempre più rare apparizioni in pubblico Fidel Castro con i passi incerti e l’eloquio balbettante emanava già un’aura di leggenda prossima a consegnarsi alla storia. L’ex presidente uruguaiano Josè Mujica, che era andato ad omaggiarlo a casa, lo descriveva “deteriorato dagli anni e dalla malattia”. Da quel momento la sua esistenza in vita è stata segnalata solo da scarne notizie sui capi di Stato, incluso papa Francesco, che passavano a trovarlo. Si diradarono anche le sue riflessioni su “Granma”, il quotidiano del partito comunista cubano. Nessun commento alla svolta storica dell’85enne fratello Raul che ha scongelato le relazioni con gli Stati Uniti. Appena un accenno di scetticismo alla possibilità di sviluppo dei rapporti con la Casa Bianca dopo la visita di Obama.

La morte del 90enne Fidel Alejandro Castro Ruz, il lider maximo che fra la metà del secolo scorso e gli inizi dell’attuale ha demolito quasi tutti i record di durata al potere, non coglie di sorpresa anche se fino all’annuncio ufficiale è rimasta avvolta nella fitta ragnatela di enigmi che avvolge tutti i regimi dittatoriali. Innumerevoli volte era stata prematuramente annunciata, in seguito ai 638 attentati (oltre cento negli anni Ottanta sotto la presidenza americana di Ronald Reagan). Ma era evidentemente destino che la sua scomparsa avvenisse in maniera non violenta, per cause naturali, nel momento di un cambio radicale per la rivoluzione cubana che non si saprà mai se lui aveva approvato.

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Fidel Castro e la rivoluzione cubana nelle pagine dell'Espresso
26/11/2016
Fidel Castro era nato il 13 agosto 1926 a Biran, un paesino della provincia di Holguin. Primogenito di Angel Castro Argiz, facoltoso proprietario terriero di origine galiziana, e di Linda Ruz Gonzalez, una cubana figlia di emigrati dalle Canarie. A sei anni i genitori lo iscrivono alle elementari nell’istituto per famiglie benestanti La Salle di Santiago. Dai 15 ai 19 anni frequenta all’Avana il collegio dei gesuiti Belen, dove approfondisce i temi religiosi che anche durante l’evoluzione marxista lo spingeranno a non staccarsi mai del tutto dalla Chiesa e a favorire la visita a Cuba di tre Papi, e si lega agli intellettuali che si battono per il riscatto della cultura ispanica contro il colonialismo anglosassone. Dal ’45 studia legge alla facoltà di diritto all’università dell’Avana, dove i professori nazionalisti accentuano la sua avversione contro lo sfruttamento dell’economia cubana perpetrato dalle grandi compagnie statunitensi.

Aderisce negli anni successivi alla lega antiimperialista ostile al nuovo presidente cubano Ramon Grau. Nel '48 sposa Mirta Diaz Balart, studentessa di filosofia, e la porta in viaggio di nozze negli Stati Uniti. Un matrimonio turbolento che una quarantina di anni fa sfocia nel divorzio (anche per le numerose infedeltà del lider maximo). Dalia Soto del Valle, la vedova ufficiale che gli ha dato cinque figli (i nomi cominciano tutti con la A), figlia di un produttore di sigari di Trinidad nemico acerrimo del comunismo, compare sulla scena sentimentale di Castro solo agli inizi degli anni Sessanta. Fidel la sposa quasi in segreto nell'80, dopo la morte di Celia Sanchez, la compagna della Sierra che era stata il suo grande amore.

Fra il ‘50 e il ‘52 Fidel si guadagna da vivere lavorando come avvocato in un piccolo studio legale. Nel ‘52 tenta il primo salto nella politica, candidandosi al Senato nelle file del Partito Ortodosso, ma il colpo di Stato di Fulgencio Batista annulla le elezioni. Una svolta traumatica che lo spinge a assecondare definitivamente i suoi impulsi rivoluzionari. Organizza con 80 altri guerriglieri nel luglio '53 l'assalto alla Moncada e viene respinto dall'esercito lealista. E' catturato e processato. Prima della condanna (15 anni, amnistiati nel '55) nell'arringa di difesa pronuncia la sua frase più celebre: “La storia mi assolverà”.

Dopo la scarcerazione va in esilio in Messico e negli Stati Uniti. A Città del Messico incontra Che Guevara. Tra i due scocca la scintilla che cambierà i destini di Cuba. Nel '56 i due leader rivoluzionari, insieme a Raul (il fratello allora nell'ombra di Fidel) e Camilo Cienfuegos partono su una piccola imbarcazione (il “Granma”) dalle coste messicane e raggiungono clandestinamente quelle cubane. Qualche mese dopo sferrano nelle regioni orientali una prima offensiva militare che viene repressa.

