
«Non lavoro quasi mai alla scrivania, questa è solo per gli ospiti - dice mostrando da subito un tono informale e amichevole - preferisco il tavolo in fondo alla stanza, un bicchiere d’acqua, tanta concentrazione e un impegno dopo l’altro. Oggi ero a un forum per sostenere le donne delle aree rurali. Abbiamo discusso di progetti per sviluppare nuove fonti di reddito. E stabilire commissioni per garantire le pari opportunità tra uomini e donne. Corsi di formazione, visite sul campo e anche acquisizioni economiche da parte delle donne».
La parola “donne” è quella che ripeterà di più, nel corso di tutta l’intervista.
Souad Abderrahim, cinquantaquattro anni, dirigente di una società di distribuzione farmaceutica è stata eletta nel luglio scorso sindaca di Tunisi, la prima donna dopo 32 sindaci uomini. Con 26 voti contro 22, sostenuta da Ennahda, il partito islamista, ha battuto Kamel Idir, ex ufficiale di alto rango ed ex presidente del famosissimo club di calcio tunisino Club Africain, candidato del partito Nidaa Tounes, il partito laico del presidente Essebsi.
Prima donna “Sceicco della Medina”, ma anche primo sindaco nominato da un consiglio comunale eletto e non nominata dalle autorità di famiglie di notabili come è stato fino allo scorso luglio.
Per Abderrahim l’elezione a capo del consiglio comunale è la consacrazione dopo una lunga militanza: ai tempi dell’università è stata membro del comitato esecutivo della Tunisian Student Union (Ugte) l’unione studentesca islamica, dopo il 2011 ha militato nel partito Ennahda, il partito islamista guidato da Rached Gannouchi e parzialmente ispirato ai Fratelli Musulmani, dove si è fatta rapidamente notare. Diventa membro della Prima Assemblea Costituente post rivoluzionaria, nella commissione sui diritti umani.
Una lunga militanza nel contestato partito islamico, eppure l’immagine di Abderrahim è distante dall’immagine classica di Ennahda: non indossa il velo, si definisce indipendente. «Lo dico dal 2011, il nostro scopo è la libertà di tutte le donne, il velo è una scelta religiosa e personale. Nel 2011, sono stata nominata dai leader di Ennahda, nel 2018 sono stata nominata dai miei sostenitori. Ho risposto alla richiesta delle basi dei sostenitori del partito, questo significa che gli elettori avevano fiducia in me e nel mio slogan: Lavorare per i benefici del paese. Non mi interessano le critiche e la propaganda politica, mi interessano i risultati e la fiducia degli elettori. E mettere le donne al centro del dibattito pubblico».
Souad Abderrahim è abile nel parlare con la stampa, tiene a distanza critiche e detrattori.
Non commenta i giudizi dei suoi oppositori politici, che pure sono stati aspri. A maggio dal canale televisivo M Tunisia, Foued Bouslama, uno dei leader del partito Nidaa Tounes - partito laico e modernista - ha criticato la sua candidatura a sindaco, Sheikh della città: «Siamo un paese musulmano», ha detto, «sfortunatamente qui, una donna non può essere un imam in una moschea, poiché non può essere presente alla vigilia della notte del Ramadan nelle moschee. È inammissibile».
Bouslama faceva riferimento alle celebrazioni di Laylat al-Qadr (la notte santa del Ramadan) a Tunisi, che prevede la presenza del sindaco della capitale, del presidente della Repubblica e del Capo del Governo.
Molti cittadini hanno criticato la misoginia della sua dichiarazione e lo stesso partito ha preso le distanze, la sindaca Abderrahim mostra una raffinata perfidia, nel commentare: «Sarà sicuramente stata una reazione emotiva, una dichiarazione figlia delle circostanze e della competizione di fronte a un risultato per lui inatteso. Il protocollo prevede che il sindaco sia nella Moschea Zeitouna per ricevere il Presidente della Repubblica e nulla può proibirmi di farlo, né la legge né la religione».
Sebbene la Tunisia abbia fatto molti passi avanti sulla parità di genere (le donne hanno cominciato a lavorare fuori casa, lo scorso anno il governo tunisino ha legalizzato il diritto per le donne di sposare uomini non musulmani ed è attualmente in discussione una proposta di legge che garantirebbe alle donne pari diritti relativi alle eredità) in ampie zone del Paese le donne restano escluse dalla vita pubblica e sono considerate cittadine di seconda classe.
Il sostegno di Ennahda alla sua elezione è vissuto perciò come una forte contraddizione, il partito sosteneva, ad esempio, la legalizzazione del velo nei luoghi pubblici e nelle scuole, che Ben Ali aveva bandito.
Le critiche alla sindaca Abderrahim non arrivano solo dai suoi oppositori politici, ma anche da ampi strati della società civile. L’attrice e drammaturga tunisina Leila Toubel ha dichiarato «Non so se devo applaudire una donna perché è donna a prescindere dalle sue affermazioni retrograde. Dovremmo ricordare le sue dichiarazioni quando disse che le madri single sono una “infamia” “e “eticamente, non hanno il diritto di esistere”».
L’attrice fa riferimento a una intervista rilasciata da Souad Abderrahim alla radio arabofona Radio Monte Carlo nel 2011, in cui la sindaca disse anche le donne single che hanno figli fuori dal matrimonio «non dovrebbero essere protette dalla legge».
Oggi Abderrahim risponde con la disinvoltura dei politici navigati: «Abbiamo lottato a lungo per la libertà di espressione, quindi non risponderò a nessuna dichiarazione o critica su di me. Ognuno è libero di pensare quello che vuole».
