Mondo
22 ottobre, 2019

In California, culla della tech economy, è piena emergenza poveri e senzatetto

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A San Francisco la povertà estrema è diventata la “big issue”. Perché mentre i ricchi sono sempre più ricchi grazie ai colossi del web e dell'informatica, aumentano a dismisura colro che non possono permetersi neppure un affitto

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«Mi hanno portato via il mio album di disegni, il diario e un libro che mi aveva regalato un amico», urla furioso Ashley, 35 anni, senzatetto che ha fatto di Division Street, a San Francisco, la sua casa permanente. «Sono settimane che la polizia ci prende le nostre proprietà senza motivo. È un assalto al nostro diritto di esistere», accusa.

La Division Street, così come molte altre zone a San Francisco, è diventata da tempo un’area di campeggio informale per i senzatetto. Tende, sacchi a pelo e carrelli della spesa con dentro abiti, cuscini, libri e immagini di familiari sono lo scenario quotidiano del suo marciapiedi. «Ma è tutto ciò che ci rimane, abbiamo già perso la casa, non possono portaci via anche questo», dice Kevin, 50 anni. È da circa un anno che lui e Ashley vivono per strada, in attesa che si liberi un posto nelle case temporanee, i cosiddetti Navigation Centers.

Secondo il Bay Area Homelessness Report, un’analisi effettuata dal Bay Area Council Economic Institute, già nel 2017 si contavano 28.200 senza tetto in tutta la Bay Area e il 70 per cento di questi viveva fra San Francisco, Santa Clara e contea di Alameda. Due terzi di loro dormiva per strada, nelle macchine o negli accampamenti abusivi. Ma sono già cifre superate: nel 2019, secondo uno studio effettuato dal Comune, solo nella città di San Francisco dal 2017 c’è stato un aumento di barboni del 17 per cento, escludendo quelli che stanno in carcere o negli ospedali.

Secondo lo stesso report, tra i principali motivi di questo aumento c’è l’impossibilita da parte delle persone di pagare un affitto (63 per cento) e la perdita del lavoro (37).

«Il problema principale a San Francisco è l’enorme disparità fra i salari e i costi degli affitti», dice Jennifer Friedenbach, direttore della Coalition on Homelessness. «Sul mercato non esiste un’offerta di case a prezzi accessibili». Una denuncia confermata da Ray Realtors, una delle più popolari agenzie immobiliari di San Francisco, che ha recentemente reso nota una ricerca sul costo di un appartamento: a San Francisco per affittare un bilocale la richiesta media è di 3. 579 dollari al mese. «Questa è l’altra faccia del boom economico della California e in particolare della Bay Area», spiega Joe D’Alessandro, Ceo del San Francisco Convention & Visitors Bureau. «L’esplosione economica da un lato porta con sé molti aspetti positivi, dall’altro crea gravi disuguaglianze. A San Francisco la classe ricca sta diventando sempre più ricca e quella povera sempre più povera».

È così, i dati non mentono: la sharing economy invece di portare una ricchezza diffusa e un benessere condiviso, ha creato una maggiore forbice sociale. A San Francisco una famiglia di 4 persone che guadagna 118 mila dollari l’anno è considerata a basso reddito, cosi come un single che ne guadagna 82 mila. E Levels.fyi, un portale che analizza gli stipendi nelle varie compagnie tecnologiche, ne spiega il motivo: il salario base di un ingegnere di software a Google, ad esempio, è di 191 mila dollari l’anno; e uno sviluppatore web assunto da due anni a Facebook, con alle spalle una decina d’anni di esperienza, può guadagnare fino a 500 mila dollari l’anno. Di qui la corsa verso l’alto dei prezzi delle case e l’emarginazione dei tanti che a quegli stipendi non arrivano. E la situazione non sembra destinata a migliorare sul breve: è stato calcolato che se anche da oggi nessuna persona finisse più per la strada, a San Francisco non si riuscirebbe a risolvere il problema dei senzatetto fino al 2040, date le limitate possibilità attuali di trovare un alloggio a lungo termine per gli “invisibili”.

«Dobbiamo ricominciare ad avere i fondi sociali che avevamo prima del 1978. Il paese può permetterselo, se non spende tutti i soldi per sovvenzionare le forze militari», dice Friedenbach, della Coalition on Homelessness. Già: negli anni ‘80 l’amministrazione di Ronald Regan ridusse drasticamente i fondi destinati ai servizi sociali e secondo la National Coalition for the Homeless dal 1981 a oggi il taglio è stato pari all’80 per cento. La questione ora è entrata anche nello scontro politico in vista delle primarie: ad esempio la senatrice Kamala Harris, in corsa per la candidatura democratica, ha proposto un piano di azione (“The Ending Homelessness Act” ) che prevede un investimento federale di 13 miliardi di dollari per la costruzione di nuove case pubbliche.

Nel frattempo l’amministrazione di San Francisco fa quello che può e la giovane sindaca London Breed - democratica, prima nera alla guida della città, cresciuta nelle case popolari di Plaza East - ha approvato un fondo di 12,26 miliardi di dollari da investire in problemi sociali, fra cui quello degli homeless. «Sarà finanziato grazie a Proposition C, una tassa sui ricchissimi giganti della tecnologia decisa proprio per sovvenzionare le attività per gli homeless», spiega Enrico Moretti, economista italiano e professore dell’University of California, a Berkeley.

