Le cittadine più piccoli e gli stati interni hanno difficoltà sempre più grandi a garantire un’istruzione adeguata. Un problema che riguarda milioni di ragazzi e che sembra senza soluzione. E così il divario con le capitali si allarga

«Viviamo in una città dove abitano poche persone e quasi nessuno è ricco. Vi sembra una ragione sufficiente perché mio figlio non abbia diritto a un’educazione decente?». È tutto in questa domanda retorica di Kathleen Leandro, madre di due figli, che nel 1994, quando fece causa alla Carolina del Nord, erano adolescenti alle prese con la scuola, il ritratto dell’America Rurale che, mentre si spopola, si taglia i ponti alle spalle e dimentica completamente chi resta indietro.


Alla base della causa intentata da Leandro, c’era il fatto che, a suo dire, la Carolina del Nord non garantiva un’istruzione accettabile ai suoi due figli, e in generale, ai residenti delle comunità rurali dello Stato. All’epoca Leandro riuscì a coinvolgere nella causa una dozzina di altre famiglie di contee che, come la sua, non riuscivano a far funzionare le loro scuole, nonostante, e qui c’è uno dei paradossi più strani di tutta questa faccenda, la tassazione locale fosse una delle più alte.

 

Nel 1997, la Corte Suprema dello Stato della Carolina del Nord ha dato ragione ai querelanti, riconoscendo che «la Costituzione della Carolina del Nord garantisce che ogni bambino di questo Stato abbia l’opportunità di ricevere una solida istruzione di base nelle nostre scuole pubbliche» e che, al contrario, lo Stato non stava agendo in tal senso. Sembrava fatta, ma non lo era, perché il North Carolina, che pure è all’undicesimo posto nella classifica degli stati con il Pil più alto, non ha mai recepito i memorandum per migliorare la condizione delle scuole delle comunità rurali. Anzi.

 

Per dirla tutta, il caso è ancora aperto, perché nel 2019, un report stilato dall’istituto di ricerca WestEd ha riscontrato che «molti bambini non ricevono un’istruzione solida e di base». Da allora la corte locale del North Carolina ha intimato già due volte allo Stato di attuare un piano in sette punti per sanare le lacune delle scuole rurali.
Il problema dell’inadeguatezza delle scuole delle comunità rurali in America non riguarda solo il North Carolina, ma decine di Stati, ed è faccenda antica (risale grosso modo alla seconda metà del secolo scorso) ma, dopo la crisi del 2008, è verticalmente peggiorato, perché ad aggravarlo hanno concorso più fattori, causa ed effetto l’uno dell’altro: da un lato, le città si sono fatte più attrattive, perché tra i grattacieli si trovavano i lavori e le opportunità migliori; dall’altro le campagne, complice il clima, si sono fatte sempre meno abitabili e abitate, perché il progressivo diminuire di abitanti ha portato con sé la diminuzione di servizi e lavoro e, di converso, un aumento delle imposte, perché il costo dei servizi, anche minimi, viene diviso per un numero sempre inferiore di persone. Così chi può, appena può se ne va. E si ricomincia il giro.


A fare le spese di questo progressivo impoverimento delle campagne sono, inevitabilmente, i bambini e i giovani studenti, figli di quelli che non vogliono o, più di frequente, non possono andarsene.

I numeri non sono da poco, perché ad oggi, circa il 97 per cento della superficie degli Usa è costituita da aree rurali e ospita circa la metà dei distretti scolastici, un terzo delle scuole e un quinto degli studenti negli Stati Uniti. Questo fa sì, tradotto in numeri assoluti, che 9,3 milioni di bambini, frequentino una scuola rurale, il che significa scuole spesso con edifici vecchi e persino fatiscenti, senza accesso a Internet e che non hanno potuto, se non grazie a singoli insegnanti che si collegavano da casa, fare fronte ai mesi di Dad, ma anche senza libri di testo, perché le loro biblioteche hanno volumi così obsoleti da non coprire tutto il programma richiesto dai test nazionali o di ammissione alle università e, soprattutto, scuole nelle quali mancano gli insegnanti.

Questa, è forse la piaga peggiore di tutte, perché a sua volta, ne genera altre. La ragione è questa: negli Stati Uniti ogni distretto scolastico, in base alle sue possibilità, decide la paga dei suoi docenti. Questo fa sì che mentre, in alcune scuole di Stati come Delaware, Massachusetts, California o New York, le paghe degli insegnanti possono sfiorare i 100 mila dollari l’anno, in altri, come il Montana, l’Alabama o il North Carolina, difficilmente arrivino a 45 mila l’anno. Per questa ragione nessun insegnante che abbia la possibilità di scegliere, vuole insegnare in scuole di distretti poveri. Gli unici disposti a farlo sono quelli che non sono riusciti a farsi assumere in altre, più remunerative, scuole. Una specie di selezione naturale al contrario che fa sì che gli insegnanti o non ci siano (il Colorado ha indicato la sua carenza di insegnanti in circa 3.000), o, quando ci sono, siano poco qualificati o smaniosi di andarsene, lasciando le classi nelle mani di supplenti o di colleghi meno preparati.


Un modo escogitato per risolvere la questione della mancanza di insegnanti è stato il Grow your own program avviato da alcuni Stati, come l’Alabama, il Colorado, il Minnesota o il Missouri. In pratica si tratta di un piano per l’impiego che prevede che gli studenti delle comunità rurali che si laureano e che scelgono di diventare insegnanti nelle loro città di provenienza ricevano una borsa di studio e, poi, una volta tornati a casa, abbiano un posto di lavoro assicurato. L’idea, in teoria, ha senso. Ma in pratica non funziona, perché come fa notare il New York Times «per far crescere i propri insegnanti, un distretto deve produrre abbastanza laureati per riempire il suo posti vacanti. E gli studenti rurali non arrivano quasi mai all’università». Inoltre, i pochi che lo fanno, raramente hanno voglia di tornare nella minuscola città da cui sono appena riusciti, spesso con fatica, a scappare.

Così, oggi, l’America appare un posto diviso in quelle che il Washington Post, con una metafora sportiva, ha chiamato due squadre: in una giocano le coste e le grandi città, nell’altra le campagne, spopolate, povere, dimenticate, i cui giocatori migliori appena possono, passano alla squadra delle città condannando sempre più inesorabilmente la squadra delle campagne alla sconfitta.


Per risolvere il problema, occorrerebbe partire dalle fondamenta, ossia dalle scuole. Che però non possono sopravvivere ed essere finanziate se non si creano lavoro e reddito. Che non si possono creare in posti dove non ci sono scuole. E via così.