Panama Papers, così la giornalista anti-regime aveva smascherato il presidente azero

Khadija Ismayilova
Khadija Ismayilova

I documenti panamensi confermano quanto denunciato da Khadija Ismayilova, la giornalista condannata a sette anni e mezzo per aver scoperto gli interessi offshore degli Aliyev

Khadija Ismayilova
Le carte della Mossack Fonseca confermano che Khadija Ismayilova aveva ragione: la giornalista era stata la prima a rivelare l’impero offshore del presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e dei suoi familiari. In particolare, aveva scoperto che la principale miniera ?d’oro del Paese del Caspio è riconducibile a tre società (Londex Resources, Willy and Meyris, Fargate Mining Corporation) registrate a Panama e controllate dalle due figlie di Aliyev, ?Leyla e Arzu.

Come già raccontato da “l’Espresso”, la Ismayilova è stata condannata a sette anni e mezzo di carcere - pena che sta scontando nel penitenziario di Baku - sulla base ?di imputazioni che vanno dall’appropriazione indebita all’evasione fiscale. Accuse che le principali associazioni per la tutela dei diritti umani, da Human Rights Watch all’italiana Re:Common, definiscono «inventate ad arte per mettere a tacere una voce scomoda». Sebbene una ventina siano stati liberati di recente, rimangono ancora quasi un centinaio ?i prigionieri politici in Azerbaigian.

La copertina dell'Espresso
Negli ultimi anni la giornalista di Radio Free Europe è stata una spina nel fianco per il regime instaurato dagli Aliyev, al potere ininterrottamente dal 1993. Poche settimane prima dell’arresto, una sua inchiesta ha svelato come la famiglia presidenziale controlli di fatto l’80 per cento del mercato telefonico nazionale, sempre avvalendosi di società offshore. In una lettera pubblicata dal “New York Times” lo scorso 11 giugno, nei giorni in cui a Baku si svolgevano i primi Giochi olimpici europei, la Ismayilova ha denunciato la violazione dei diritti umani in atto nel suo Paese.

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«Sto portando avanti la mia lotta qui dal carcere. Le mie indagini sulla corruzione continuano, grazie all’aiuto di fidati colleghi», scriveva la reporter. Che nel corso della detenzione ha ricevuto, come riconoscimento per il suo lavoro, due premi prestigiosi: il Pen/Barbara Goldsmith Freedom to Write Award e l’Unesco/Guillermo Cano World Press Freedom Prize.

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