In Mali e Senegal la retorica politica la presenta come panacea amministrativa. Ma associazioni della società civile, attivisti e giornalisti della regione si preoccupano dello sperpero di fondi pubblici e della mancata protezione e dell’effettivo utilizzo ?dei dati personali raccolti attraverso ?questa schedatura

Foto di Luca Salvatore Pistone
La “febbre della biometria” ha colpito l’Africa occidentale. Sempre più paesi si affidano a società straniere specializzate nel recensire la popolazione, riformare gli stati civili e fabbricare carte d’identità biometriche per dotare i propri cittadini di tecnologici documenti elettorali. ?Ma cosa si nasconde realmente dietro ?il “business della biometria”?

In Mali e Senegal la retorica politica presenta queste schede come panacea amministrativa, promessa di maggiore trasparenza e tracciabilità del voto, ultimo ritrovato di sviluppo democratico. Associazioni della società civile, attivisti e giornalisti della regione, invece, si preoccupano dell’ingente sperpero di fondi pubblici a fronte di uno scarso incremento nella qualità dei servizi, delle fumose condizioni d’attribuzione degli appalti e, soprattutto, della mancata protezione e dell’effettivo utilizzo ?dei dati personali raccolti attraverso ?tale operazione di schedatura.

Redazione di registri di stato civile ?e censimento della popolazione sono iniziative titaniche che richiedono tempo e mezzi finanziari, ancor più per paesi con croniche carenze infrastrutturali. I dirigenti africani, però, hanno necessità di capitalizzare i “successi della modernizzazione” in un orizzonte temporale limitato dai propri mandati. Una corsa contro il tempo che giustifica il ricorso a giganti stranieri del biometrico - il mercato regionale è quasi esclusivamente controllato da aziende francesi (Morpho-Safran e la franco-olandese Gemalto), ma sono presenti anche gruppi tedeschi e asiatici - e a programmi ad hoc finanziati dall’Ue ? e dall’Organizzazione internazionale ?per le migrazioni (Oim).

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In Africa abbiamo costruito un muro. Ma è invisibile e digitale
19/3/2019
Attraverso il Fondo Fiduciario di emergenza per l’Africa, Bruxelles appoggia per esempio il processo di riforma dello stato civile, alla base della biometrizzazione, in Mali e Senegal rispettivamente per un valore di 25 e 28 milioni di euro. Questi progetti sono finalizzati a dotare gli Stati di un sistema anagrafico informatizzato legato a una banca dati biometrica che potrà essere consultata anche da altri enti.

MALI
Alla sede di Bamako di Kouloubametre, sito internet di valutazione e monitoraggio delle azioni dei governanti, Djabel Magassa, portavoce dell’iniziativa cittadina nata nel 2016, s’interroga: «I nostri dirigenti, che partecipano direttamente a questi programmi, hanno ricevuto garanzie da parte dell’Ue che i dati raccolti non saranno utilizzati per altri fini? Per esempio da Frontex, la polizia di frontiera europea, per identificare i migranti in via della loro espulsione?».

Poter accedere direttamente a una banca dati centralizzata dei cittadini subsahariani renderebbe, secondo il giurista ed esperto di diritto internazionale Magassa, più semplice l’identificazione e il rinvio in patria dei migranti irregolari da parte dei paesi dell’Ue. «Il rischio è grande. Sia sul piano dell’indipendenza e della sovranità nazionale - uno stato serio non trasmette dati sensibili - che su quello giuridico: sono informazioni a carattere personale che non possono essere cedute così, senza decisione della giustizia o una specifica legislazione».
Per bocca di Baba Maiga, Segretario generale del ministero dell’Amministrazione territoriale e della decentralizzazione, il governo respinge categoricamente le accuse: «In Mali, a differenza di molti altri paesi africani, abbiamo un’autorità indipendente che ha il preciso compito di mettere in sicurezza i dati personali. L’intero processo di biometrizzazione, iniziato nel 2013, è stato monitorato da questo ufficio al fine di proteggere le informazioni dei cittadini. Il registro per la produzione di ciascuna carta elettorale è stato consegnato alla Stamperia nazionale francese (per un costo complessivo di 4,5 milioni di euro, ndr) e verrà recuperato. Ogni altro uso è pirataggio».

SENEGAL
A dar voce alle preoccupazioni della società civile è, a Dakar, il giornalista Momar Niang. «L’Ue ha il problema di identificare i migranti economici, come i senegalesi, che non sono riconosciuti dalla Convenzione di Ginevra, per poi ricondurli alle frontiere. La biometria può permettere ai paesi europei di accedere ai dati personali di un’intera nazione, con impronte e fotografie digitali di tutti noi».Il Senegal è la prima nazione ad aver iniziato, nel 2007, il processo di biometrizzazione previsto da un accordo della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale rivolto a facilitare la circolazione delle persone nella regione. Per confezionare le carte biometriche lo Stato senegalese si è affidato al colosso malese Iris Corporation Berhard con cui ha stipulato, nel 2016, un contratto da 50 miliardi di Cfa, circa 76 milioni di euro.

«È una cifra esorbitante! I soldi pubblici sono sacri e dobbiamo preservarli». Niang, firma di punta del sito d’informazione regionale Ouestaf.com, denuncia la «mancanza di trasparenza» nell’attribuzione dell’appalto a una società in passato protagonista di diversi scandali, in Senegal e altrove. L’opinione pubblica deve essere maggiormente informata sulla biometria. E noi giornalisti abbiamo il dovere d’indagare, visto che le autorità non rispondono alle nostre domande», conclude Momar Niang. «È positivo che anche il nostro paese stia finalmente entrando nel processo di democrazia digitale ma, allo stato attuale delle cose, ci sono più inconvenienti e rischi che vantaggi». Cheick Fall è un cyber attivista esperto in sicurezza digitale basato a Dakar. «Restiamo con la stessa identità, lo stesso numero d’identificazione, lo stesso formato di carta, ma dietro a tutto questo stiamo alimentando una serie d’informazioni che ormai sfuggono completamente al nostro controllo». Fra i fondatori della piattaforma panafricana Africtivistes, Fall accusa il proprio paese: «Parlando d’indipendenza digitale il Senegal ha sbagliato affidando il trattamento di questi dati a un’impresa straniera». Secondo Fall nel paese ci sarebbero tutte le competenze tecniche e umane per confezionare localmente le carte biometriche «a un decimo ?del prezzo».

Anche per Check Fall la criticità maggiore resta però l’utilizzo delle informazioni personali. «Questa impresa come tratterà i nostri dati? Chi gestisce, collabora o ha interessi in questa azienda? Che tipo di contratti legano lo Stato a questa società in tema di trattamento e conservazione delle nostre informazioni sensibili?». Questioni aperte che celano un interrogativo più profondo, su cui si gioca anche il futuro dei rapporti fra Europa ed Africa: «Oggi si parla tanto di muri e di barriere fisiche, ma cosa sono diventate le frontiere in un mondo dove tutto è smaterializzato e ogni nostra azione è tracciata online?».

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