«L’imposta varia dallo 0,175 all’1.5 per cento, a seconda delle dimensioni della compagnia». Ma alcune aziende tech hanno già intentato una causa in tribunale contro la Proposition C e l’idea di aumentare i programmi sociali per i senzatetto è osteggiata anche da altri: non manca chi li considera infatti un “pull factor”, un fattore di attrazione che potrebbe portare a San Francisco anche senzatetto da altre città, cosa che secondo alcuni sta già avvenendo.

Le proteste rigardano anche gli otto Navigation Centers già esistenti nella metropoli, che offrono un letto, cibo e assistenza sanitaria o mentale per un breve periodo di tempo: i residenti dei quartieri dove queste strutture sono state costruite si stanno ribellando perché «portano più sporcizia» (i senzatetto spesso usano la strada come un bagno pubblico) e piccola criminalità.

Recentemente il governatore della California Gavin Newsom ha dichiarato la crisi dei senzatetto nello Stato un’emergenza che richiede un’azione immediata. Il governatore ha stanziato quindi un fondo di 650 milioni di dollari per affrontarla e ha aggiunto che sta lavorando a un nuovo regolamento che prevede il ricovero forzato a chi mostra evidenti problemi mentali e può recare danno sia a se stesso sia alle altre persone.

Fra le varie possibili soluzioni per tamponare la crisi, infatti, gli esperti ritengono che sia necessario affiancare alla costruzione di case anche una maggiore offerta gratuita di servizi di supporto psichiatrico e sanitario. Il 42 per cento delle persone che vivono per la strada ci è finita infatti per problemi di dipendenza da alcool e droga e il 37 per cento per malattie mentali (dati: Homeless counting report).

Il San Francisco General Hospital, una delle poche strutture pubbliche nella città, fornisce assistenza quotidiana a chi soffre di problemi psichiatrici o di dipendenza, ma non è sufficiente. «Sono 24 anni che vivo nella Bay Area e mi sembra evidente che uno dei più grandi problemi sia proprio la salute mentale di queste persone. Bisognerebbe investire su un numero maggiore di ospedali pubblici e cure mediche mirate ai bisogni del singolo. Prevedere programmi di riabilitazione per chi ha problemi gravi di dipendenza e ricoveri, anche forzati, a chi soffre di schizofrenia per esempio», sostiene l’economista Moretti.

Nel 2018 la Kaiser Permanente, una delle maggiori aziende sanitarie californiane, ha annunciato un investimento di 200 milioni di dollari per combattere l’emergenza, sia offrendo una maggiore assistenza sanitaria sia investendo nella costruzione di case per le famiglie con basso reddito. Nella zona di East Oakland l’azienda ha già messo a disposizione 5,2 milioni di dollari per l’acquisto di un condominio con 41 unità.

Esistono in città altri tre complessi condominiali dedicati a ex-senzatetto, veterani, singoli e famiglie alla soglia della povertà. Uno dei maggiori è One Treasure island, un residence abitativo situato a Treasure Island, una zona della Bay Area a pochi chilometri dal centro, che comprende 2.000 unità. Fra queste, 435 sono riservate a chi non può permettersi una casa. Il progetto è il frutto di un recente provvedimento legislativo in ambito edilizio che obbliga i costruttori privati a dedicare una percentuale di appartamenti agli ex-senzatetto: ogni volta che si costruisce una casa privata da mettere sul mercato, il comune richiede che il 25-40 per cento di unità (a seconda della zona dove si edifica) vadano in parte a chi ha un basso reddito e in parte a ex-homeless.

La questione, però, talvolta rimane come fare per pagare l’affitto: anche se basso, per alcune persone - soprattutto per chi ha vissuto per anni sulla strada - potrebbe essere un problema. Per questo esistono diverse organizzazioni che cercano di reintegrare veterani ed ex clochard al mondo del lavoro: come Downtown Street, una no profit che aiuta i senzatetto a trovare una occupazione, e Chefs, un programma di formazione per personale nella ristorazione, lanciato e promosso dall’Episcopal Community Service, una ong religiosa.

Lo scorso maggio la San Francisco Travel Association e Downtown Street hanno poi unito le forze per aiutare 1.600 persone a trovare una occupazione nell’industria del turismo e dei servizi per la città, come la pulizia d elle strade.Nel frattempo, tuttavia, l’unica “pulizia” che viene effettuata è quella attraverso gli «sweep», termine che letteralmente significa “spazzare per terra” ma con la quale a San Francisco vengono indicate le azioni di forza con cui la polizia rimuove i senzatetto dalla strada, come se fossero spazzatura. Dice l’organizzatrice della SF Coalition on Homelessness, Kelley Cutler: «C’è una lista di attesa infinita per un letto in uno alloggio temporaneo, però intanto ci dicono che è contro la legge dormire o sedersi per strada. Una persona magari anziana, che non ha un tetto o un letto, avrà pure il diritto di stendersi per terra senza rischiare di essere spazzato via? Non ha assolutamente senso questa politica».

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