Da più di vent’anni l'islam radicale è penetrato nelle aule francesi. E poco o nulla è stato fatto per arginare un fenomeno che oggi ha portato al brutale omicidio del professore Paty

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«Gli islamisti non dormiranno sonni tranquilli in Francia (…). La paura non sarà più nello stesso campo». Queste parole pronunciate dal Presidente francese Emmanuel Macron durante il Consiglio di difesa seguito all’atroce decapitazione del professore francese Samuel Paty da parte di un giovane fanatico islamista suonano come insolite per un capo di stato democratico. Sono dure e annunciano (perlomeno annunciano) una battaglia dentro gli stessi confini dello Stato francese, contro un pericolo che ne mina le fondamenta.

Sono vent’anni che con rapporti e inchieste viene lanciato l’allarme sulla penetrazione dell’islamismo nelle scuole delle periferie francesi e la conseguente paura con la quale gli insegnanti devono convivere, minacciati nella loro libertà di insegnamento (e nella loro incolumità). La scuola pubblica dai tempi della Terza Repubblica rappresenta il luogo per eccellenza della diffusione dei valori di liberté, egalité e fraternité e della laicità francese. Ma negli ultimi due decenni quasi nulla è stato fatto per proteggerla e per proteggerne la funzione. Il folle e barbaro assassinio forse ha ridestato la consapevolezza - nelle autorità e nell’opinione pubblica - che lasciarla al proprio destino significa abbandonare al proprio destino la Repubblica e i suoi principi di libertà e convivenza.

Insegnare liberamente significa poter mettere al vaglio della conoscenza e dei suoi strumenti ogni fenomeno umano e trasmettere per ciò il pensiero critico, essenziale in una società libera, aperta e plurale. Significa apportare punti di vista che potranno essere confrontati con altri punti di vista. Come fenomeno storico, culturale, anche politico, la religione non può essere espunta dall’interpretazione dei fatti del mondo. Non ho mai provato alcun imbarazzo a trattare del diverso contributo dato dal protestantesimo all’alfabetizzazione dei ceti popolari rispetto al cattolicesimo, a proporre gli studi del politologo norvegese Stein Rokkan che tanta attenzione dedicano al conflitto tra Chiesa cattolica e i costruttori dello Stato e della nazione o a illustrare le analisi di Samuel Huntington sul ruolo delle religioni nei processi di democratizzazione, parlando ad esempio dei compromessi della Chiesa con l’autoritarismo e il totalitarismo. Nessuno studente ha mai mostrato di sentirsi offeso. Perché abbiamo appreso a distinguere tra la fede e i comportamenti pubblici, tra la fede e la conoscenza, tra la fede e la scienza. Queste distinzioni fanno parte di quel bagaglio culturale che i cittadini di una società liberale devono necessariamente possedere, perché i sistemi politici liberali non sopravvivono accettando al loro interno qualunque valore o comportamento. In essi possono convivere una pluralità di convinzioni, credenze e religioni, ma solo se queste accettano la differenza, il pluralismo, la tolleranza. Non vi è spazio per credenze che hanno pretese totalizzanti.

Mondo
La Francia e l'eterna domanda sull'Islam: è compatibile con una Repubblica laica?
26/10/2020
L’integrazione di chi giunge in Europa da culture profondamente diverse, delle seconde e terze generazioni dell’immigrazione, passa necessariamente dall’insegnamento di questi valori. E la scuola non può che essere al centro di questa impresa. Per questo i suoi insegnanti vanno tutelati, difesi, sostenuti nell’esercizio del loro libero insegnamento, e per questo non si può cedere, le autorità pubbliche e intellettuali non possono cedere, per quieto vivere o in nome di un ipocrita multiculturalismo, alle prevaricazioni e pressioni di chi vorrebbe stravolgere la nostra convivenza civile. Questo in parte è accaduto in Francia, dove oggi può succedere che bambini delle scuole materne rifiutino di sedere accanto alle loro compagne: il fallimento dell’integrazione delle nuove generazioni. Forse i francesi si stanno destando. Noi faremmo bene ad osservare ciò che accade da loro e riflettere su quello che potrebbe accadere da noi e sui segnali che già esistono.