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19 agosto, 2025L’ultimo massacro di cristiani nella Repubblica democratica del Congo è la conferma della vitalità dell’Isis: milizie dell’ugandese Afd hanno il controllo di alcune miniere
L’ennesima strage di cristiani in Africa porta la firma di una milizia islamista che agisce nelle provincia dell’Ituri, la parte più orientale della Repubblica democratica del Congo. L’obiettivo era la chiesa cattolica dedicata alla Beata Anuarite a Isiro, nel territorio di Komanda, durante un incontro di preghiera e l’ultimo bilancio parla di almeno 43 persone uccise a colpi di fucile e di machete, fra donne, uomini e anche nove bambini. Circa una ventina di fedeli sono stati accoltellati durante la funzione, mentre gli altri corpi sono stati ritrovati in case e negozi che sono stati dati alle fiamme.
L’attacco è stato rivendicato dalla milizia denominata Forze democratiche alleate, meglio conosciute come Adf, un gruppo islamista ugandese che nel 2019 ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. L’obiettivo originario di questo gruppo era abbattere il regime di Kampala, ma dal 2017 la motivazione religiosa ha preso il sopravvento.
Dal 2020 le Adf hanno aderito alla creazione della Provincia dell’Africa centrale dello Stato Islamico (Iscap), un enorme progetto politico-militare che include un territorio che va dalla Regione dei Grandi Laghi fino alle coste del Mozambico. La dichiarata, ma solo apparentemente definitiva, sconfitta dello Stato Islamico in Medioriente nel 2017 ha modificato gli obiettivi di questo network del terrorismo internazionale che ha puntato sul continente africano.
Diviso in tre macroaree che vanno dal Sahara al Golfo di Guinea, fino all’Africa australe, l’obiettivo dei leader dell’Isis è la creazione di un califfato in terra africana e intere province di Mali, Burkina Faso, Nigeria e Congo vengono già amministrate dai fondamentalisti che impongono la legge islamica e la conversione forzata, ma che soprattutto vogliono sradicare i cristiani che vivono in quelle regioni.
Gli adepti ugandesi dello Stato Islamico non colpivano dal febbraio scorso quando avevano ucciso 23 persone a Mambasa, sempre nella martoriata provincia del’Ituri. Nel Congo orientale la comunità cristiana è oggetto di attacchi da diversi anni e le Adf hanno rivendicato dall’inizio dell’anno altri due raid notturni, dove sono morte almeno 70 persone. Stando ai dati delle Nazioni Unite questi miliziani hanno ucciso oltre 7.000 civili dal 2014, rendendoli una delle milizie più sanguinarie e organizzate del Paese con finanziamenti privati da Qatar e Arabia Saudita. L’obiettivo di questo braccio dell’Isis è terrorizzare la popolazione e prendere il controllo del territorio, dove manca completamente la presenza dello Stato centrale.
Le Adf gestiscono alcune miniere dalle quali estraggono illegalmente. Contrabbandano i minerali in Uganda, insieme a legname e risorse naturali, sfruttando i locali come schiavi. I cristiani, che rappresentano oltre il 90 per cento della popolazione congolese, sono il loro bersaglio principale con rapimenti e conversioni forzate, soprattutto delle giovani donne.
Aimé Lokana Dhego è il parroco del villaggio bruciato e quando parla gli trema ancora la voce. «La chiesa è un cumulo di macerie, stavamo cantando quando sono arrivati. Ora i nostri giovani sono stati uccisi e rapiti, noi cerchiamo la pace e non riusciamo a comprendere tutto questo odio. Ma vogliamo ricostruire la parrocchia e ripartire dalla fede che ci può salvare». Dieudonné Duranthabo è invece il rappresentante della società civile del territorio di Komanda ed è fra quelli che hanno scavato le fosse per i cadaveri. «Il massacro è iniziato intorno a mezzanotte, si sono divisi in piccoli gruppi e hanno attaccato contemporaneamente la chiesa e le case intorno, una strategia che utilizzano per disorientare la popolazione che non sa dove fuggire. Stiamo ancora recuperando i corpi, molti dei quali mutilati a colpi di machete, perchè alcuni sono stati inseguiti nella boscaglia, mente altri sono stati portati via ed uccisi durante la fuga. Hanno iniziato il giorno precedente uccidendo 5 persone nel vicino villaggio di Machongani. Non sappiamo nemmeno quante persone siano state rapite, perché in molti hanno già lasciato il villaggio per paura che tornino i terroristi. Trovo assurdo che in questo territorio ci sia un grande numero di forze di sicurezza e nessuno sia riuscito ad intervenire, serve un immediato sforzo militare perché quelli delle Adf sono ancora ivicino al nostro villaggi».
Le forze di sicurezza congolesi sono intervenute soltanto dopo aver avvistato fumo proveniente dalle abitazioni intorno alle 2 del mattino, ma non sono riuscite ad intercettare gli assalitori. Nella cittadina tutte le attività sono state sospese e molti residenti, presi dal panico, sono già fuggiti. Il tenente Jules Ngongo è il portavoce dell’esercito congolese nella provincia di Ituri, e ribadisce l’impegno delle forze armate. «Questi terroristi continuano ad attaccare civili indifesi, questo atto vergognoso contro la parrocchia di Komanda è un disperato tentativo di distogliere l’attenzione dall’operazione militare congiunta con l’esercito ugandese che prende di mira il gruppo militante. Ma noi continueremo a dare la caccia a questi criminali fino alla loro ultima roccaforte, invitiamo la popolazione a non scappare e a rimanere vigile segnalandoci qualsiasi movimento sospetto».
Dalla fine del 2021 Kampala e Kinshasa hanno infatti lanciato l’operazione militare Shujaa (Valoroso, in Swahili), ma ad oggi i risultati sono inesistenti e hanno invece permesso all’Uganda di prendere il controllo di un altro pezzo di questo gigante morente chiamato Congo.
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