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Fidel e i suoi più stretti collaboratori si rifugiano nella Sierra dove fanno proselitismo mettendo insieme un esercito di 800 guerriglieri. Inizia la lunga marcia della rivoluzione che si concluderà l'1 gennaio del '59 con la precipitosa fuga in aereo di Batista. Fidel concentra nelle sue mani tutte le leve del potere, proclamandosi primo presidente del Consiglio di Stato, primo ministro e primo segretario del Partito comunista cubano. Il lider maximo rimarrà padrone incontrastato dell'isola fino all'8 febbraio 2008 quando si dimette dal governo a causa di una diverticolite che per alcune settimane lo trattiene fra la vita e la morte. Il 19 aprile 2011 lascerà anche la leadership nel partito, consegnando il potere al fratello Raul, che come capo delle forze armate controllava già l'economia e che inizierà un lento cammino di riforme sfociato (anche grazie alla mediazione di papa Francesco) nel disgelo con gli Stati Uniti.

]All'inizio della sua straordinaria avventura politica Fidel non aveva rapporti tempestosi con gli americani. Anzi Washington riconosce quasi subito il suo governo. I primi contrasti nascono con le nazionalizzazioni delle compagnie statunitensi che operavano a Cuba. Ma c'è subito un tentativo di ricucitura. Il lider maximo visita la Casa Bianca, ricevuto dal vicepresidente Richard Nixon (il presidente Dwight Eisenhower lo considera troppo naif e in odor di comunismo). Il confronto non produce però alcuna intesa. Anzi, al ritorno all'Avana, Fidel espropria i colossi americani del petrolio e comincia a stringere legami con l'Unione Sovietica.

Il 17 aprile '61 un commando di esuli cubani addestrati dalla Cia (e almeno ufficialmente non autorizzati dal nuovo presidente John Kennedy) cerca di rovesciare il regime castrista con l'assalto della Baia dei Porci. La missione fallisce. E la minaccia sventata incoraggia definitivamente Fidel a abbracciare il maerxismo-leninismo e a avviare l'economia verso la pianificazione di stampo comunista mutuata da Mosca.

La crisi del missili, che fa temere la catastrofe planetaria, scoppia nell'ottobre del '62. La prospettiva di una batteria di ordigni installata dal leader sovietico Nikita Krusciov a Cuba induce Kennedy a un braccio di ferro che con grande sollievo del mondo intero si conclude la ritirata del progetto. Da quel momento Cuba, che era già stata indebolita da una raffica di sanzioni, viene colpita dall'embargo americano che dura ancor oggi.

Negli anni successivi, Cuba cerca di esportare il suo modello con il Che (che troverà la morte nell'ottobre '67 in Bolivia) in Africa e in Sudamerica sulla spinta della fascinazione esercitata dall'antiamericanismo (e antiimperialismo) che attrae i radicali di sinistra di tutto il mondo.

Fidel lancia una campagna di alfabetizzazione e promuove riforme sociali soprattutto nel campo dell'istruzione e della sanità. La revolucion diventa un feticcio ideologico ad onta della repressione della dissidenza che ne svela la natura dispotica. Ma l'economia non decolla e rimane principalmente legata alla produzione della canna da zucchero. Sono gli aiuti di Mosca (circa un quarto del Pil) a tenere finanziariamente in vita il regime.

Nel '91 il crollo dell'Unione Sovietica mette in ginocchio Cuba, che perde la stampella della solidarietà comunista. Inizia il periodo especial, una stagione di stenti e di privazioni, contrassegnata da qualche sparuto moto di piazza che lo stesso Fidel – confidando nel suo magnetismo – si incarica di neutralizzare scendendo per le strade a calmare i manifestanti. Cuba per sopravvivere si affida soprattutto al turismo. Ma per uscire dalle ristrettezze dell'embargo Fidel rafforza anche i canali diplomatici con l'Europa e con la Chiesa Cattolica spianando la strada alla storica visita all'Avana nel '98 di Giovanni Paolo II. Nel 2004 la nuova svolta. Fidel stringe un patto con il leader populista venezuelano Hugo Chavez, che si impegna a dare il petrolio a Cuba in cambio dell'assistenza sanitaria dei medici cubani. Caracas sostituisce Mosca come stampella della revolucion.

Dopo la malattia che lo costringe nell'ombra Fidel, che secondo la rivista Forbes (smentita dal regime) avrebbe accumulato un patrimonio personale di 530 milioni di dollari, si ritira nella sua finca, riceve capi di Stato e dignitari in visita all'Avana, incontra Benedetto XVI nel viaggio apostolico del 2012, consegna periodicamente le sue riflessioni al giornale di partito. Rimane perlopiù nell'ombra e non si capisce mai bene se il processo riformista avviato dal fratello Raul incontri del tutto la sua approvazione. Amato dai nazionalisti che hanno sempre creduto nella sua dottrina rivoluzionaria. Odiato dai dissidenti e dagli esuli. Mitizzato, nel bene o nel male, per il carisma e la straordinaria capacità di sopravvivenza della revolucion che pure da tanto tempo ha perso la spinta propulsiva. Fino alla morte che lo consegna alla storia da cui fin da giovane era certo che avrebbe ottenuto la piena assoluzione.

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