Nonostante i proclami, però, in molte aree del Paese l’emancipazione è ancora vista come un tabù, le ragazze non possono vivere sole, né viaggiare senza autorizzazione dei familiari. Abderrahim si appella alla costituzione: «Nella legge tunisina esiste l’uguaglianza tra uomini e donne, una donna può viaggiare senza il permesso dell’uomo. Tutti i decreti governativi che vietano alle donne di viaggiare sono stati aboliti, certo ammettiamo che la situazione delle donne tunisine nelle città non è la stessa della situazione nelle regioni interne. Ma ricordiamo sempre da dove arrivano i movimenti delle donne: l’8 marzo è stata una rivoluzione delle donne, che tenevano il pane in una mano e i fiori nell’altra. Quindi i nostri passi saranno tutti destinati al sostegno economico alle donne per liberarle politicamente e socialmente».
Negli ultimi anni, Ennahda ha lavorato per modernizzare l’immagine del partito. I detrattori della sindaca sostengono che la sua candidatura sia un modo per il partito guidato da Gannouchi di apparire, sia in Tunisia sia all’estero, tollerante e aperto al cambiamento, Souad Abderrahim al contrario ritiene che Ennahda abbia già dato prova di pensare al futuro, senza il bisogno di facciate. «Nel 2016 - dice - durante il 10° Congresso, Ennahda ha sancito una storica separazione tra attività politica e religione, con questa decisione ha già annunciato le sue aperture. E i partiti politici vanno giudicati in base ai loro congressi e alle loro posizioni pubbliche. Non credo che Ennahda abbia bisogno di figure politiche per dimostrare di essere cambiato. E penso che le donne stiano scrivendo la propria storia, non quella che altri stanno dettando loro».
Molti analisti sostengono che oltre a “ripulire” la propria immagine, Ennahda punti, in anni che vedono il suo consenso diminuire, a riavvicinare i giovani, che in base ai numeri, sono la parte che ripone meno fiducia nella politica. I più disincantati, i meno partecipi. Alle elezioni municipali di Maggio ha votato solo il 33,7% dei tunisini, e la partecipazione dei giovani alla politica è sempre più bassa. Rafik Halouani, capo di Mourakiboun, l’agenzia di monitoraggio elettorale nei giorni successivi al voto ha detto che «i giovani tunisini non credono più alle elezioni come fonte di cambiamento, ed è molto grave per la democrazia».
L’assenza dei giovani dal voto è dunque il segno di un disconoscimento della classe politica del paese che ha disatteso le promesse fatte nella fase post rivoluzionaria e non pone rimedio ai problemi endemici del paese: austerità, corruzione, carenze infrastrutturali, lavoro. Nel 2017 la disoccupazione ha raggiunto il 15% della popolazione attiva cioè 628 mila unita, di cui quasi 300 mila laureati, e in maggioranza donne.
Anche su questo Souad Abderrahim vuole dare un segno di discontinuità con il passato: «Abbiamo nominato una ragazza come assistente del sindaco, è la più giovane del consiglio comunale e questo è stato il mio messaggio per i giovani. Ben prima della soddisfazione per la mia nomina, il messaggio che abbiamo ricevuto da queste elezioni è che molti giovani hanno boicottato le urne. E le élite politiche devono studiare questo fenomeno e capire come recuperare la fiducia perduta, noi cominciamo con il lavoro quotidiano. In questo senso sì, la mia elezione è simbolica, significa: quella donna è stata eletta direttamente da persone che le hanno dato la loro fiducia nonostante le difficoltà economiche e sociali. Oggi abbiamo 20 sindaci donna in Tunisia e il 48 per cento è stato la percentuale di capi di lista durante le elezioni. Questo rappresenta di per sé un messaggio, e il messaggio è che le persone stanno dando la loro fiducia alle donne. Dobbiamo cambiare la mentalità, sfidare ostacoli e rompere tabù. Per questo voglio dare un ruolo enorme alle donne. I giovani e le donne, cardini della mia esperienza da sindaco, vogliamo lavorare su quello che ci unisce, voglio che Tunisi migliori e che sia per tutti una città bella in cui vivere».
Souad Abderrahim si mostra fiera del risultato raggiunto e pronta ad affrontare le sfide che la attendono. Parte della società tunisina tuttavia teme che la sua elezione sia un passaggio di un percorso di medio e lungo termine del partito Ennahda, una vittoria strategica per islamizzare la società dal basso, a cominciare dalle esperienze politiche nelle municipalità. Differenziarsi dai Fratelli Musulmani e mostrare un’immagine di tolleranza e modernità, per passare dal locale al nazionale.
Se le elezioni della prima donna a sindaca di Tunisi siano o meno un reale segno di cambiamento sarà chiaro solo con il tempo, di certo nel 2019 in Tunisia si terranno le prossime elezioni parlamentari e presidenziali e per molti il ruolo di sindaco è stato solo l’anticamera di un’ambizione presidenziale. Come Erdogan.
Souad Abderrahim non nasconde le sue aspirazioni: «So che dalla riuscita del mandato a Tunisi dipendono molte cose, oggi la responsabilità è enorme, per l’imp ortanza simbolica della gestione della capitale, la capitale è il centro degli equilibri politici, demografici, sociali, economici. La mia missione oggi si basa su due parole chiave: partecipazione e democrazia. E mi aspetta una sfida enorme. Poi, certo, ogni essere umano è ambizioso, ma per dare forma alle aspirazioni personali è necessario mantenere le promesse fatte».