Il caso
L’Austria pubblica la mappa della comunità islamica del paese. Il dietrofront, dopo le proteste
Le critiche sono piovute anche dall’Unione europea: «i musulmani si sentono minacciati e stigmatizzati». Dopo poche ore sono apparsi, nei pressi di alcune moschee, cartelli e caricature contro la religione fatti probabilmente da estremisti di destra
Una mappa per riconoscere tutte le moschee e le associazioni musulmane. Una lista delle persone che ci sono dietro alle strutture e alle organizzazioni. Un identikit dei principali rappresentanti dell’Islam nel paese, delle loro storie, delle relazioni e dei collegamenti che hanno. Un resoconto di orari e luoghi di ritrovo delle comunità islamiche. Una sorta di schedatura religiosa, tutta pubblicata online. Non siamo nell’Europa a metà del Novecento ma è quanto fatto dal governo dell’Austria proprio in questi giorni. Ma nel giro di pochi giorni a Vienna si sono accorti del potenziale danno e l’hanno messa offline.
La motivazione dietro alla scelta iniziale sarebbe stata quella di combattere l’Islam politico, secondo il ministro dell’integrazione austriaca Susanne Raab, non di «porre i musulmani nel sospetto generale». La mappa è stata ricostruita dal Centro di documentazione per l’Islam politico e dall’Università di Vienna e ha preso nota di 623 organizzazioni, con l’obiettivo di monitorare possibili «sviluppi pericolosi», di tenere sotto controllo le possibili fonti di estremisti e di creare trasparenza dietro i luoghi di culto.
Ma la comunità musulmana in Austria si è ribellata, accusando il governo di alimentare il razzismo e di far correre rischi a tutte le persone che quotidianamente frequentano quei luoghi. La pubblicazione potrebbe diventare «un potenziale pericolo per la società e l’ordine legale democratico nel paese» ha avvertito l’Islamische Glaubensgemeinschaft in Österreich (IGGiÖ), ovvero l’autorità islamica religiosa del paese. Per il Muslim Youth Austria (MJO) è un «superamento dei confini senza precedenti». L’associazione dei giovani ha promesso una battaglia legale per mettere offline la mappa, anche perché «nell’elenco si trova di tutto, dagli asili nido alle associazioni culturali. Questa connessione è diffamatoria e criminalizza tutti gli enti della lista». Un messaggio arrivato alle autorità austriache visto che da giovedì 3 giugno la mappa non è più rintracciabile su internet.
Le associazioni e le persone della comunità islamica, però, temono di essere comunque attaccati, anche fisicamente. Sono bastate poche ore dal lancio ufficiale per veder comparire sui muri vicino ad alcune moschee a Vienna dei cartelli con una caricatura di un imam e la scritta “Attenzione! L’Islam politico è vicino”. I responsabili sono ancora ignoti, ma le immagini hanno fatto rapidamente il giro dei social, specialmente nei canali dell’estrema destra.
D’altronde la tensione è alta, soprattutto dopo l’attentato a Vienna compiuto lo scorso 2 novembre da un estremista islamico e simpatizzante dell’Isis. Quel giorno morirono quattro civili (oltre all’attentatore) e vennero ferite più di 20 persone, dopo che l’uomo ha cominciato a sparare per le vie del centro città. Le azioni del terrorista, poi rivendicate dallo Stato Islamico, hanno accresciuto il sentimento anti-islamico già presente in Austria come testimoniato dagli attacchi e dalle segnalazioni di episodi violenti ai danni di cittadini musulmani.
In realtà la decisione del governo di Sebastian Kurz si inserisce in un ambito di contrasto all’islamismo già in atto da anni, ma è un’azione che non convince gli analisti, come Lorenzo Zacchi, Research Fellow e coordinatore dell’area Mena (Middle East Northern Africa) del Centro Studi Geopolitica.info: «Sembra essere stata un’idea simbolica poco strutturata, un segnale più che altro. Un tassello in una strategia comunicativa. Molto più importante e utile è quanto fatto in Austria dopo gli attentati: la rimozione del capo dell’intelligence, la chiusura di alcune moschee, le ulteriori restrizioni per i finanziamenti esteri ai centri islamici». Gettare in pasto all’opinione pubblica nomi e luoghi «sembrerebbe quasi una richiesta di aiuto alla società civile, per soffiate o segnalazioni». Ma le reazioni, come scritto, sono state veementi, e non solo all’interno del paese.
Anche il Consiglio d’Europa, infatti, pur sottolineando la necessità di combattere contro le ideologie pericolose, ha criticato duramente la mappatura dell’Islam austriaco: «La Mappa dell’Islam dell’Austria ha un effetto potenzialmente controproducente. Molti musulmani si sentono stigmatizzati e minacciati dalla pubblicazione di indirizzi e altri dettagli. Nella sua forma attuale dovrebbe essere ritirata». Detto fatto.
Ad alzare la voce per attaccare la mossa di Raab è stata anche la Turchia, che negli ultimi tempi si è guadagnata il ruolo di protettrice dell’Islam. Tramite le parole di Tanju Bilgic, portavoce del Ministero degli Affari Esteri turco, la presa di posizione è stata forte: «Queste politiche xenofobe, razziste e anti-islamiche avvelenano la coesione e la partecipazione sociale. È importante che l’Austria adotti una politica responsabile e smetta di prendere di mira gli immigrati e i musulmani, etichettandoli». Una linea che non sorprende più di tanto, visti i contrasti molto forti e già esistenti tra Vienna e Ankara, come sottolinea Zacchi: «Kurz è stato, tra i leader europei, forse quello che si è più speso nella difesa di Israele in queste ultime settimane durante l’ultima escalation con Hamas ed è entrato in conflitto con Erdogan». Altro fattore da tenere in considerazione «è che la maggioranza della comunità musulmana in Austria sia di origine turca».
L’altro paese europeo ad aver dichiarato battaglia all’islam politico è la Francia. Il presidente Emmanuel Macron già da qualche mese ha messo in moto una macchina volta ad allineare le associazioni musulmane presenti nel paese ai valori francesi e repubblicani. Un modo per cercare di eliminare quel radicalismo islamico, già portatore di morte nel paese transalpino, che si annida soprattutto nelle banlieu e nelle periferie delle città sfruttando disagio ed emergenze sociali. Mentre chi invece ha cercato di utilizzare il contesto a suo favore è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, sempre più eretto a leader del mondo musulmano, che non ha perso l’occasione di scagliarsi contro la Francia e l’Austria.
In una lotta sacrosanta contro l’estremismo islamico, il ritiro della mappa austriaca sembra essere la dimostrazione di un’azione avventata. La speranza è che non sia avvenuto troppo tardi.