Per ora, "non cambierà niente", spiega Clare Mosely dell'associazione Clare4Calais. Ma i giornali inglesi soffiano sul fuoco, parlando di "rischio di invasione". Mentre restano in vigore gli accordi di Touquet, che permettono agli inglesi di pattugliare la Manica in Francia
Icona della campagna pro-Brexit: Niegel Farage, il leader del partito euroscettico e populista Ukip, sorride di fronte a un cartellone – la foto mostra migliaia di profughi siriani incolonnati su un confine – sotto, lo slogan: «Breaking Point». L'
immigrazione è stato il t
erreno più gridato nella campagna referendaria dai vincitori - l'uscita dell'Inghilterra dalla Ue pubblicizzata come l'unico modo per fermare “l'invasione”. La retorica estrema, le paure enfatizzate, hanno avuto la meglio. E ora davanti al risultato si spalanca la polemica su
Calais, la città francese da cui in centinaia, ogni giorno, tentano di salire su auto e tir per attraversare la Manica e raggiungere amici o familiari in Gran Bretagna.
Sulla base degli
“accordi di Touquet” infatti, firmati allora da Nicolas Sarkozy, gli agenti inglesi hanno la possibilità di
pattugliare i porti della Manica anche sulla sponda in Normandia. E le due polizie nazionali possono fare
controlli congiunti, per fermare quanti cercano di attraversare illegalmente la frontiera, mai aperta a Schengen, dell'Inghilterra. Inoltre, i due paesi si impegnavano a dividersi le richieste d'asilo e Parigi accettava di accogliere coloro che Londra avesse respinto perché trovati "clandestini" oltre il tunnel. Gli accordi nascevano già allora per una crisi legata a Calais: una
baraccopoli, come
“la giungla” sgomberata pochi mesi fa, e ora di nuovo in espansione, che il governo inglese riteneva una “fabbrica di migranti illegali” e che i due Stati avevano deciso di cancellare con la forza.
In tredici anni, è cambiato poco. Calais è ancora porto d'approdo di decine di migliaia di profughi. La Francia è ancora alle prese con il doppio di richieste d'asilo rispetto ai vicini oltremanica. Ora, però, è arrivata la Brexit. E alcuni media inglesi, come
The Sun, Express, ma anche la
BBC, hanno enfatizzato le dichiarazioni su Twitter del presidente della regione,
Xavier Bertrand, che ha chiesto a Hollande di rivedere gli
accordi di Touquet, e così trasferire “la baraccopoli” nel Kent, con titoli che urlano: "la Francia minaccia di lasciar partire decine di migliaia di persone per l'Inghilterra".
«È assurdo: stanno ancora soffiando sul fuoco. Niente di tutto questo è seriamente in discussione», spiega però
Clare Moseley di Care4Calais, una ong che raccoglie aiuti concreti e volontari per i rifugiati: «Il governo ha per ora escluso del tutto quest'eventualità. Su Calais, ancora una volta,
si scatena l'isteria della politica». Per Mosely, infatti: «L'impatto della Brexit sui profughi presenti qui non è ancora certo, almeno non nel medio periodo, e di sicuro non subito. Non sappiamo come andrà in futuro però», racconta: «Anche perché l'opinione pubblica inglese, come dimostrano i risultato, è molto divisa. Di certo bisognerà ripensare la condivisione dell'accoglienza, che fino ad oggi non è mai partita sul serio».
Rimandate le conseguenze, a Calais continua ad addensarsi il disagio però. Pochi giorni fa, altri scontri con la polizia. Le tende si ripopolano.
Nell'assenza di uno sforzo comune d'Europa.