Torture, tubercolosi, niente acqua: le immagini shock delle prigioni per migranti in Libia

Sull'Espresso in edicola da domenica 7 luglio, e in anteprima sul sito, le foto e i video che arrivano dai centri di detenzione per migranti nel paese Nordafricano

Il bombardamento che ha causato la morte di almeno 40 persone in uno dei centri di detenzione per migranti a Tripoli ha riacceso i riflettori sulla vergogna di queste prigioni nel paese nordafricano. L'Espresso in edicola da domenica 7 luglio, e in anteprima sul sito e su Espresso+, nel servizio a firma di Francesca Mannocchi pubblica le foto e i video che arrivano dagli altri centri per migranti della Libia, in cui si consumano abusi e torture su base quotidiana.
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Secondo le organizzazioni umanitarie che con fatica provano a lavorare in Libia, avendo un accesso limitato ai centri di detenzione, la situazione medica nelle prigioni è catastrofica. In particolare a Zintan e Gharyan, situati a sud di Tripoli e dunque limitrofi al teatro di guerra, almeno 22 persone sono morte per sospetta tubercolosi negli ultimi mesi.

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Nel carcere di Zintan, durante l’ultima visita dello staff di MSF c’erano 900 persone, 700 chiuse in un hangar senza una doccia, con accesso sporadico all’acqua. Non potabile. All’inizio di quest’anno, circa 50 dei detenuti di Zintan sono stati trasferiti al centro di detenzione di Gharyan, situato a 100 chilometri a nord-est e in prima linea all’attuale conflitto tra il Governo libico di Accordo nazionale (GNA) e l’Esercito nazionale libico (LNA). Una prigione complicata da raggiungere per le truppe, figuriamoci per gli aiuti umanitari.
Foto dal centro migranti di Zintan a 170 km da Tripoli

In tutto sono almeno seimila le persone bloccate nelle prigioni libiche nella zona della capitale, persone per cui è necessaria «una immediata evacuazione», come sostiene Julien Raickman, capomissione di MSF in Libia. Molti di loro sono registrati con l’Unhcr da mesi, qualcuno da anni, bloccati senza assistenza, senza poter tornare indietro. Senza poter lasciare il paese.
Foto dal centro migranti di Zintan a 170 km da Tripoli

Spostarli da un centro all’altro, ritenuto meno esposto ai bombardamenti, evidentemente non basta. In Libia si combatte. «Il trasferimento di persone da un centro di detenzione a un altro non protegge le persone dai pericoli », dice ancora Raickman. «Ciò di cui i rifugiati hanno bisogno urgente è una via d’uscita dal Paese». Un’evacuazione umanitaria, immediata.

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