Dal 2016 a oggi decine di dipendenti dell'ambasciata Usa all'Avana e del consolato di Guangzhou lamentano dolori alla testa, insonnia e disturbi cognitivi. Il tratto comune sono degli strani suoni percepiti prima dei sintomi, ma nessun scienziato sa dare una risposta all'enigma. E c'è chi crede che sia solo isteria collettiva
Una storia che ha dell'inverosimile, degna dei migliori film di Hollywood, e che a distanza di due anni si amplia di nuovi colpi di scena senza che alcun sceneggiatore sia in grado di scrivere la parola fine.
Un mistero che parte da Cuba. È il 2016 e alcuni dipendenti dell'ambasciata statunitense all'Avana cominciano ad ammalarsi: nausea, mal di testa, disturbi cognitivi e della vista, perdita dell'udito. In molti spiegano ai medici che li hanno visitati di aver percepito, nelle proprie abitazioni o negli hotel dove risiedono, degli
strani suoni. C'è chi dice un ronzio, chi invece uno stridore metallico. In tutto sono 24, tra funzionari e familiari, ad accusare questi sintomi. A loro si sono poi aggiunti alcuni dipendenti dell'ambasciata del Canada.
Controlli e test medici condotti dai ricercatori della University of Pennsylvania non sono bastati a svelare i motivi dei malori e dei conseguenti danni fisici, dalla perdita dell'udito ai piccoli edemi cerebrali. La diplomazia Usa e il dipartimento di Stato, all'epoca ancora guidato da Rex Tillerson, si sono invece dati una risposta:
“attacchi sonici”. Non si sa bene con quale arma, visto che al momento non esistono dei dispositivi capaci di generare suoni udibili dall'orecchio umano in grado di causare danni permanenti al sistema nervoso centrale. Gli ultrasuoni potrebbero essere un'altra spiegazione, che però cozza con le testimonianze di chi si è ammalato. Inoltre servirebbero delle strumentazioni potentissime per causare problemi del genere.
Isteria collettiva? Forse, come hanno ipotizzato alcuni neuroscienziati. Il sistema è semplice: uno o più dipendenti si è realmente ammalato e, in un clima teso e stressante come quello vissuto dai diplomatici americani a Cuba, la malattia, seppur immaginaria, si è estesa anche ad altre persone. Resta qualche dubbio, però, visto che alcuni disturbi non sono riproducibili volontariamente. Per sicurezza l'America ha riportato sul proprio suolo oltre la metà del personale che lavora all'Avana e ha deciso di espellere 15 diplomatici cubani.
Come se non bastasse, dopo la crisi diplomatica tra Stati Uniti e il Paese caraibico provocata dai presunti attacchi, i sintomi sono comparsi all'improvviso anche in un'altra zona del mondo molto delicata per gli americani. La Cina. Il bersaglio stavolta sarebbe il
consolato statunitense di Guangzhou, metropoli nel sud del Paese: ad aprile è stato diagnosticato un lieve trauma cranico a un funzionario. All'apparenza un caso isolato, anche se il nuovo segretario di Stato Mike Pompeo ha definito i sintomi «assimilabili a quelli avuti dal personale americano a Cuba».
Dopo qualche settimana, però, anche altri dipendenti hanno cominciato a sentirsi male.
Mike Lenzi, un ingegnere che lavorava nel consolato, ha affermato di aver sentito i misteriosi suoni tra la fine del 2017 e lo scorso aprile. Lenzi li ha descritti come un rumore di «biglie che rimbalzano e colpiscono il pavimento», tanto che,
come riportato dal Washington Post, inizialmente aveva pensato che la colpa fosse del vicino. Ma poi sono arrivati i mal di testa e l'insonnia, sorte toccata anche alla moglie e al figlio. Mike Pompeo ha richiamato in patria per ulteriori controlli tutte le persone che hanno manifestato qualche tipo di patologia, annunciando la nascita di una task force apposita per scoprire cosa sta realmente accadendo.
Intanto il rischio di un nuovo scontro diplomatico sembra essere alle porte.
Le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono improvvisamente peggiorate dopo la decisione del presidente Trump di iniziare una guerra dei dazi con Pechino. Il ministro degli Esteri cinese ha smentito che dietro i malesseri dei funzionari americani ci siano gli apparati militari del proprio Paese. La soluzione del caso è ancora tutta da scrivere.