L’anniversario della strage
I superstiti italiani di Nizza: «Vivi per miracolo, lo Stato ci ha dimenticati»
L’anniversario della strage
I superstiti italiani di Nizza: «Vivi per miracolo, lo Stato ci ha dimenticati»
Cinque anni fa l’attentato sulla Promenade des Anglais che causò la morte di 86 persone. I sopravvissuti al tir scagliato sulla folla: “Non riusciamo a dimenticare l’orrore. Trattati come vittime di serie B”
“Ricordo l’odore del ferro e il rumore dell’impatto del camion sulle persone. Ci siamo ritrovate nel mezzo della sparatoria della polizia, tutti correvano, c’erano corpi a terra, per scappare ci siamo dovute passare sopra”: la notte del 14 luglio di cinque anni fa a Nizza ha “segnato irrimediabilmente” Loredana Bonaventura e sua figlia Fabiana.
Sono tra i superstiti dell’attentato terroristico commesso dal franco tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel, 31 anni, che ha scagliato il tir bianco di cui era alla guida sulla Promenade des Anglais, affollata per i fuochi d'artificio della festa nazionale francese.
Dietro i numeri, 86 persone uccise, di cui sei italiani – Mario Casati, Carla Gaveglio, Maria Grazia Ascoli, Gianna Muset, Angelo D'Agostino e il giovane italo americano Nicolas Leslie – e 458 feriti, ci sono storie. Al dolore, si uniscono rabbia e delusione per il trattamento riservato dallo Stato italiano.
Loredana Bonaventura, 56 anni, di San Maurizio Canavese, vicino Torino, era a Nizza per cure oncologiche: “Riprendevo con il cellulare un gruppo musicale, mi sono girata verso la folla e ho visto il camion, ho tirato via mia figlia, il camion l’ha sfiorata”. Ci sono ferite visibili e altre che restano sottopelle, non meno profonde. A Loredana Bonavenura e sua figlia Fabiana è stato diagnosticato un disturbo post traumatico da stress grave, entrambe sono in cura: “Io prendo anche degli psicofarmaci, solo per mia figlia spendiamo almeno 400 euro di neuropsichiatra al mese, non sono sufficienti i 600 euro che riceviamo”.
Bonaventura si fa portavoce di problematiche condivise da superstiti e familiari di vittime anche di altri attentati: “Siamo arrabbiati perché siamo discriminati. È giusto che vengano concessi, a noi e a tutte le vittime italiane di atti di terrorismo compiuti al di fuori del territorio nazionale e ai superstiti, i benefici economici già dati con un provvedimento specifico, anche in assenza di una sentenza di terrorismo passata in giudicato, alle nove vittime italiane dell’attacco terroristico avvenuto a Dacca in Bangladesh nel luglio del 2016”.
Un intervento normativo è necessario per garantire un equo trattamento alle vittime: “Su nostro impulso una proposta di legge era stata presentata nell’agosto del 2019 ma non ha avuto seguito. Il 29 ottobre del 2020 abbiamo rinnovato queste richieste alla deputata Marta Grande e al presidente della Camera Roberto Fico, stiamo ancora aspettando”.
Loredana Bonaventura pone anche l’accento sui problemi degli indennizzi e della differenza di trattamento: “Gli indennizzi dovrebbero essere erogati dalla data dell’attentato e non da quando viene presentata la domanda, io l’ho fatta 18 mesi dopo perché non lo sapevo, in Italia nessuno ci ha contattato. Chi è riconosciuto, inoltre, come vittima dopo il 2004 non beneficia dello stesso riconoscimento sia sotto l’aspetto medico che economico”.
Fabiana, 15 anni, si siede accanto alla madre, si copre gli occhi e sussurra: “Mi è rimasta tanta paura”. Va subito via. “Non ne parla”, dice sua madre mostrando un testo scritto a scuola in cui scrive che “è impossibile dimenticare e forse deve essere così nel rispetto di chi è stato sacrificato rimanendo su quell’asfalto”.
Quella notte nel video girato da Bonaventura si vedono gli ultimi istanti di Angelo D'Agostino e Gianna Muset, una coppia di Voghera, in provincia di Pavia, di 71 e 68 anni. Erano a Nizza con gli amici Maria Grazia Ascoli e Mario Casati per festeggiare il pensionamento di Angelo D’Agostino. “Sono le ultime immagini dei miei suoceri vivi”, racconta Roberta Capelli. “Siamo andati avanti per i nostri bambini, dovevamo pensare a loro”, dice il figlio della coppia di Voghera, Eliano D’Agostino.
Il 20 luglio del 2016 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha accolto all'Aeroporto di Milano Malpensa i feretri. “Dopo siamo stati dimenticati”, continua Eliano D’Agostino, “non siamo considerati il 9 maggio nella giornata dedicata alle vittime del terrorismo”. “Le commemorazioni sono solo un’iniziativa dei familiari, siamo risentiti, non siamo anche noi vittime come quelle degli anni di piombo?”, si chiede sua moglie Roberta Capelli.
“A Nizza ci invitano per commemorarci come vittime di un attentato terroristico che, nonostante sia un fatto conclamato, sarà riconosciuto come tale in Italia solo quando ci sarà in Francia una sentenza passata in giudicato, che chissà quando arriverà. Non ha senso”, dice Gaetano Moscato, 76 anni, a cui il tir quella notte ha tranciato una gamba. Il processo per l’attentato di Nizza, subito rivendicato dal cosiddetto “Stato Islamico”, si svolgerà davanti alla Corte d'assise speciale di Parigi dal 5 settembre al 15 novembre del 2022, al vaglio le responsabilità di altre otto persone, amici del franco tunisino, che è rimasto ucciso la sera del 14 luglio del 2016 dagli agenti di polizia, o intermediari coinvolti nel traffico di armi in suo possesso.
Gaetano Moscato, che vive a Chiaverano, vicino Torino, quella notte a Nizza è riuscito a salvare la vita a sua figlia Silvia e a suo nipote Filippo, 12 anni, perdendo la gamba sinistra. “Stavamo per attraversare la Promenade des Anglais quando ci siamo ritrovati il camion addosso, ho spinto mio nipote e mia figlia e il tir mi è passato sulla gamba sinistra con la ruota anteriore”.
Carla Gaveglio, che era con loro, è morta quasi sul colpo. “Mi sono seduto per terra e abbiamo fermato l’emorragia con la cintura di un ragazzo, accanto a me c’era la mia gamba a pezzi e il mio piede, ho raccolto tutti i pezzi nella speranza che un chirurgo potesse rimetterli insieme”, continua, commuovendosi. In ambulanza il medico gli ha detto subito che non c’era nulla fare, la gamba è stata amputata. Oltre all’operazione, alle protesi e alla riabilitazione, molte a sue spese, Gaetano Moscato è anche in cura per una sindrome post-traumatica da stress. E ha paura delle conseguenze per i suoi nipoti e gli adolescenti coinvolti, 12 bambini quella notte hanno perso la vita. “Filippo ha visto cose inenarrabili, mi ha visto perdere sangue come un maiale scannato. Mia nipote Aliyah, che aveva 18 anni, ha seri problemi ed è in cura da uno psicologo. Matilde, la figlia di Carla Gaveglio, aveva 14 anni e ha visto la madre morirle davanti.”